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 2011  luglio 06 Mercoledì calendario

FRACCI

Carla Milano 20 agosto 1936. Grande ballerina. Direttrice del Ballo dell’Opera di Roma • Padre tranviere, madre casalinga, entrambi con la passione del ballo, nell’ottobre del 46 è entrata alla scuola di ballo del Teatro alla Scala di Milano, il 31 dicembre 56
ha sostituito la prima ballerina Viletta Verdy nella Cenerentola di Prokofiev. Da allora ha ballato nei più prestigiosi teatri del mondo con i più celebri ballerini, da Nureyev a Vassiliev. Nella sua carriera ci sono anche
ruoli da attrice, tra cui quello della soprano Giuseppina Strepponi nel Verdi
televisivo (82) • «Mai se lo sarebbero immaginate la nonna Argelide e la mamma Santina, né tantomeno il papà, sergente maggiore, quando scriveva le sue lettere dalla Russia, per sapere
delle figliuole al casolare di Gazzoli degli Ippoliti. Chi si sarebbe
immaginato lì in campagna che la bambina di Luigi e Santina, quella più piccola, quella tanto brava a portare le oche al torrente, quella che sembrava
uno scricciolo e invece con una bacchetta in mano riusciva a tenere in fila il
drappello di ochette molto meglio delle sue coetanee, chi se lo sarebbe
immaginato che lei, proprio lei, avrebbe fatto tanta strada a passo di danza» (Lina Sotis) • «Da bambina abitavo in via Tommei, in una casa popolare. Il pregiudizio era
forte. Non si capiva la differenza tra ballerina classica e di varietà. Il termine era comunque equivoco. Prima avevo vissuto in campagna con mia
madre e mia sorella, mio padre era in guerra. Finita la guerra ci trasferimmo a
Milano, papà era tranviere. Da piccola mi piaceva muovermi. Ero un’attrazione tra i grandi che la domenica ballavano il liscio al laghetto
Redecesio, nel dopolavoro dell’azienda tranviaria. Così i miei mi portarono all’esame di ammissione per la scuola di ballo della Scala. All’inizio era una prigione, avevo fantasticato di ballare tango e valzer e mi
ritrovavo alla sbarra. Sognavo la campagna, la rumba, i miei conigli» (da un’intervista di Leonetta Bentivoglio) • «Mi sono trovata in un mondo che non cercavo, costretta a fare qualcosa che non
conoscevo, perché la danza non è stata una mia scelta. Da ragazzina, stavo alla sbarra, la mia mente era
distratta, tornava sempre agli spazi della campagna dov’ero vissuta. Ho viaggiato molto senza mai viaggiare realmente, sempre la stessa
traiettoria: casa, teatro, prove, albergo. Sono stata letteralmente strappata
dalla campagna. Per me bimbetta, ballare voleva dire tanghi, valzer, polke
nelle balere che frequentavano i miei giovani genitori, ballavo con mio padre e
tutti si fermavano a guardare. Quando però, alla Scala, vidi Margot Fonteyn nella
Bella addormentata mi sono trovata davanti a un faro che ha illuminato la mia vita. Facendo delle
radiografie per la cervicale, s’accorsero che avevo nel braccio un ago, probabilmente lasciato in un costume...
Non sono riusciti a capacitarsi di come non me ne fossi accorta. Ma io, quando
danzo, sono altrove» (da un’intervista di Francesca Pini) • è sposata col regista teatrale Beppe Menegatti: «La prima volta ci siamo incrociati in sala prove, alla Scala. Era il maggio del
54. Beppe venne con Visconti. Era il suo assistente per
Mario e il mago, un balletto di Mannino. Che però fu rimandato di un paio d’anni. Ma l’anno dopo, nel 55, per il mio passo d’addio, Beppe c’era. E anch’io, ricordo, andavo in teatro, a vederlo provare, dalla balaustra. Erano i tempi
di Visconti e della Callas: Vestale, Sonnambula, Traviata. Una stagione di collaborazioni straordinarie: Giulini, Bernstein. Circostanze
come quelle... ci vorrà un bel po’ di tempo perché possano ripresentarsi.. Qualche generazione, forse. Beppe era al centro di
tutto questo e a me sembrava... irraggiungibile» • «Non c’è mai stato un momento in cui mi sono sentita più importante di Beppe. Anzi. Forse per sfortuna, o forse per il suo carattere,
estremamente generoso, lui non ha oggi nel teatro italiano la posizione che
merita. Spesso è stato il primo a scoprire il talento di artisti poi divenuti grandi, come
Ferruccio Soleri, Antonio Gades, lo stesso Ronconi. Ma Beppe è il tipo che si fa vincere dagli affetti. Io sono una che parla poco. Ma
osservo. A volte noto segnali, in qualche modo premonitori, di situazioni che
poi, puntualmente si verificano...» (da un’intervista di Donatella Bertozzi).