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 2011  luglio 06 Mercoledì calendario

LETTA Gianni Avezzano (L’Aquila) 15 aprile 1935. Giornalista. Politico. Sottosegretario alla presidenza del Consiglio nel Berlusconi I, II, III

LETTA Gianni Avezzano (L’Aquila) 15 aprile 1935. Giornalista. Politico. Sottosegretario alla presidenza del Consiglio nel Berlusconi I, II, III. Nella conferenza stampa di fine anno del 2005, Berlusconi lo ha candidato al Quirinale (se lui fosse rimasto presidente del Consiglio) o alla presidenza del Consiglio (se lui fosse andato al Quirinale). Allo scoppio dello scandalo Moggi, Prodi lo ha proposto come commissario della Figc. Lui ha detto no. Ha anche rifiutato di candidarsi alle politiche. Mediatore instancabile. Ha propiziato lui l’incontro De Benedetti-Berlusconi della primavera 2005. Non dà più interviste da molto tempo (a parte qualche battuta, per cortesia, ai cronisti della Stampa che nel giugno del 2006 lo avevano raggiunto in villeggiatura) • «Durante l’università lavorava come operaio in uno zuccherificio di Avezzano, e diventò così direttore del reparto chimico. Dopo la laurea in Legge ha mosso i primi passi nello studio legale del padre, ma poi è passato al giornalismo nel 56, come corrispondente dall’Aquila per la Rai, la televisione nazionale italiana, e l’Ansa. Nel 58 ha cominciato a collaborare con il giornale conservatore di Roma Il Tempo. In seguito è stato promosso portavoce del direttore ( che era il fondatore, Renato Angiolillo — ndr), e nel 73 è diventato direttore, carica che ha mantenuto fino all’87. In quell’anno è entrato alla Fininvest, l’azienda di Berlusconi, diventando vicepresidente di Fininvest Comunicazioni. Ha intrecciato rapidamente una stretta amicizia personale con Berlusconi, e nel 90 gli ha fatto da testimone alle nozze con la sua attuale moglie, Veronica Lario. Letta è noto per la sua capacità di conservare la calma anche durante le crisi. Il suo sport preferito è il tennis, il suo hobby la musica classica. è sposato con Maddalena Marignetti e ha due figli. Non parla inglese e non è un membro del Parlamento» (da un rapporto della Cia) • «Da direttore del Tempo, mai un editoriale. Da uomo di governo, mai un intervento in Parlamento. Ma Letta non ne ha bisogno: il suo è un potere che disdegna l’apparire, che non ha il problema di vincere le elezioni. è una rete di rapporti, amicizie, parentele. Molto trasversale: da Berlusconi a Veltroni, da Cesare Geronzi a Luca di Montezemolo. Da Andreotti, Letta ha ereditato i fondamentali dell’arte di governo: disinteresse totale per il partito (mai visto a un incontro di Forza Italia) e dedizione ai poteri che contano: il Vaticano (i cardinali Camillo Ruini e Giovanni Battista Re), i vertici dei ministeri, l’Opus Dei, le banche. La Rai con Bruno Vespa — pupillo dai tempi in cui Letta era il capo della redazione aquilana del Tempo — l’unico autorizzato a trascriverne qualche pensiero nei suoi libri» (Marco Damilano) • «Non è un politico, certo. L’avesse ascoltato, Silvio Berlusconi non sarebbe più tornato a palazzo Chigi, anzi non ci avrebbe mai messo piede. Perché Gianni Letta era contrario a un nuovo accordo con la Lega dopo il ribaltone, e prima ancora era stato contrarissimo alla discesa in campo del Cavaliere. Ma senza di lui il premier non sarebbe riuscito a governare. In questi anni di guerra e di terrore ha gestito i passaggi più difficili, compresa la trattativa per la liberazione delle due Simone ( vedi PARI Simona e TORRETTA Simona — ndr). I leader dell’opposizione non dimenticheranno le sue telefonate notturne, le rassicurazioni su quei messaggi di morte via Internet. è un errore dipingerlo come un semplice esecutore, o come un mediatore, sebbene tutte le Italie convergano su Letta e in Letta trovino una sintesi: dalla sinistra radicale alla nobiltà nera. I difetti di cui era accusato in passato — per via di quei modi inamidati e ossequiosi — si sono trasformati in pregi agli occhi dei suoi avversari. La cortesia gli serve come arma di difesa. La riservatezza gli consente di non apparire, e al tempo stesso di esser sempre presente. Anche dove non c’è, tutti immaginano infatti che ci sia. “C’è quel democristianone di Letta dietro ’sta roba”, imprecava Umberto Bossi ogni qualvolta le cose gli andavano storte. E dopo essersi rasserenato invitava i suoi a fare un salto a palazzo Chigi: “Parlatene con Letta per risolvere ’sta roba”. Il Senatùr aveva capito qual era l’altro polo del bipolarismo berlusconiano, e quando il Cavaliere gli chiese di entrare al governo, rispose: “Sì, ma a un patto. Voglio la stanza accanto a quella di Gianni”» (Francesco Verderami) • Fama di gran lavoratore: «Quando arrivo in ufficio, al mattino presto, lui è già arrivato. Quando vado via, sempre attorno alle 22, c’è ancora. Quando se ne va, passa a casa del presidente per far firmare ancora le ultime carte. E di notte, se lo chiami alle quattro per un’emergenza, lo trovi pronto a scattare. è un uomo incredibile…» (il segretario generale alla presidenza del Consiglio Antonio Catricalà) • «Sul culto per la riservatezza del personaggio esiste un’ampia leggenda, e per sostanziarla nei suoi aspetti perfino genetici basterà ricordare il testo del necrologio pubblicato in occasione della scomparsa della mamma di Gianni: “Gli otto figli la ricordano con amore e profonda gratitudine, ma anche con quella discrezione che lei ha sempre praticato e insegnato. Avrebbe preferito il silenzio, con l’annuncio dopo l’ultimo commiato”. Celebre anche per lungimirante cautela, acume volpino, capacità di lavoro (estesa alla fedele segretaria Lina fino a Natale o a Ferragosto), nonché per quella speciale forma di cortesia che gli inglesi definiscono “grace under pression”, grazia sotto pressione, qualità comunque non molto diffusa tra i potenti. Dopo la direzione del Tempo, l’attività anche di lobby a favore della Fininvest e quel ruolo di silenzioso consigliere dell’avventura politica di Berlusconi, cui Letta era inizialmente contrario, ma cui ha dedicato quelle risorse che hanno acceso la fantasia di una generazione di cronisti sbizzarritisi a presentarlo a seconda dei momenti e delle simpatie come: “Smorza Italia”, “l’Ombra Gentile”, “Bonbon”, “il Portasilenzi”, “Delikatessen”, “il Maestro di Palazzo”, “il Tessitore invisibile”, “il sottosegretario Piumino da cipria”, “il Gran Ciambellano”, “l’Uomo della crostata”, “il Cuccia della politica”, “il Cellini di palazzo Chigi”, “l’Eminenza azzurrina”, “il Pensiero pettinato” e così via. Le mille delicate incombenze via via affrontate e risolte — dallo sblocco del campionato di calcio al rifinanziamento dell’Alitalia, dalla mediazione sull’articolo 18 al recupero di rapporti con la vedova Biagi, dal black-out energetico alla scelta di lasciar atterrare in Italia la 101esima brigata aviotrasportata dell’esercito americano diretto in Iraq. Una volta Giuliano Ferrara gli ha imputato una carenza “nell’arte di decidere con dolore”. Lui che Berlusconi ha definito “il più bravo di tutti, anche di me” (2000), “il vero premier” (2001), “e ora fate un bell’applauso a Gianni Letta, anzi facciamoglielo doppio, che se lo merita” (2002). Lui “che lavora sempre e ho paura — detto ridendo — che mi sgridi” (2003). Lui, addirittura, “candidato al Colle” (2004). Come se il potere vero si potesse graziosamente concedere; e non fosse un peso terribile, a volte una autentica sofferenza» (Filippo Ceccarelli) • Sposato con Maddalena Marignetti, celebre per le sue crostate. Due figli: Giampaolo, amministratore delegato di Medusa film (nato lo stesso giorno e mese del padre) e Marina.