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 2011  luglio 06 Mercoledì calendario

JOVANOTTI

(Lorenzo Cherubini) Roma 27 settembre 1966. Cantante. Autore. Nel 2006 ha avuto
grande successo con il cd Buon sangue. «I poeti sono stati i primi a creare tormentoni. “Quant’è bella giovinezza”, “O cavallina, cavallina storna”... sono nella testa di tutti» • «Cresciuto a Città del Vaticano, abitante a Cortona, cantante per diletto e comunicatore per
vocazione. Dopo essere stato un’icona del disimpegno è cresciuto e si è sempre espresso sulla realtà che lo circondava. Dal manifesto filosofico del 94 (quel Penso positivo che includeva in una sola “grande chiesa” figure disparate come Che Guevara, madre Teresa, Malcolm X, e la comunità di San Patrignano) al rap Cancella il debito con cui, dal palcoscenico del Festival di Sanremo del 2000, si rivolse
direttamente a Massimo D’Alema, le sue sortite hanno sempre fatto comodo ai polemisti. E hanno sempre
venduto moltissimo» (Guia Soncini) • «“La musica l’ho scoperta con il rap, prima in radio passavo dance e musica italiana, ma
confesso che non m’interessava più di tanto. Mi piaceva parlare al microfono, il filtro tra me e gli ascoltatori
che mi permetteva di superare la timidezza. Poi ascoltai Rapper’s Delight della Sugarhill Gang e Renegades of funk di Afrika Bambaataa: quella musica parlava proprio a me, mi fece male ma nel
senso buono. Fu un’illuminazione, mi accorsi di essere al mondo. La musica mi diede un’identità”. All’inizio la musica non era una priorità, ma con il rap le cose erano cambiate radicalmente. “Ho cominciato a risparmiare per comprare i dischi d’importazione. Magari i Levi’s li compravo falsi alla bancarella, ma i dischi non potevano mancarmi”. Jovanotti passava giornate intere alla radio: “Una notte mi sono svegliato perché mia madre mi stava controllando le braccia, pensava che mi drogassi”. Poi l’incontro con Claudio Cecchetto che lo strappò alla Rai: a Lorenzo avevano chiesto di condurre
Discoring ma Cecchetto lo convinse, tenendolo nove ore al telefono, ad andare a Radio
Deejay e a incidere un disco. Dopo cinque mesi Jovanotti era primo in
classifica. Cecchetto lo proteggeva: “Molti lo vedevano come il mio burattinaio ma lui mi lasciava libero di fare,
anche se aveva alzato un muro protettivo intorno a me”. Il successo è enorme, Jovanotti vive come su una nuvola: “Ho scoperto di poter essere antipatico a qualcuno solo durante il servizio
militare. Fu quello il mio primo passo fuori dal mondo protetto”. Finito il militare scrive
Gente della notte: il cantante di Ragazzo fortunato e Ciao mamma non c’era più» (Carlo Moretti) • «La storia di Lorenzo Cherubini, in arte Jovanotti, pare inventata apposta per
scompaginare le categorie della cultura di massa, giudizi e pregiudizi,
opinioni e pigrizie. Jovanotti ebbe successo proprio in mezzo a quella deriva
etica e politica che chiamammo “riflusso”, nei primi Ottanta, e ne fu uno degli espliciti cantori. Esprimeva allegro
menefreghismo, voracità vitalistica, disimpegno, discotechismo spensierato, consumismo sfrontato. Era
potente e comunicativo, bello e giovanissimo, inafferrabile e respingente per
lo sguardo preoccupato (e un po’ barbogio) della critica militante e del giornalismo pensoso, assolutamente
irritante per la gioia naturale con la quale viveva una giovinezza disinibita e
impolitica. Scrivemmo cose di fuoco contro quel ragazzotto libero e giocondo,
non tutte infondate se si riascoltano canzoncine come
La mia moto e Gimmi five… e nessuno poteva sospettare che proprio quel tipo lì, come folgorato da una crisi adolescenziale tardiva, sarebbe poi diventato,
verso la trentina, un’icona del cantare politico e dell’impegno cantautorale, quasi rovesciando la propria vicenda artistica. In realtà, ripensandoci meglio, sarebbe interessante non tanto segnalare la discontinuità, quanto afferrare la continuità della sua storia. Chiedersi, cioè, se non ci sia un nesso tra l’entusiasmo giovanilista delle origini, la folle energia danzerina, l’assenza di freni inibitori, e il sorprendente approdo “colto” del Jovanotti contemporaneo, quello del mondialismo libertario dell’
Ombelico del mondo, quello barbuto e di sinistra, pacifista e neo-hippy, più Manu Chao che Eminem, schierato e a volte ingombrante. Beh, forse quel nesso c’è: e mette in discussione, ben più di Jovanotti stesso, appunto le categorie parecchio infeltrite della critica e,
volendo allargare il discorso, parecchi luoghi comuni della sinistra. Per
esempio: il vitalismo, l’edonismo delle origini, la fregola nottambula, il linguaggio spiccio e molto
basico dei primi rap da discoteca, perché dovevano essere necessariamente inquadrate nella categoria mortificante dell’encefalogramma piatto?» (Michele Serra).