Il Catalogo dei viventi 2007, 6 luglio 2011
LUPORINI
Sandro Viareggio (Lucca) 12 luglio 1930 • «Sulla porta di casa ha fatto scrivere “non contate su di me”. È stato meglio per tutti che invece Giorgio Gaber non l’abbia assecondato: dal loro incontro È nata una delle più lucide e innovative pagine dello spettacolo italiano del Novecento. I due
inventori vollero chiamarla “teatro-canzone” e con quella loro creatura hanno attraversato con smagliante lucidità e coraggiosa autonomia un trentennio di vita italiana, lasciando una eredità preziosa» (Paolo Russo)
• «Eravamo vicini di casa a Milano, in zona Fiera, e frequentavamo lo stesso bar
finché una sera ci hanno presentati. Era il 1959. Ed È con lui che ho scoperto un mondo dello spettacolo che fin lì nelle mie peregrinazioni fra basket (Luporini ha giocato in serie A prima nella
Stella Azzurra a Roma e poi nell’Oransoda Cantù, ndr) e arte non frequentavo. Andavo invece spesso al Piccolo dove Strehler
allestiva Brecht e persino Beckett, allora da noi una novità assoluta. Con Giorgio invece, che all’epoca era agli inizi, ho cominciato a girare per balere, dove lui cantava in
inglese il suo rock. E fin dal primo momento rimasi folgorato dalla fisicità prodigiosa del suo stare in scena, dalla sua natura contagiosa di irresistibile
animale da palco»
• «Seguivo Giorgio nei suoi spettacoli, in particolare al Derby di Milano, che era
il luogo dove nasceva una nuova generazione dello spettacolo italiano,
Jannacci, Fo, Ciotti, Cochi e Renato, Beppe Viola, i Gufi. Scrivevamo canzoni
che abbiamo di rado presentato in pubblico allora, ma che ci sono tornate buone
anni dopo, quando ci siamo inventati il teatro-canzone dopo che Gaber, all’apice della popolarità, lasciò la tv della quale era ormai un divo»
• «Più che a quattro mani ho sempre preferito dire che con Gaber si lavorava a due
teste. La base di tutto erano interminabili conversazioni, uno scavo nell’attualità, dalla politica ai comportamenti, nel quale nessuno cercava la ragione ma una
convergenza. Avevamo una nostra linea di pensiero politico, ma eravamo molto
attenti anche ai segnali che coglievamo in giro, nelle parole e negli
atteggiamenti delle persone qualsiasi, che elaboravamo per mesi prima di
passare alla scrittura. Dove invece i ruoli erano chiari: io ho sempre avuto
una forte propensione a scrivere, anche molto, Giorgio invece aveva una
portentosa capacità di individuare l’architettura del copione».