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 2011  luglio 06 Mercoledì calendario

LA BARBERA

Gioacchino Altofonte (Palermo) 23 novembre 1959. Ex mafioso della famiglia di Altofonte. Il pomeriggio del 23
maggio 1992 doveva dare il segnale agli assassini del giudice Falcone,
appostati su un’altura a destra dell’autostrada. Li chiamò quando avvistò il corteo delle tre macchine blindate - al centro la Croma bianca col
magistrato a bordo, davanti e dietro quelle della scorta - e rimase al telefono
per 325 secondi, quasi sei minuti. Arrivato al bivio per Partinico, chiuse la
comunicazione. Il piano prevedeva che appena l’auto di Falcone fosse giunta all’altezza di un vecchio elettrodomestico abbandonato sul ciglio della strada,
dalla collina qualcuno premesse il pulsante del radiocomando
• «La macchina di Giovanni Falcone andava più piano del previsto. Avevamo fatto le prove a una velocità di 160 chilometri all’ora, invece quelli andavano a 80, 90 all’ora. Io procedevo parallelo a loro, sulla mia Lancia Delta, lungo la strada che
costeggia la Palermo-Punta Raisi, e parlavo al telefonino con quelli che
stavano sulla collina di Capaci. Parlavo lentamente per far capire loro che l’andatura di Falcone era più bassa dei nostri calcoli, e dentro di me pensavo: “Questo si salva... si salva”»
• «L’arrestarono dieci mesi dopo l’eccidio di Capaci, la sua voce incisa su un nastro inchiodò lui e gli altri assassini di Falcone: “Ddocu... a Capaci... unni ci fici l’attentatuni”, disse all’amico mafioso mentre una microspia della Dia registrava le sue conversazioni.
Divenne un collaboratore di giustizia, raccontò i particolari della strage e di molti altri delitti di Cosa Nostra. Poi tornò a mettersi nei guai, fu espulso dal programma di protezione dei pentiti» (Giovanni Bianconi).