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 2011  luglio 06 Mercoledì calendario

GRILLI

Vittorio Milano 19 maggio 1957. Ragioniere di Stato dal 2002 al 2005. Poi direttore
generale del ministero dell’Economia • «Studi superiori al liceo Gonzaga, università alla Bocconi, è un classico figlio della buona borghesia meneghina. Il padre Massimo aveva un’azienda: ramo macchine per il caffè. La madre, Maria Ines Colnaghi, è un’importante ricercatrice oncologica. Ma lui non ha seguito né l’una né l’altra inclinazione e invece di diventare imprenditore o medico (“provai a fare il volontario alla Croce Verde ma capii di non avere un buon
rapporto con il sangue” ha raccontato) ha scelto di darsi alla scienza triste, l’economia. Prima in Italia e poi negli Usa. Durante il PhD a Rochester nell’Ontario ha conosciuto una giovane assistente universitaria, Lisa, che sarebbe
diventata sua moglie. E successivamente è a Yale che è entrato in contatto con Luigi Spaventa, Mario Draghi e Francesco Giavazzi.
Saranno proprio Spaventa da ministro del Bilancio e Draghi da direttore
generale del Tesoro, sotto il governo Ciampi, a chiamarlo a lavorare con loro.
Da qui l’etichetta che alternativamente gli viene applicata di Ciampi boy o Draghi boy.
Al ministero del Tesoro si è occupato per sette anni di privatizzazioni accumulando un’esperienza forse senza pari» (Dario Di Vico)
• «Certamente non è uomo di destra. Eppure lascia il ministero quando Amato era a Palazzo Chigi e
il suo ministro era Vincenzo Visco. Ci ritorna con Silvio Berlusconi e Giulio
Tremonti. è stato Domenico Siniscalco, il nuovo direttore generale che ha sostituito Draghi
a settembre del 2001, a volerlo su quella poltrona. Tremonti ha fatto propria
questa scelta» (Rossella Lama) • «Trasversale. Indipendente. Fuori dai giochi e dalle etichette partitiche.
Sobrio, poco amante della mondanità, gioca a calcetto, a golf, e continua ad andare d’estate in montagna, “come facevo da ragazzo, sulle Dolomiti”. Viene da una famiglia milanese molto esigente: “I miei genitori alzavano appena gli occhi quando portavi un trenta e lode,
chiedevano subito: qual è il prossimo esame?”» (Barbara Palombelli) • «L’unica superstizione che ho avuto è legata alla mia barba. Quando insegnavo a Yale, avevo un’aria molto giovanile e in biblioteca non mi prestavano mai i libri, ogni volta
chiedevano l’autorizzazione in segreteria, nessuno credeva che fossi un docente. Anche in
classe, gli studenti non mi filavano, non mi davano retta. Allora decisi di
farla crescere per invecchiarmi. L’ho tenuta dall’87 al 98. Nel 97 feci una promessa al presidente Ciampi, allora ministro del
governo Prodi: se avessimo vinto la battaglia dell’euro, me la sarei tagliata immediatamente. E così, dopo il Consiglio europeo del 2-3 maggio del 98, data per tutti
indimenticabile, la tagliai. Mia madre e mia moglie saranno per sempre grate al
presidente...».