Il Catalogo dei viventi 2007, 6 luglio 2011
GILARDINO
Alberto Biella 5 luglio 1982. Calciatore. Del Milan e della Nazionale. Campione del
mondo in Germania nel 2006. Partito titolare, è stato poi sacrificato allo schema a una punta, avendo Lippi individuato come
unica punta piuttosto Toni. Autore del gol del temporaneo 1 a 0 contro gli
Stati Uniti (17 giugno 2006, 1-1) e del passaggio, effettuato dopo una bella
fuga solitaria, che consentì a Del Piero il 2 a 0 nella semifinale con i tedeschi (4 luglio 2006) • Lanciato dal Parma, in A ha giocato anche con Verona e Piacenza. Ha vinto l’Europeo Under 21 2004 e la medaglia di bronzo alle Olimpiadi di Atene • è nato in uno dei giorni più fausti del nostro calcio (5 luglio 82, mondiali di Spagna, Italia-Brasile 3-2).
«Ha il gol addosso e quando conta c’è sempre. Tecnicamente ha colpi da attaccante di classe e di rapina: ai milanisti
ricorderà Van Basten per la sua capacità di girarsi e tirare nello spazio di un francobollo e di un battito di ciglia. E
ricorderà anche Inzaghi (o Paolo Rossi...) perché dove passa il pallone, in area, lui c’è e se entra in porta dopo una mischia, quando non si capisce chi abbia segnato,
l’ultimo stinco o ciuffo che l’ha toccato è il suo. Sa fare gol da artista (che festeggia mimando un violino), da acrobata
(tanti, spettacolari, in rovesciata), da panzer e da scippatore. Ma non basta
solo il talento: la forza di Gilardino è anche il carattere, la capacità di reggere pressioni e responsabilità sempre più pesanti sulle sue spalle, sin da quando il Parma cedette Adriano e Prandelli
scommise su di lui che, fino ad allora, aveva segnato più niente che poco tra Piacenza e Verona. è uno freddo. Non solo in campo: salvò un amico dalle acque del fiume dove erano finiti con l’auto. Sognava la Roma e il Portogallo, ma Trapattoni non lo chiamò (e da allora l’ex ct ripete che volle fare un favore a Gentile) mentre il Parma gli chiese di
fermarsi ancora un anno, promettendogli il Milan per la stagione successiva. In
campo il suo atteggiamento è un po’ cambiato: più lamentoso (anche perché molto più picchiato), polemico e divetto, ma sempre micidiale. Nato da una buona famiglia
di Cossato nel biellese (papà gli ha trasmesso la passione per il calcio e per la montagna) e diplomatosi
perito chimico-biologo, il suo personaggio acqua e sapone ha ceduto a qualche
tentazione glamour: servizi fotografici, il calendario benefico, una campagna
pubblicitaria per Ermenegildo Zegna» (Emilio Marrese)
• «Il giorno in cui lessi del buco gigantesco della Parmalat, pensai: “perché ci sono capitato adesso e non sei o sette anni prima?”. Ci rimasi malissimo. La sensazione di insicurezza era forte: cosa ci
aspettava? Invece siamo stati bravi a tenere lontane le polemiche sui bond e a
coltivare la voglia di finire bene la stagione. Sono cresciuto in un piccolo
borgo tra Biella e Cossato dove ho ancora gli amici con cui vado al cinema o
ricordo le vacanze passate insieme, perché c’è un po’ di nostalgia. è stata una fortuna nascere lì, nei posti piccoli si impara ancora giocando a pallone sulla piazza o all’oratorio. A 13 anni mi prese il Piacenza. Fu un trauma. Sono figlio unico, i
miei genitori venivano a trovarmi molto spesso nell’appartamento che dividevo con altri ragazzi ma se non fossi stato innamorato del
calcio sarei scappato via. Avevo provato anche per il Toro e per la Juve. Quei
provini non si capisce mai come funzionano: dissero che non ero adatto, forse
non ero fisicamente all’altezza degli altri. In casa mia si è bianconeri da sempre, dormivo con la maglia della Juve. Ricordo che mio padre,
Gianfranco, mi portò per la prima volta al Delle Alpi per vedere la finale di coppa Uefa contro il
Borussia Dortmund: c’erano Baggio e Vialli, Vialli mi piaceva tanto perché era un attaccante di potenza, fortissimo. Di me dicono che assomiglio a Pippo
Inzaghi ma non so se è vero. A me piace Vieri e in assoluto Raul, mi sembra intelligente e furbo,
completo»
• «In famiglia, nonna Giovanna la chiamano affettuosamente “Galeazzi”, nel senso di Giampiero, perché quando segue le imprese di suo nipote si entusiasma come il popolare
telecronista in coda a una regata. è la simpaticissima rivincita di Gianfranco Gilardino: “Mio figlio Alberto nacque la mattina del 5 luglio 82, al pomeriggio si giocava
Italia-Brasile. Mia suocera non riusciva a capire come potessi essere teso per
il parto, ma anche per la partita. Adesso ha imparato quanto può coinvolgere il calcio”» (Luigi Garlando)
• «Avete presente Gianmarco Pozzecco, la tarantola del basket? Bene, Gilardino è il suo opposto, non ha grilli per la testa, è un fiume in pace con il panorama che lo circonda, mica le cascate del Niagara.
Non porta orecchini, non ha tatuaggi. Occhi radiosi e capello mediamente corto:
sembra un damerino, e invece sa essere un killer, l’area di rigore è la sua riserva di caccia, Pietro Vierchowod, uno che di attaccanti ne ha
sbucciati, l’aveva caldamente segnalato a Gianluca Vialli, solo che, a quei tempi, il Chelsea
nuotava nella miseria, e di Roman Abramovich non si avevano notizie. Il modello
è Gabriel Batistuta, al quale Alberto ruba il segreto di destreggiarsi sotto
porta come un gatto sul sofà. Di Marco Van Basten, in compenso, lo colpisce l’eleganza. Se l’argentino è un marine, l’olandese è un ballerino. I Gilardino sono borghesi di solidi princìpi, il pargolo lo educano all’antica, magari è un po’ volubile, ma sa chiudersi a riccio, dote che, da preda più ambita del mercato, lo aiuta a reggere la tensione e le tentazioni. Alberto s’imbatte, a Parma, in Cesare Prandelli: uno che sa come prendere i ragazzi, e,
soprattutto, come affinarne le armi. Da riserva di Mutu e Adriano a vice
Adriano e poi, da gennaio, titolare inamovibile. La sua storia è buffa, visto che il posto fisso lo deve, paradossalmente, al crac dei Tanzi,
via Mutu, via Adriano, largo ai bebè di talento. Realizza una caterva di gol (23), scorta il Parma al quinto posto e
la Under al titolo europeo. Non è Inzaghi, non è Paolorossi: più completo dell’uno e più spaziante dell’altro» (La Stampa)
• Sposato con Alice.