Il Catalogo dei viventi 2007, 6 luglio 2011
LIZZANI
Carlo Roma 3 aprile 1922. Regista. David di Donatello come regista per Banditi a Milano: un delitto inutile (68), David di Donatello come sceneggiatore per Celluloide (96) • «Nella sua lunga carriera iniziata come aiuto di Blasetti e De Sica, ha
consolidato la propria vocazione al cinema di ricostruzione, di denuncia, di
impegno sociale. Ha diretto i massimi attori italiana, da Gian Maria Volonté a Ugo Tognazzi, da Gina Lollobrigida a Giovanna Ralli, da Silvana Mangano a
Marcello Mastroianni, Alberto Sordi, Giulietta Masina. È a pieno titolo uno dei padri fondatori del nostro cinema» (Gloria Satta) • «Ha diretto la Mostra di Venezia fra il 79 e il 83, riuscendo a dilatare i tempi
cinematografici, proiettando al festival il Fassbinder di Berliner Alexanderplatz, 12 ore, e la versione integrale del viscontiano Ludwig, 5 ore. Ha lavorato anche per la tv. I suoi film, dai primi come Achtung, banditi!, proiettato in anteprima davanti a Togliatti in una sala della Lega delle
Cooperative, a Cronache di poveri amanti, al Processo di Verona con una straordinaria Silvana Mangano che interpreta Edda Ciano, intrecciano le
due anime del regista» (Barbara Palombelli) • Figlio di Mario, commercialista, giornalista e fotografo dilettante, di
famiglia repubblicana e “tiepidamente antifascista”: «Mio padre non immaginava che fra il 42 e il 44 da casa erano passati tutti i
capi del Partito comunista clandestino: perfino Luigi Longo, alla vigilia dell’8 settembre. Avevo spacciato Trombadori, Mario Alicata, Pietro Ingrao, più grandi di me, per assistenti universitari. Finché un giorno, mio padre incrociò Giorgio Amendola che, con il suo fisico imponente, quasi non entrava dalla
porta, “e questo chi È?”, domandò. Inventai che si trattava di un produttore cinematografico. Dopo l’8 settembre, piombarono a casa come furie Maurizio Ferrara, Vasco Pratolini,
Emilio Vedova, Giulio Turcato, a chiedere armi»
• «So che avrei potuto raggiungere vette più alte nel cinema se avessi seguito un solo sentiero. Ho fatto un cinema
popolare, mi sono cimentato con tutti i tipi di personaggi, mi sono divertito,
il cinema mi ha portato in Africa, in Cina, in America. Forse mi sono servito
del cinema per vivere con maggiore intensità, ma non ho mai messo la mia vita al servizio del cinema» (da un’intervista di Maria Pia Fusco) • Nella sua autobiografia, in uscita da Einaudi (Lungo viaggio attraverso il secolo breve), prende tra l’altro posizione relativamente alla pretesa egemonia culturale del Pci negli anni
Cinquanta, Sessanta, Settanta: «L’egemonia culturale della sinistra fu un regalo delle altre parrocchie che
sottovalutarono arte e cultura [...] Ricordo un episodio: quando la cooperativa
vicina al Pci che aveva prodotto il mio primo film Achtung banditi! e poi Cronache di poveri amanti andò in crisi mentre - siamo a metà degli anni Cinquanta - si diffuse la paura che tutti nel cinema italiano
fossero comunisti, da Monicelli a Antonioni, riuscimmo attraverso Pajetta ad
avere un colloquio con Togliatti per chiedergli un consiglio. Togliatti si
dichiarò contrario all’esistenza di una casa di produzione di partito e disse: meglio navigare in mare
aperto. Questa era la politica culturale. Non influenzare, ma semmai
raccogliere e sostenere. Personalità come Rossellini e poi De Sica, Zavattini, Germi, che non erano affatto vicine
al partito comunista, furono attratte nella sua orbita non perché il partito facesse nei loro confronti del proselitismo, ma perché fu il Pci il principale sostenitore nelle battaglie contro la censura e non
solo» (da un’intervista a Paolo D’Agostini).