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 2011  luglio 06 Mercoledì calendario

ISOTTA

Paolo Napoli 18 ottobre 1950. Storico della musica e critico musicale. Del Corriere
della Sera • «Mio padre era un grande avvocato civilista ritiratosi piuttosto presto dalla
professione col sostenere che gli era sempre più difficile trovare argomenti di così basso livello da esser comprensibili dall’ignoranza dei magistrati di oggi. Il rapporto con Papà è stato il nodo della mia vita. Con Mammà ci trattavamo con adorazione mista a humour: ma la persi a 29 anni, uccisa per
fortuna dalla cura prima che dalla malattia. Per quanto lavorassi a Milano già dal 1974, continuai ad abitare nella grande casa napoletana, come oggi: di Papà sentivo la superiorità intellettuale ed etica, ne provavo la pazienza e la sorridente generosità e reagivo con terrore e continui litigi. Temevo che leggesse dentro di me, e
sebbene fin circa ai trent’anni fossi nel lavoro, sia di saggista che di critico musicale, d’una sicurezza in me rasentante l’impudenza, avrei voluto che non un rigo mio fosse letto da lui. Tremavo quando
gli vedevo in mano il Corriere della Sera, del quale ero critico musicale, nei
giorni che portava un mio articolo. Mi sentivo un impostore smascherato dai
suoi silenzi. Poi, Papà morì improvvisamente “fra le mie braccia” la notte del 3 aprile 1993: è un’espressione di gergo, ma nel caso va presa alla lettera. In quello stesso
istante, il panico e il senso di colpa si trasformarono nella dolcezza del
ricordo e del perdono. Nella sua saggezza, Papà avrebbe voluto che facessi l’avvocato: esservi decoroso posto in tal mestiere anche per i mediocri, nella
musica o si tocca l’eccellenza o si è un fallito. Il mio più gran rimpianto è non averlo ascoltato: oggi, con la mia intelligenza, la mia memoria, il
rispetto acquisito per il lavoro ben fatto, sarei un professore di Diritto
civile e i grandi clienti verrebbero da me col cappello in mano. Sono invece un
impiegatuccio che dipende dal buon volere dei superiori...»
(detto in esclusiva al Catalogo) • Altra volta sostenne che era stata una disgrazia l’esser nato «in una famiglia della media borghesia, detentrice, ulteriore sventura, di
biblioteca da qualche generazione. Una vita non basta a scontare siffatto vizio
genetico. Il decoro, l’abito virile, il contegno, l’osservanza della parola data, il rispetto verso i deboli e gl’indifesi... Il solo decus è terribilmente dispendioso. Mi odio, mi sono sempre odiato» • Studi di pianoforte col maestro Vincenzo Vitale, corsi di teoria musicale dal
maestro De Santis, composizione con Renato Parodi e poi con Renato
Dionisi. Dopo il liceo Umberto ha studiato presso la Federico II sia Lettere
che Giurisprudenza. Professore straordinario al Conservatorio a 21 anni, e poco
dopo ordinario. Ha lasciato la cattedra nel 94 «per progressiva intolleranza verso gli allievi attuali» • Nel 74 diventa critico musicale del Giornale di Montanelli (Pietrangelo
Buttafuoco: «Fu severo col baritono Renato Bruson e questi, incontratolo in un teatro, cercò seriamente di strozzarlo; il critico fu salvato da due attrezzisti»), poi del Corriere della Sera dal 1980 • Nel 1974 ha pubblicato I diamanti della corona (Utet), sulle opere serie di Rossini, primo libro mai dedicato a questo tema.
Considera suoi volumi importanti: «Dixit Dominus Domino meo: struttura e semantica in Händel e Vivaldi (Edizioni internazionali di musica sacra, 1980), un modello dell’analisi musicale. Il ventriloquo di Dio (Rizzoli, 1983), la prima ricerca integrale mai prima dedicata al mondo
(Germania in primis) ai simboli musicali segreti o inconsci (non perciò alle mere “citazioni”) nell’opera letteraria di Thomas Mann; la raccolta di saggi wagneriani, scritti
espressamente, Le ali di Wieland (Rizzoli, 1984); il libro su Victor De Sabata compositore (Victor De Sabata: un compositore, Edizioni della Scala, 1993); quello su Renata Tebaldi per gli ottant’anni della Divina, che contiene un saggio originale sull’estetica del canto (Omaggio a Renata Tebaldi, Edizioni della Scala, 2002). Osserva i suoi doveri di critico con pedanteria e
originalità, dedicando ampie pagine introduttive alle prime esecuzioni assolute o ai
capolavori dimenticati e riportati a nuova vita. Per quanto sia il più famoso critico musicale europeo, gli duole che presso taluni lo si presuma più una natura polemica che non gli si riconoscano dottina e amore per la musica...» (Buttafuoco: «...passò al Corriere della Sera e fu sollevazione della sinistra musicalmente corretta:
scioperi, presidi, manifesti di intellettuali e così via. Non poteva presentarsi in via Solferino, un dirigente del quotidiano gli
portava lo stipendio direttamente a casa, di nascosto [...] Superbo, sensibile,
nichilista, cioraniano, bovarista maschile, accidioso divenuto col tempo più distaccato, ama e odia moltissimo») «...La lettura è la sua droga: Tacito, Gibbon, Manzoni, Flaubert, Pirandello, Virgilio,
Baudelaire, Pascoli italiano e latino, Benn, Trakl, Eliot. Profondamente devoto
a San Gennaro, non sopporta la folclorizzazione e la rappresentazione
pittoresca della cosiddetta napoletanità. Osserva un culto parimenti rigoroso quanto ereditario per Totò e Peppino».