Il Catalogo dei viventi 2007, 6 luglio 2011
MAESTRI
Cesare Trento 2 ottobre 1929. Alpinista. Detto “Il ragno delle Dolomiti”. Tra le sue imprese, la conquista nel 59 del Cerro Torre (Patagonia, 3128
metri), che secondo qualcuno sarebbe una menzogna • «La “sua” montagna, quella dove ha perduto un compagno, dove un altro di quelli attaccati
alla sua corda s’è visto strappare le dita dei piedi dal freddo, dov’è tornato, alla faccia di tutti, per rifare la via con un compressore e,
politicamente scorretto fino in fondo, si è fermato a pochi metri dalla vetta. Quella che Lionel Terray, grandissimo
alpinista francese degli anni Quaranta e Cinquanta, incoronò come “la più grande impresa alpinistica di tutti i tempi”, rischia di essere definitivamente bollata come impostura. Sulla Gazzetta dello
Sport, Salvaterra ha raccontato ad Antonella Cicogna che di Maestri non c’è traccia sul Torre. Un’accusa di falso è di quelle che minano dalle fondamenta il grande gioco dell’alpinismo. Non è nuova, è vero, ma a muoverla in questo caso non è un inglese con la puzza sotto il naso, com’è accaduto in passato. è un alpinista delle sue stesse valli (Maestri, trentino, vive a Madonna di
Campiglio, Salvaterra è di Pinzolo, dodici chilometri di curve più sotto), quasi un suo figlioccio, uno che alla Patagonia, e soprattutto al Cerro
Torre, ha legato il nome. Come prima aveva fatto appunto Maestri. E il vecchio
rocciatore si tormenta. Anzi si infuria, è fuori di sé. “Io sul Torre ho già detto tutto — urla quasi dalle montagne del Gruppo del Brenta — non ho più nulla da aggiungere. Mi sono rotto, dopo cinquant’anni... Se volete parlarne ancora, potete chiamare il mio avvocato”» (Leonardo Bizzaro)
• «Però Cesare era capace di scendere in libera e ovviamente in solitario (chi altro
avrebbe osato?), dopo aver addirittura gettato la corda precludendosi così ogni via di fuga, una delle vie più ardite dell’epoca (quella delle Guide al Crozzon di Brenta, 1956. E allora di freeclimbing
neppure si favoleggiava), o di concatenare, sempre in solitario, 16 cime del
Brenta in meno di 24 ore (54), a dimostrazione di una velocità in anticipo sui tempi. Così come era capace, per rispondere a chi metteva in dubbio la sua prima assoluta
del Cerro Torre nel 59, del comportamento più antitetico rispetto a quelle sue memorabili imprese: salire in diretta a furor
di chiodi artificiali, con tanto di compressore e carburante per farlo
funzionare sollevati su per la cresta Sud-Est. Un tremendo lavoro da operaio
della montagna. Era il 70, e ancora nessun altro aveva calcato la cima della
vetta patagonica. Ci sarebbe riuscito Casimiro Ferrari nel 1974. Il
Grido di pietra — geniale titolo di un film ambientato da Werner Herzog, su ispirazione di
Reinhold Messner, appunto al Cerro Torre, che da allora è così soprannominato — non può dunque in alcun modo sovrastare l’eco delle grandi pagine di storia dell’alpinismo scritte da Cesare Maestri, uno dei pochi che hanno saputo scalare il
futuro» (Sandro Filippini) • Figlio di attori. Attori anche il fratello Giancarlo (1933-1995) e la sorella
Anna (1924-1988).