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 2011  luglio 06 Mercoledì calendario

FRANZONI

Flavia Reggio Emilia 1° febbraio 1947. Moglie di Romano Prodi. «Sono stata più apprensiva come moglie del Presidente del Consiglio in Italia che non della
Comunità europea a Bruxelles» • Il padre, Giovanni, è insegnante di chimica. La madre, Paola, si occupa della casa. Ha un fratello più giovane di sette anni, Alessandro, che fa l’assicuratore. 53-66: frequenta le scuole pubbliche della sua città fin dalle elementari. Dopo le medie, si iscrive al liceo scientifico
Spallanzani, dove prende la maturità. è intanto attiva nella Gioventù dell’Azione Cattolica. 65: Al circolo cattolico cittadino “Leonardo”, comincia a frequentare un suo lontano cugino, Romano Prodi. Lei ha 18 anni e
fa l’ultimo anno di liceo, lui 25 ed è già laureato in Giurisprudenza alla Cattolica di Milano. 66-71: iscritta alla
facoltà di Scienze politiche dell’Università di Bologna, si laurea in Politica economica con Beniamino Andreatta. 69: sposa
Romano Prodi con una cerimonia a cui partecipano 250 invitati. La messa è celebrata dal parroco, mentre l’omelia è pronunciata da Camillo Ruini. La coppia si stabilisce a Bologna. 71: nasce il
primogenito Giorgio, oggi economista. Tre anni dopo il secondo figlio, Antonio,
che fa il biologo. 73: Comincia a insegnare alla Scuola per assistenti sociali.
Continua i corsi anche dopo lo spostamento della scuola all’interno dell’Università, dove oggi insegna Organizzazione dei servizi sociali. 80: lavora e poi dirige
l’Istituto regionale per i Servizi sociali, dove resterà per 20 anni. 95-96: partecipa con il marito Romano Prodi alla campagna
elettorale per le politiche, che saranno vinte dall’Ulivo. 2005, vigilia delle elezioni in cui il marito, a capo di una coalizione
di centrosinistra, si propone di scalzare Berlusconi (ci riuscirà): esce
Insieme (San Paolo editore), scritto a quattro mani con il marito, che vende in due
mesi 45 mila copie • «Scrive Biagi, citando come pietra di paragone l’immancabile (nei suoi pezzi) Eleanore Roosevelt, che Flavia Prodi fa “poca attenzione alla griffe… e molto a quello che pensa e che, raramente, dice”» (Il Foglio).