Il Catalogo dei viventi 2007, 6 luglio 2011
GROS Piero Sauze d’Oulx (Torino) 30 ottobre 1954. Ex sciatore. Ha vinto la coppa del Mondo assoluta 74, la medaglia d’oro in slalom alle Olimpiadi del 76 • A Innsbruck era il favorito e vinse: «Ma quanta fatica! Quel sabato mattino nevicava di brutto sulla pista dello slalom
GROS Piero Sauze d’Oulx (Torino) 30 ottobre 1954. Ex sciatore. Ha vinto la coppa del Mondo assoluta 74, la medaglia d’oro in slalom alle Olimpiadi del 76 • A Innsbruck era il favorito e vinse: «Ma quanta fatica! Quel sabato mattino nevicava di brutto sulla pista dello slalom. Era il 14 febbraio del 76, il giorno di san Valentino. Io e Gustavo Thoeni eravamo reduci dalla batosta del gigante, sconfitti da Hans Enn, da Ernst Sodd ed Ingemar Stenmark. Insieme ad Ingo decidemmo di allenarci a Brunico. Volevamo riscattarci a tutti i costi. Bisognava reagire, e farlo subito. Tutto, però, sembrava congiurare contro di noi. I pettorali del primo gruppo, allora, venivano estratti a sorte. A me, purtroppo, toccò il numero 11: quando venne il mio turno di gara, la pista era diventata un canyon quasi impraticabile. Ho fatto i miracoli per star dentro. Mi piazzai quinto nella prima manche. Gustavo era secondo, dietro Paul Frommelt. Nella seconda manche ebbi fortuna. Il regolamento prevedeva l’inversione dei primi 15, o meglio l’inversione dei loro pettorali, si fossero o no classificati i concorrenti. Il 15, il 14 e il 13 erano saltati. Il 12 era quello di Ochoa Fernandez, lo spagnolo che aveva battuto Thoeni ai Giochi di Sapporo quattro anni prima. La pista era ancora in buone condizioni: decisi di rischiare il tutto per tutto. Perdevo un secondo e 3 decimi da Frommelt, li recuperai con gli interessi. Gustavo restò medaglia d’argento» (da un’intervista di Leonardo Coen) • Carriera parallela a Gustavo Thoeni: «Io e lui non abbiamo mai avuto grandi dialoghi, in fondo. Cattivo feeling? No, è una sensazione differente, difficile da spiegare a parole. Gustavo è stato un campione e pure un maestro: ho imparato parecchio dal Thoeni sciatore. Ma un conto è l’aspetto sportivo, un altro quello umano: tra rispetto e senso del cameratismo da un lato e amicizia profonda dall’altro, c’e differenza. Per me lui era uno come gli altri. E non pretendo che lo stesso concetto di “valanga azzurra” contempli l’idea di un gruppo privo di scintille. Thoeni e il sottoscritto erano i più forti: non credo che chi era in squadra con noi fosse felice di essere battuto. Gli atleti sono egoisti, perché lo sci, fuori da ogni ipocrisia, è uno sport individuale» (da un’intervista di Flavio Vanetti).