Il Catalogo dei viventi 2007, 6 luglio 2011
GALIENA
Anna Roma 22 dicembre 1949. Attrice. Tra i suoi film: Il marito della parrucchiera (Leconte, 90), Il grande cocomero (Archibugi, 93), Senza pelle (D’Alatri, 94), La scuola (Luchetti, 95), Come te nessuno mai (Muccino, 99) • «Un metro e ottanta, una sensualità elegante e travolgente» (Claudia Provvedini) • «Me ne sono andata dall’Italia prima ancora di capire che avrei voluto fare l’attrice: mio padre, un uomo borghese, laico e illuminato aveva per il mio
avvenire progetti quieti e ordinati: sognava per me una carriera accademica,
mentre io volevo solo disobbedire. Da piccola, forse per gioco, pensavo al
balletto: a undici anni facevo parte del corpo di ballo dell’Opéra e quando papà mi tolse di lì perché temeva sottraessi troppo tempo allo studio, ne patii profondamente. Fino ad
allora ero stata una creatura estroversa, solare. Poi iniziò un periodo d’introspezione, connotato da una grande curiosità intellettuale: scaffale per scaffale, metodicamente, ho letto tutti i libri di
casa. A diciott’anni ero una ragazza assolutamente cerebrale, convinta che nel mio futuro ci
sarebbe stata la scrittura. Per questo rifiutai sdegnata di fare un film del
filone “post Decamerone”: dovevo vestire - ma sarebbe meglio dire svestire - i panni d’una giovane ingenua, mostrando un po’ di sedere e un po’ di seno. Gli amici mi invitavano ad accettare usando argomenti come “usa il sistema, prendi i soldi e non svendere la tua libertà”»
• «L’America mi parve subito il luogo giusto. Lì i provini sono aperti: ti presenti e, se vai bene, sei scritturata. Mi
presentai per un provino importante, dovevo fare Giulietta. Ero troppo alta per
quella parte, ero tanta, formosa, appariscente al punto di fermare il traffico,
come si dice. Non ero adatta, non mi vedevo affatto nel ruolo dell’adolescente innamorata di Shakespeare. Ebbene, la spuntai. Mi sentii come Judy
Garland in È nata una stella» • «Il marito della parrucchiera. Ero fidanzata con un attore molto simpatico e con lui leggevo questa
sceneggiatura, che mi avevano inviata. Leggevo e piangevo, mi disperavo, e lui,
il mio amore, insieme con me. Ci guardavamo negli occhi e io mi sfogavo: “È troppo bella questa parte, non ci riuscirò mai! Non posso farla, non ne sarò capace!”. Poi, d’improvviso, una vocina dentro ha cominciato a sussurrare: “Smettila di lamentarti! Buttati, o la va o la spacca!”».