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 2011  luglio 06 Mercoledì calendario

GHEZZI

Enrico Lovere (Bergamo) 26 giugno 1952. Critico cinematografico. Autore tv. Tra i suoi
programmi Blob, un quotidiano che ogni giorno dà il senso della giornata mettendo insieme spezzoni di tv. E Fuori Orario, ciclo di film o di documentari in onda dopo l’una di notte. «Nella vita odio la soddisfazione» • «Ha inventato il look pauperista in tv e fuori, e ha avuto tanto successo che da
allora non si cambia. Folgorato dal Verbo tecno-demenzial-rivoluzionario di
Angelo Guglielmi, tanto da diventare “l’usignolo dell’imperatore”. Ciprì e Maresco al posto di Dio, il fuori sincrono come nuovo linguaggio della
predicazione cinematografica. Ama i film, a condizione che siano in bianco e
nero, irrimediabilmente graffiati, l’audio impercettibile, l’audience inferiore ai quattro spettatori, il costo comprensibilmente altissimo» (Pietrangelo Buttafuoco)
• «Per un anno e mezzo sono stato assistente incaricato supplente, insegnavo
Cartesio e Aristotele. Poi ho lasciato l’università perché ho vinto un concorso per programmista e regista a Raitre. Ricordo che feci un
lungo tema su Rossellini e la televisione che non finii. Riuscii a realizzare
un ciclo di film. Nell’85 il cinema compiva novant’anni. Feci una due giorni di quaranta ore con il consenso alquanto improbabile
dell’allora direttore Giuseppe Rossini. Nell’89 fu Guglielmi a darmi la possibilità di realizzare
Blob. Guglielmi mi chiamò nell’87-88 come responsabile del palinsesto. Voleva rilanciare la rete. In quegli
anni divennero mitici i programmi Un giorno in pretura e Chi l’ha visto? Da quando è nato, Blob è appeso a un filo. Io dissi che ci doveva essere anche la Fininvest. Guglielmi
accettò. Abbiamo avuto critiche ma è andata» (da un’intervista di Alain Elkann) • «Per me che un film sia piacevole, ben fatto, rappresentativo, interessante per
gli attori che vi recitano, o per la trama che si sviluppa, per le piccole o
grandi notazioni sociologiche, non vuol dire quasi nulla. Sono piaceri alquanto
comuni, si trovano ovunque. E allora trovo se mai fascinoso quel tanto di senso
che comunque si impiglia nei film e che lascerà a loro comunque, dopo mesi o anni o decenni o giorni, una certa grazia
documentaria. Rarissimo e appassionante, un godimento proprio, è quando il film tocca in certi momenti quell’intensità impersonale che nel cinema è centrale».