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 2011  luglio 06 Mercoledì calendario

GUGLIELMI

Angelo Arona (Novara) 2 aprile 1929. Critico letterario. In Rai dal 55. Dall’87 al 94 direttore di Raitre («mitico direttore di Raitre», come si dice da quando se n’è andato). Assessore alla Cultura di Bologna, giunta Cofferati • «Un passato come comparsa nel Gruppo 63, direttore della rossa Raitre per
auspicio di Walter Veltroni, ha avuto il merito di inventare Blob, geniale smontaggio catodico a cura di Enrico Ghezzi e Marco Giusti. è lo scopritore del nanismo iconoclastico di Piero Chiambretti, il pigmalione del
vociante astro saturnino Michele Santoro. Della tv ha detto che non la
mangiava, ma che guardava solo quella che produceva come fa un produttore di
cioccolata» (Pietrangelo Buttafuoco) • «Né intellettualmente, né psicologicamente io so stare su una sola sedia, svolgere una sola attività. Ne svolgo, dunque, più d’una: e le tengo ben separate fra loro. Quando diventai direttore di Raitre,
tutti si aspettavano che avrei impostato il mio lavoro partendo dalla mia
esperienza di letterato. Invece feci l’opposto, perché letteratura, cinema e tv sono tre linguaggi separati che non è bene contaminare fra loro. Cultura, in tv, è fare bene ciò che ha una pretta nascita televisiva. Così tenni lontano dalla mia rete la letteratura, la musica, le arti figurative e
anche il cinema. Tanto che quando passai dalla tv al cinema, mi accompagnò la nomea che fossi nemico del cinema» (da un’intervista di Enrico Regazzoni)
• «Ho sempre detto di essere uno schizofrenico e ho avuto bisogno di esercitare due
mestieri e possibilmente anche tre nello stesso tempo. Non è sufficiente un solo mestiere per dare senso alla propria vita. Sono finiti i
tempi in cui una sola occupazione riempiva la persona. L’uomo intero, l’uomo unico è una figura dei tempi antichi. La modernità è frammentazione, divisione non solo del lavoro, ma anche della personalità. Quando nasce il Gruppo 63, i motivi e i personaggi che lo compongono e vi
partecipano avevano già manifestato alcuni punti capitali delle loro attività. Era già uscito per esempio
Fratelli d’Italia di Arbasino, l’Opera aperta di Eco, che è del 62, e Luciano Berio era già un noto compositore. I nuovissimi, e cioè Sanguineti, Porta, Balestrini, Pagliarani, Giuliani, nel 61 sono ciò che meglio aiuta a capire cos’è stato il Gruppo 63. Un rifiuto di un senso comune, alla ricerca di un senso più alto. Il rifiuto della parola che sermoneggia e ammonisce per una parola che
rende più vivi. La poesia non è quel che dice, ma è quel che fa. Appoggiavamo un’intuizione importante di Leopardi che scriveva nello
Zibaldone che la lettura di una bella poesia produce la stessa reazione che Storm diceva
procurargli un sorriso. E Leopardi dice che una bella poesia “aggiunge un filo alla nostra brevissima vita, ci rinfresca e accresce la nostra
vitalità”. Quando nasce, il Gruppo 63 prende atto che esiste nel Paese un grande
movimento di rinnovamento, come in Germania il Gruppo 47» • «Mi chiamarono a dirigere la Terza Rete e dovevo darle un’identità e quindi un pubblico. Mi dissi: come si fa? Decisi di dare al pubblico quello
che non aveva. Aveva varietà, fiction, ma era insoddisfacente l’informazione. E così decisi di fare una televisione informativa, utilizzando linguaggi moderni.
Decisi di mettere da parte il documentario-inchiesta, perché il pubblico non ne poteva più. Sono stato aiutato dalla mia esperienza di intellettuale impegnato nel
rinnovamento della letteratura» (da un’intervista di Alain Elkann)
• «Ritengo che la letteratura affermi sempre una sua presenza nella realtà, anche quando apparentemente ne rifugge o le volta le spalle. L’importante è capire cos’è la realtà. Scrittori come Kafka o Beckett non credo che non esprimessero un impegno,
anzi, è certo che il loro rapporto con la realtà è più stretto e incisivo e autentico che quello dei cosiddetti realisti loro
contemporanei. Tutti i grandi scrittori sono impegnati» (da un’intervista di Paolo Di Stefano).