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 2011  luglio 06 Mercoledì calendario

GNOCCHI

Gene (Eugenio Ghiozzi) Fidenza (Parma) 1 marzo 1955. Attore. Comico. Scrittore. «Mi piace cantare, canto discretamente, ma non bene. Mi piacciono la televisione,
il calcio, i libri, il teatro. Faccio tante cose male, perché assaporo tutto, sono curioso di tutto. È che non mi interessa proprio specializzarmi e diventare bravissimo in una cosa.
Sono un teorico di questa filosofia: “Piuttosto che fare una cosa bene, meglio farne tante male”» • Laureato in Giurisprudenza, ha esercitato a Fidenza la professione di avvocato.
Nell’88 ha iniziato la sua carriera di attore e comico debuttando come cabarettista
allo Zelig di Milano. Lavora in televisione dall’89: l’esordio su Italia1 con Emilio. Poi, tra l’altro, Mai dire gol. Adesso È un punto di forza di Quelli che il calcio (Raidue) • «La mia famiglia aveva un allevamento di tacchini americani» • «Mio padre era una persona stranissima. Era stato sindacalista e funzionario
comunista, ma votò contro la linea togliattiana nel 60. Poi, a un certo punto, in mezzo a tante
difficoltà economiche, si È messo a vendere vino, con sei figli non era certo facile tirare avanti la
famiglia. Appeso alla parete c’era un calendario pieno di cifre, mio padre vi segnava le bottiglie che riusciva
a vendere, i guadagni e le molte uscite, ma in mezzo a tutti quei segni aveva
trovato lo spazio per segnare i nostri compleanni»
• «Di tutti i comici televisivi, Gene Gnocchi È il più intellettuale e surreale, quello che ha la capacità più spiccata di sovvertire il senso o di indicare l’insensatezza del mondo. Non È un satirico, non fa imitazioni, non naviga nella rete fitta di citazioni
reciproche di cui si nutre la televisione contemporanea. Non descrive tipi
sociali più o meno buffi, non gioca con le parole. Racconta un mondo che all’inizio appare dimesso, quotidiano, privo di ogni interesse, vagamente
autobiografico, e progressivamente ne approfondisce le miserie e le sciocchezze
trasformando la piccola stupidità di ogni giorno in un monumento all’assurdo, in un abbagliante poema dell’incongruenza» (Ugo Volli)
• «Dà il suo meglio allorché riesce a mischiare il sacro e il profano, il crudo e il cotto, l’alto e il basso, come nella sua rubrica “culturale” sull’inserto domenicale del Sole 24 Ore: mentre per i palati fini risulta cheap la partecipazione a Quelli che il calcio. Gnocchi È un personaggio articolato: colto, informato, curioso di calcio e rock’n’roll, attento alla fenomenologia culturale, capace di fare satira su libri e
premi letterari, insomma, non È solo l’autore immortale del “cul de Sac”, come in franco-padano si chiama il vicolo cieco tattico in cui ci ha cacciati
nel 94 la fortuna di Arrigo. Quando È al meglio, dietro quel volto serissimo, Gene incenerisce velleità politiche e demenze letterarie, trombonismi culturali e loffiaggini pubbliche» (Edmondo Berselli)
• «Non ho mai fatto un discorso di carriera, di posizionamento d’immagine, faccio una cosa oggi e una cosa diversa domani, non ci ho mai pensato
su. È vero che faccio anche degli errori enormi, faccio cose che si trasformano in
passi indietro invece che in avanzamento di carriera, ma mi piace così, adoro cambiare ed esprimere la comicità in maniere sempre diverse» • «A me la televisione piace, la faccio volentieri, mi trovo bene, non ho la puzza
sotto il naso. L’ideale È non restare fermo, non fare sempre le stesse cose, cercare stimoli nuovi. Certo
È sempre più difficile, perché negli ultimi anni È cambiato il modo di far televisione, soprattutto con questa irruzione del
personaggio della strada che diventa una star» • «Da piccolo volevo fare il calciatore e oggi lavoro a Quelli che il calcio…, mi sarebbe piaciuto essere una rockstar, un rocker vero, maledetto, tipo Nick
Cave, e invece ho condotto PerepepÈ. E scrivo libri, perché ho sempre scritto, perché scrivo continuamente, racconti, poesie, piccoli testi. Ogni tanto faccio vedere
quello che scrivo a qualcuno e, se piace, si trasforma in un libro» (da un’intervista di Ernesto Assante) • È anche poeta: «Leggendo la sua prima raccolta di poesie, Sistemazione provvisoria del buio (Einaudi, 2001), ci si renderà facilmente conto della distanza che esiste non solo tra lui e tanti “autori di volumi” sfornati dal mondo dello spettacolo, ma anche tra Gnocchi e Gnocchi (quello da
guardare e quello da leggere)» (Paolo Di Stefano) • «La scrittura comica È molto, molto più difficile dell’altra perché i registri sono vari. Oggi si parla tanto di scrittori pulp, di cattivi, ma
Campanile era centomila volte più cattivo di loro, però con una leggerezza e una grazia di tocco che questi scrittori pulp non sanno
nemmeno cosa sia. Soltanto ridere ti mette davanti ai grandi interrogativi
della vita» (da un’intervista di Raffaella Silipo) • «Scrivo dai tempi del liceo, ma oggi non provo nessuna schizofrenia tra il mio
lavoro televisivo e quello poetico o narrativo. Mi organizzo e basta, scrivo la
sera o la mattina, in poltrona, non necessariamente isolato, spesso ci sono i
bambini attorno che giocano o fanno chiasso. Non mi sono mai detto: devo stare
lontano dalla tv perché mi inquina e mi disturba. Non È un problema mio: Wallace Stevens era un agente assicurativo eppure ha scritto
poesie bellissime. Il problema semmai È il pregiudizio di chi legge, ma vorrei che questo pregiudizio cadesse»
• Un passato di calciatore. Giocava nell’Alessandria: «Era il 72, avevo diciassette anni e mi avevano comprato dal Piacenza. A dire la
verità avevo già passato le visite mediche al Milan e pensavo che sarei andato là, invece il Piacenza mi dirottò all’Alessandria che stava in C con l’ambizione di salire di nuovo in B. Io ero un trequartista, giocavo dietro alle
punte, il mio numero nella squadra Primavera dove giocavo era il 10, qualche
volta l’8. Erano i numeri che nell’Alessandria aveva avuto Rivera, soprattutto il 10. Io ero bravino ma il
confronto finiva lì. Giocai un anno, mai in prima squadra dove c’erano Pozzani, Salvadori, Manueli. Avevano comprato Mammì, quello che segnò il famoso gol alla Juve sul campo allagato di Catanzaro. L’allenatore era Pippo Marchioro e sopra tutti c’era quel gran personaggio del presidente Sacco. Io studiavo: seconda liceo
classico al Plana, era durissima riuscirci allenandomi tutti i giorni, infatti
fu l’unica volta che conclusi l’anno con una materia a settembre, matematica. Insomma tra scuola e calcio
faticai ad andare bene e a fine stagione mi mandarono al Guastalla, in quarta
serie».