Il Catalogo dei viventi 2007, 6 luglio 2011
MARCHIONNE
Sergio Chieti 17 giugno 1952. Manager. Amministratore delegato Fiat (dalla fine di
maggio del 2004) • «Di nazionalità italo-canadese, è dottore commercialista (Institute of Chartered Accountants in Canada) dall’85 e procuratore legale e avvocato (nella regione dell’Ontario) dall’87. Ed è sempre in Canada che ha inizio la sua carriera professionale. Nel biennio 83-85
ha infatti esercitato la professione di dottore commercialista, esperto nell’area fiscale, per la Deloitte & Touche; nei tre anni successivi è stato controller di gruppo e poi director dello sviluppo aziendale presso il
Lawson Mardon Group di Toronto per diventare subito dopo vicepresidente
esecutivo della Glenex Industries e tra il 90 e il 92 vicepresidente per la
finanza e chief financial officier alla Auckland Limited. A seguire ha
ricoperto a Toronto la carica di vicepresidente per lo sviluppo legale e
aziendale, di chief financial officer e di segretario al Lawson Group,
acquisito da Alusuisse Lonza nel 94, il gruppo di Zurigo dove nel 90 è approdato alla carica di amministratore delegato per poi diventare ad e infine
presidente di Lonza Group Ltd» (la Repubblica)
• «A Torino abita nello stesso appartamento in centro occupato in passato da Paolo
Fresco e Giuseppe Morchio. Poche apparizioni pubbliche, nessun braccio destro,
comportamento informale con i collaboratori. Il sabato sera la fuga verso casa,
a Cham, sul lago svizzero di Zug, buen retiro ambìto soprattutto per le sue agevolazioni fiscali, dove raggiunge la moglie
canadese e i due figli e dove coltiva le poche passioni private dichiarate:
musica classica e letteratura russa. è proprio in Svizzera che bisogna andare per capire qualcosa più dell’uomo a cui tutti, governo e sindacati, riconoscono sia ormai affidato il futuro
dell’auto in Italia. Marchionne vi arriva nel 94 dal Canada, dove era emigrato da
bambino e dove fa gli studi da commercialista e da avvocato. Lavorando in quel
gruppo Lawson che per un breve periodo entra nell’orbita di Sergio Cragnotti, per passare poi all’Alusuisse. Marchionne si trasferisce così a Zurigo, dove scala l’organigramma del gigante dell’alluminio in crisi. Partecipa al suo risanamento e si guadagna, per le
dismissioni effettuate e i tagli occupazionali, il soprannome di “becchino dell’industria svizzera”, affibbiatogli dal quotidiano Tagesanzeiger. Gli azionisti, però, ringraziano e nel 2000 Marchionne assume la guida del Lonza Group, divisione
ormai autonoma di Alusuisse nella chimica e nella biofarmaceutica. Nel 2002
passa alla guida della ginevrina Sgs, colosso (36 mila dipendenti) dei sistemi
di certificazione che vede fra gli azionisti di controllo la famiglia Agnelli.
In Svizzera, dunque, Marchionne si costruisce una rete di relazioni che
contano. Entra nel consiglio di amministrazione della Serono, il gruppo
farmaceutico guidato da un altro emigrante italiano, questa volta di lusso,
Ernesto Bertarelli. In Sgs c’è invece Dominique Auburtin, dal 99 presidente della Worms, ricca provincia
parigina degli Agnelli, dai quali nel 2004, all’uscita di Giuseppe Morchio, arriva la chiamata in Fiat. Gianluigi Gabetti,
custode degli interessi della famiglia in Ifi e Ifil, deve averne apprezzato il
lavoro in Sgs. Il bilancio 2004 della società, l’ultimo a cui Marchionne ha dato un contributo come guida operativa, lo ringrazia
per la “forte leadership e l’infaticabile energia” con cui ha iniziato “un processo di fondamentale e duratura trasformazione”» (Luca Piana)
• Sul put di General Motors, cioè l’impegno che aveva la casa americana a comprarsi la Fiat entro il 2004 oppure a
versare un mucchio di soldi. Alla vigilia si pensava che gli americani,
schierando uno stuolo di avvocati, sarebbero riusciti a non prendere la Fiat e
a non tirar fuori un dollaro. Marchionne riuscì invece a lasciarli fuori facendosi versare due milioni di dollari «“Vedi - mi spiegò il banchiere prima che la storia si concludesse - noi banchieri d’affari siamo tutti bravi in inglese, lo abbiamo imparato nelle migliori scuole,
abbiamo fatto gli stages all’estero, ma lui dentro quella lingua e quella cultura ci è nato. E questo fa la differenza. Lui sa come si fa a mandarli a quel paese
nella loro lingua. Lui sa come spaventarli. Inoltre, è bravo e vedrai che torna dall’America con i soldi in tasca”. In effetti le cose sono andate proprio così. Marchionne ha messo la General Motors fuori dalla Fiat e gli americani hanno
pagato per potersene andare. Per il resto il suo miracolo a Torino è stato fatto con una ricetta abbastanza semplice: rimettere tutta l’azienda a fare auto e ridurre il massiccio indebitamento con ogni mezzo.
Insomma, niente sciocchi sogni di allargamento della Fiat a destra e a
sinistra, ma la barra dritta al centro: là dove si costruiscono automobili per la gente, da vendere alla gente. Tutto
quello che non aveva a che fare con l’auto è stato messo fuori, ceduto, venduto. E dentro il settore auto si è ripreso a lavorare con una motivazione forte, con la decisione di lanciare sul
mercato molti nuovi modelli e tutti con un robusto sostegno di marketing» (Giuseppe Turani)
• «Ha incassato nel 2005 una busta paga da 8,3 milioni di euro. Il vero asso nella
manica di Marchionne è però in prospettiva il pacchetto di stock option che gli è stato assegnato da Fiat. Dal 2008 infatti potrà acquistare a tranche oltre 10 milioni di azioni del gruppo a 6,58 euro» (la Repubblica).