Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2011  luglio 06 Mercoledì calendario

GNUTTI

Emilio Brescia 6 agosto 1947. Finanziere. Ex presidente di Hopa, ne voleva fare la
prima merchant bank italiana «ad azionariato diffuso, stabile e con una forte capitalizzazione». Partecipò con successo alla scalata Telecom guidata da Roberto Colaninno. Travolto,
insieme a tutti gli altri «furbetti del quartierino» (vedi RICUCCI Stefano), dalle scalate a BNL e Rcs dell’estate 2005 • «Era l’astro nascente della Banca Popolare di Brescia. Leasing, factoring, grandi
progetti immobiliari. Ma Bruno Sonzogni, l’altro gallo del pollaio della Bipop, lo mise fuori ricoprendolo d’oro. E Gnutti si trovò solo. Anche il suo amico Mauro Ardesi lo aveva lasciato. Chicco Gnutti è rinato nel 98 scommettendo per primo su Roberto Colaninno» (Massimo Mucchetti) • «Hopa, l’holding finanziaria del raider bresciano, è il punto d’intersezione tra la scalata ad Antonveneta e quella alla Bnl, è il salottino dove siedono fianco a fianco il presidente di Unipol, Giovanni
Consorte, e un rappresentante della Fininvest. E Gnutti, pur non partecipando
in proprio alla scalata al Corriere, briga e spinge perché la cordata guidata, apparentemente, dall’immobiliarista Ricucci abbia successo» (Manuela Cartosio) • Ad inizio 2006 ha lasciato i consigli di Olimpia e Hopa: «L’uscita dalla plancia di comando della società che controlla Telecom segna la fine di un ciclo che ha accompagnato gli ultimi
sette anni della storia del gruppo telefonico» (Federico De Rosa) • «Certo Gnutti non ha mai frequentato i salotti buoni. Ha uno stile diverso da “quelli che con lo 0,5 percento del capitale vanno in giro a fa’ i fighetti”, come semplifica il suo ex socio Stefano Ricucci. Si è sempre vantato di non aver mai messo piede a Porto Cervo (“le vacanze le faccio con la famiglia in montagna, in Austria”), di odiare l’aereo e di concedersi solo due sfizi: la passione per le auto d’epoca sublimata nelle storiche e “colorate” partecipazioni alle Mille miglia (“vado a tirarmi su il morale dando un’occhiata alle Ferrari in garage”, confida nelle telefonate intercettate dalla Finanza) e gli orologi. Oggi però questo snobismo alla rovescia è diventato un boomerang. E attendersi aiuti dalla politica è un’utopia. Gnutti l’ha sempre “usata” a fini finanziari con un interessato ecumenismo bipartisan: ha goduto della
benedizione di Massimo D’Alema sull’Opa Telecom, si ritrova come commercialista un socio dello studio di Tremonti. E
sul caso Rcs ha bussato per chiedere aiuto direttamente al premier Silvio
Berlusconi. Ma per Roma oggi il numero uno di Hopa scotta troppo. Allora il
Chicco, che non sarà bravo a gestire aziende (come testimoniano i flop di Pineider, Snia e Sorin) ma
che di finanza ne mastica, ha preso atto della sconfitta. Gli alleati si sono
sciolti come neve al sole. La condanna in primo grado per insider sui bond
Unipol gli complica il cammino giudiziario — già di per sé piuttosto accidentato — del caso Antonveneta. Questi guai sommati all’angina l’hanno portato adesso a mollare tutti gli incarichi per arroccarsi sulla Gp
Finanziaria, la cassaforte che divide con la moglie Ornella e i due figli
Thomas e Arianna. “Per lui un bello smacco - dice un altro socio Hopa - Dei soldi non gli importava
più molto. Ha fatto i miliardi. Ma con le nozze Hopa-Interbanca-Efibanca previste
dalla partita Antonveneta era convinto di aver coronato il suo sogno: diventare
banchiere”. Resterà un sogno. Adesso, magistrati permettendo, Gnutti sembra pronto a ritirarsi
davvero alla voce pensionato delle Pagine Gialle. Nei momenti di nostalgia, al
limite, potrà sempre tirarsi su il morale scendendo in garage a dare un’occhiata alle Ferrari» (Ettore Livini).