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 2011  luglio 06 Mercoledì calendario

FIORELLO

Rosario Catania 16 maggio 1960. Comico. Imitatore. Cantante. Conduttore tv. «Io non so cantare, ma canto. Non so ballare, ma ballo. Non sono un imitatore, ma
imito. Non sono un attore, ma atto: e come atto io...» • «Uno dei pochi, se non l’unico, che sia oggi capace di tenere la scena con un mix così felice di umorismo e spettacolarità, inchiodandoci tutti davanti al video con la sua sola, straordinaria, presenza
scenica. Da solo, lui recita, canta, imita, satireggia, seduce, evoca e
stupisce. Osa aprire un sabato sera con il buio della radio. Si lancia in una
irriverente ma spassosissima parodia di Ciampi. Duetta con disinvoltura con
Ramazzotti e con la bellissima Bellucci. Riesce a essere così irresistibilmente trascinante da essere capace di convincere Bruno Vespa non
soltanto a ridere della sua imitazione, ma addirittura a farsi il verso da
solo, imitando il suo imitatore. Grandioso. Un mattatore solitario, ecco cos’è Fiorello. Un esempio ogni volta stupefacente di quello che si può riuscire a fare, in televisione, usando l’intelligenza, l’ironia e la leggerezza restando anni luce lontani dalla volgarità e dalla pesantezza dell’avanspettacolo» (Sebastiano Messina) • «“La mamma Rosaria, brava ragazza di Giardini Naxos, ha avuto qualche difficoltà a farmi nascere, e io qualche seria difficoltà a saltar fuori. Un cesareo da 64 punti, tanto che mia madre, dopo quello
strazio, sospirò: sia chiaro, dopo Rosario, nessuno”. E gli fece mettere nel secondo nome il richiamo alla Madonna dei Tindari, la
Madonna nera a cui era devota. Si sa che fine fanno le promesse. Mamma Rosaria
ebbe altri tre figli: Anna, nel 61, Catena detta Cati (l’eccentrico nome viene da una nonna), nel 66 e Giuseppe detto sciaguratamente a
suo tempo Fiorellino, e ora Beppe, nel 69. Forse non riusciva a resistere al
fascino di papà Nicola, appuntato radiotelegrafista nella Guardia di finanza, “che era nato a Letojanni, assomigliava a Clark Gable, e morì all’improvviso nel 1990 a una festa”. Allora se ne stavano ad Augusta, aspettando che Rosario raggiungesse
lentamente la quarta al liceo scientifico Principe di Napoli. “Nello show lo dico chiaro, l’unico mio titolo di studio è il battesimo. Studiare, ma si poteva? Augusta è un’isola, eravamo circondati dal sole e dal mare, fin da bambini si stava sempre
fuori, a giocare a ‘chiappeddi’, le pietre al posto delle bocce, in palio le figurine Panini”. Ma poi, come esercizio culturale, è riuscito a incidere una canzone pop sui versi di San Martino di Carducci, “La nebbia a gl’irti colli piovigginando sale”. E a farsi invitare dal rettore dell’Università Cattolica, Lorenzo Ornaghi, per un faccia a faccia con 1.500 studenti. Comunque
agli inizi, altro che ballerino. “Volevo davvero fare il calciatore. Ma gli anni del liceo erano gli anni delle
prime radio libere: Radio Marte, Radiorama, Augusta Centrale. Era il tempo
della
Febbre del sabato sera”. Tutti travolti da John Travolta? “Roba da poco, gare di disc jockey ai balli studenteschi. Ma uscivamo da un
grandissimo provincialismo, quando andare al cinema a Catania era un’impresa eroica”. L’esordio avviene come dj al Gran ballo della ragioneria, ma il primo spettacolino
vero è al bar, imitando Tutto il calcio minuto per minuto con le voci di Ciotti, Ameri e Bortoluzzi. Poi, corrente l’anno 76, si fa vivo il destino. A Brucoli, sei chilometri da Augusta, tirano su
un villaggio Valtur. Molti ci vanno a lavorare. E ne escono la sera con gli
occhi schizzati: “Voi non potete immaginare! Sono tutti milanesi! E si vestono con certe stoffe...
Nessuno aveva mai visto un pareo. Anzi, prima di andare militare, nella Caserma
Milano a Bari, Car e Car avanzato, non ero mai uscito dalla Sicilia, Milano era
un altro pianeta, e i milanesi marziani”. A quei tempi i ragazzi li mandavano a lavorare, d’estate: “Andavo a vendere la lattuga con l’Apecar, facevo il banditore: donne, lattuga fresca! Cinquecento lire al giorno”. Solo che il Valtur era un paradiso off limits. Impossibile entrare, anche il
ristorante era un miraggio. “Allora una sera tagliamo la rete metallica, entriamo vestiti da turisti, e ci
appare davanti la meraviglia: i suoni, la festa, belle donne, ricchezza,
gozzoviglio puro. Ci beccano subito. Voi che camera avete? ‘La Seicentoventicinque!’. La faccia di bronzo non basta. Sguardo clinico dell’uomo della sicurezza e poi la sentenza: ‘Fuori’”. Da quel momento, l’imperativo divenne: lavorare al Valtur. “Anche perché era un buon lavoro, si facevano i turni, 6 ore e 40, e soprattutto dopo il
lavoro si poteva restare nel villaggio. Seguo la trafila: ufficio di
collocamento, lista d’attesa, assunzione come facchino di cucina. Sa che cos’è il facchino di cucina? Un paria, uno che è un gradino sotto il lavapiatti. Ma io cercavo di lavorare bene, come ho sempre
fatto, qualunque fosse il lavoro”. In modo da fare una modesta ma sicura carriera: aiuto cuoco, detto anche “commis di cucina”, poi cameriere, posto molto ambito nella gerarchia del villaggio, con la fascia
rossa in vita che fa il suo effetto. “Facevo gli show ai tavoli, le imitazioni, e piacevo. Qualcuno chiedeva al
caposala: ‘Mi mette dove c’è quello moro?’. Ma soprattutto dal ristorante vedevo il bar, cioè la vita, la mondanità: e alla fine al bar sono riuscito ad arrivare”. E il bar è la svolta. “Come no: alzo gli occhi e vedo l’anfiteatro dello spettacolo serale. Faccio i miei show al banco, con i clienti
che si incuriosiscono. Un giorno vedo l’asta del microfono che mi tenta, mi avvicino, la afferro e faccio: sssà, sssà; e parto con Moonlight Serenade, inventando tutte le parole”. La gente lo nota, e Fiorello ottiene l’occasione per qualche piccolo show. Solo che proprio allora, dopo alcuni rinvii
per ragioni scolastiche, arriva la cartolina precetto. Casermette di Bari, “la prima vera difficoltà della mia vita”. E allora? “Mi dico: qui, o mi diverto o crepo”. Erano anni difficili, con le Br che avevano fatto razzie nelle armerie
militari, si faceva la guardia con il colpo in canna nel Garand. “Eppure ci provo, a divertirmi. Imitavo il colonnello comandante, il tenente, l’ufficiale di picchetto. Mi mettono nel plotoncino d’onore, con i galloni da caporale, mi faccio un coso così con le marce e le esercitazioni. E quando credo di essermi guadagnato una
posizione, l’Esercito italiano mi manda a Sacile”. Vicino a Pordenone, profondo Friuli. “Per un siculo come me era la Siberia, una Finlandia, muschi, licheni, il grande
Nord. Ma era gente meravigliosa, che voleva un gran bene ai militari, dopo il
terremoto di Gemona. Il giorno del congedo m’è venuto da piangere. Nel frattempo anche lì ho cominciato a fare spettacolo: cameriere nella mensa sottufficiali, metto su
una band, faccio il presentatore a tutte le feste: Natale, Capodanno, Pasqua,
niente licenze perché per tornare a casa ci vogliono 21 ore di treno, chi li aveva allora i soldi per
l’aereo?”. Quando ritorna al Valtur, il capovillaggio, Enzo Olivieri, non vuole più assumerlo come cameriere. “Mi dice: vieni a fare l’animatore, e io arriccio il naso, perché si guadagna poco, e precariamente. Poi però comincio: senza le basi musicali, improvvisando tutto. Al mattino andavo in
spiaggia per farmi conoscere con qualche trovata. Travestito da papa, facevo la
benedizione dei cornetti. Così la faccia e il nome cominciavano a circolare, e la sera la gente veniva all’anfiteatro per vedermi”. è il decollo? “Macché. Olivieri se ne fila in Costa d’Avorio, e mi chiama con sé. è il primo bivio della mia vita. Mio padre contrarissimo, la fidanzatina pure. Ma
io mi dico, se rimango qui, ci muoio: e allora mollo la morosa e nell’83 vado laggiù in Africa, in un villaggio da parenti poveri del Club Méd. Capo animatore. Discreto successo, con i turisti che dall’Italia chiedevano di prenotare dove lavoravo io. D’inverno l’organizzazione mi mandava in montagna, a Marilleva, a Pila, a San Sicario. Una
sofferenza, perché la gente devi andare a cercartela sulle piste. E io ci andavo: a far vedere a
quelli delle settimane bianche un siciliano travestito da orso”. Nell’89, quando finisce la stagione a Marilleva, arriva una svolta ulteriore. “Conosco Bernardo Cherubini, che sarebbe il fratello di Jovanotti, e che faceva l’istruttore di tiro con l’arco nei villaggi: ‘Andiamo a Milano?’, propone. Si va. Lorenzo faceva Uno due tre Jovanotti, stava esplodendo; io, un
nessuno: mi hanno preso a fare le voci. Parlavo in radio parodiando un
ascoltatore di Bergamo, molto gutturale. Comunque Claudio Cecchetto, uno con la
vista lunga, mi osserva con l’occhio clinico e mi fa: ‘Ti faccio provare Radio DeeJay’. E qui siamo al secondo bivio”. Erano tempi difficili. Fiorello racconta di essere stato tentato più volte di tornare indietro. Con la radio di Cecchetto passava tutta musica
straniera, “e io invece facevo
Amico è di Dario Baldan Bembo, cose molto popolari. Ho una specie di buco nella cultura
televisiva, una voragine d’ignoranza vera, perché per un periodo sono stato sempre in giro per il mondo. L’Africa, la Spagna, Ibiza. Eppure forse per questo ho un mio stile, perché non mi sono fatto influenzare troppo”. Per fortuna ci fu la valvola di sfogo di DeeJay Television, anche questa di
Cecchetto, una specie di Mtv ante litteram: “Vera fucina di talenti. C’erano Linus, Amadeus, Albertino, Jovanotti, Pieraccioni, e ho cominciato a fare
un programma con Amadeus, Mattinata esagerata, e i primi personaggi, cioè le parodie di Michele Cucuzza e Bruno Vespa. Mi inventai la macchietta del
meccanico della Vespa di Bruno Vespa. Ma mi sentivo ancora un pesce fuor d’acqua, i vecchi clienti mi guardavano perplessi: ‘Al villaggio eri un’altra cosa’, insomma non ero contento. Oltretutto, nel 90 Radio DeeJay mi manda al Festival
di Sanremo, e mentre sono lì sulla Riviera squilla il telefono: torna a casa perché papà è morto. è per questo che Sanremo ancora oggi mi prende la gola. All’improvviso la mia vita prese tutta un’altra piega. Incontrai Marco Baldini, che oggi è il mio alter ego. Nacque
Viva Radio DeeJay, che è l’antenato di Viva Radio 2. E Gerry Scotti, che mi aveva sentito fare il cantautore ermetico Gregorio De
Francesco, mi chiamò al Gioco dei 9, con Teo Teocoli e Gene Gnocchi. Va tutto benino. Così vengo preso per il Cantagiro, con Mara Venier e Gino Rivieccio. Di me scrivono:
‘Sta nascendo una stella. Bisogna ucciderla prima che uccida noi’. Sembrava che gli avessi fatto qualcosa. Finché Fatma Ruffini annuncia: ‘Abbiamo un format olandese, per fare una cosa giapponese, il karaoke. Sfruttiamo
le bellezze dell’Italia, le piazze, facciamo un programma che non costa niente e vediamo se da
cosa nasce cosa’”» (da un’intervista di Edmondo Berselli) • Con il Karaoke, in onda su Italiauno alle otto di sera, Fiorello ogni sera è in una piazza diversa e fa cantare la folla che lo assedia sotto il palco.
Improvvisa, gioca, scherza. Il suo codino diventa popolarissimo. Da lì comincia la sua grande carriera di showman • «Il programma più bello e più importante della tv italiana va in onda tutti i giorni sulla radio, si chiama
Viva Radio 2 e lo si può sentire in diretta alle 13.40 ma anche in replica alle 23 e alle 7 del mattino.
è anche possibile scaricarlo in podcasting o seguirlo, sempre via Internet, con
una webcam. C’è un solo piccolo particolare: Viva Radio 2 non viene ancora trasmesso su una rete generalista, ma dal punto di vista
mediatico, il dettaglio è del tutto insignificante. Non tanto perché Fiorello filma tutte le sue puntate (e potrebbe quindi mandarle in onda, ad
esempio su RaiSat Extra) quanto piuttosto perché Fiorello è al centro della scena televisiva, anche se non vi appare. Le tv riferiscono
meticolosamente dei suoi incontri in radio, dei suoi spettacoli teatrali (l’ultimo, formidabile,
Volevo fare il ballerino, con una mezz’ora finale di improvvisazioni, degna dei grandi entertainer di Broadway), dei
suoi spot (l’ultimo, con la gag della ripetizione del numero 159 con Mike Bongiorno, vale più tanti programmi cosiddetti comici). Blob non si fa mancare un incontro.
Apparire in tv, per Fiorello, è l’ultimo dei problemi. Se mai il vero problema, non suo, è che Viva Radio 2 ha fatto di colpo invecchiare tutti gli altri programmi radiofonici, li ha resi
pateticamente vecchi, li ha letteralmente “smascherati”. A Edmondo Berselli (non è meraviglioso che un fine politologo diventi biografo di un grande artista?) ha
confessato: “Dopo una vita movimentata da cameriere, dj, cantante e animatore, con Susanna ho
conosciuto il cambiamento vero perché lei era ed è una donna che mi ha portato in casa la stabilità con una figlia, Olivia, che adesso ha 13 anni ed è come figlia mia”. E mentre Susanna aspetta Angelica, si fa fatica a trovare, nella storia dello
spettacolo italiano, uno showman della versatilità di Fiorello, così emozionato di diventare padre da non porsi più problemi di affermazione, di identità. è il più bravo di tutti, per ora gli basta questo» (Aldo Grasso) • «Intrattenitore eclettico e trasversale, “personaggio unico in Italia”, dice Mike Bongiorno. E tutti, anche i colleghi, magari rivali, non possono che
essere d’accordo. Sanno, i colleghi, che se vanno da Fiorello la loro personalità sarà esaltata, e non schiacciata, da quella, pure prorompente, del conduttore. Non
si fa impressione da solo a contare i talenti, non teme l’invidia degli dei, essendo ricolmo di doni naturali? “Ma no, io non ho pretese, mi basta essere quello che sono”. E hai detto niente: a molti piacerebbe essere quello che è lui. Nonostante abbia passato i suoi momenti di difficoltà, gli inciampi di una carriera cominciata dai sempre citati villaggi turistici.
Che gli sono comunque serviti molto. “è lì che ho imparato a intrattenere, a improvvisare, a stare con la gente”. Ad essere garbato, pure. Fin dai tempi del karaoke su Italia1, lui non
sfotteva i concorrenti stonati: “Un capo villaggio mi disse: ‘Devi sempre pensare che accanto a te ci siano tuo padre e tua madre. Ti darebbe
fastidio se qualcuno li prendesse in giro?’ ‘Io mi arrabbierei da morire’, risposi. ‘E allora è semplice, non prendere mai in giro nessuno’”. Così Fiorello ha fatto, e così è passato da tipico esemplare di tv usa e getta, figura antonomastica di scemenza
catodica, a “fenomeno mediatico”. Spettacolo puro» (Alessandra Comazzi) • «Ero un bambino timidissimo. Alle medie ho cominciato ad alzare la cresta, al
liceo sono esploso. Facevo casino, ma non ero un ribelle. Ad Augusta, Liceo
scientifico “Andrea Saluta”, e già lì, su ’sto nome... Saluta questo, saluta quello... A 17 anni ho cominciato a
frequentare i villaggi turistici, e ho avuto la fortuna di non essere
ostacolato dai miei genitori. E non ero figlio d’arte, mio padre era un militare della Guardia di Finanza. Io me lo sentivo, che
dopo il successo del karaoke mi toccava andar giù. Sono
andato giù, ma poi ho avuto un merito che mi riconosco: quello di saper aspettare.
Continuando a lavorare. Ho fatto Matricole, ho fatto il Festivalbar, Costanzo ha dato l’avvio alla seconda fase della mia carriera, e anche Baudo mi ha aiutato. Poi nel
2001 arrivò Ballandi, il produttore, e mi disse che secondo lui potevo avere il sabato sera
di Raiuno. Mi dissi: se mi va male questa volta mi ritiro» • «Ha ragione Luttazzi, che in ogni intervista mi cita sempre per spiegare la
differenza tra satira politica, ficcante, e una sana presa in giro bonaria che è quella che faccio io, e non mi sento per questo un deficiente, è che ognuno deve fare il suo, io ho un’estrazione da villaggio turistico, più in là di tanto non posso andare, ma non posso accettare che se dico a un politico che
è pelato, questa sia una violazione delle regole. Qualcosa mi arriva sempre, ma
penso che non siano direttamente i politici, ma i collaboratori. Sirchia,
quando gli hanno detto della gag sul fumo si era molto arrabbiato, poi però l’ha vista e mi ha chiamato per dirmi che andava bene. Io del resto non vedo l’ora che mi succedano le cose. Se racconto una barzelletta non ride nessuno, sono
negato, io devo raccontare le cose che mi succedono. Per esempio: la mattina
esco sempre con le cuffie perché ascolto i pezzi che devo imparare per il programma. Il portiere tutte le
mattine mi saluta, e io, anche se non sento quello che dice gli rispondo: ciao
Velio, tutto a posto! Dopo tre giorni è arrivato a casa e ha detto a mia moglie: senta scusi sono tre giorni che dico a
suo marito che c’è il condominio da pagare e lui fa finta di niente» (da un’intervista di Gino Castaldo) • «Negli Anni Novanta alcuni “beati costruttori di opinioni” diffusero la teoria della “contaminazione”, secondo cui ogni ragionamento, per fare presa, doveva saper passare dal
filosofo Heidegger allo showman Fiorello. Dieci anni dopo, l’influenza di Heidegger appare piuttosto limitata, mentre Fiorello ha orbitato
intorno al proprio tramonto, riapparendo allo zenit della popolarità» (Gabriele Romagnoli) • «è passato un altro tram e ci sono salito sopra. Quella cosa che i tram passano
una sola volta è una fesseria. Ho sempre pensato che avrei avuto una seconda opportunità. Mi sono spinto fuori da solo. Ho sbagliato io. Mi hanno fatto girare la testa,
è vero, ma ho ballato da solo. Sai che c’è? Non avevo le palle. Avevo trent’anni ma non bastava, non per come avevo vissuto io. Quindici anni nei villaggi
turistici mi avevano portato fuori dal mondo. Lì la vita è vacanza. La gente non è vera, sono turisti» • «Dopo il Karaoke non sapevo più chi ero, mi voltavo e vedevo tutti i miei cloni, gente con la coda e la giacca
gialla. Chi ero? Così è facile perdere il contatto con la realtà, non sai più chi sei. Un cretino che girava l’Italia» • «Ringrazio Gian Piero Solari che mi ha insegnato il segreto: “Prepara tre ore di spettacolo e improvviserai un’ora e mezzo senza problemi”» (da un’intervista di Paola Pollo) • Sull’amicizia con Maurizio Costanzo ai tempi di Buona domenica: «Lo facevo ridere durante delle pause pranzo, per lui tristissime: Maria De
Filippi l’aveva messo a dieta» • Il primo incontro con Silvio Berlusconi, ad Arcore: «Cantai Sinatra, lui apprezzò. Mi prese sottobraccio per darmi consigli pratici sulla carriera» • Il 28 giugno 2006, a Roma, la moglie Susanna Biondo (nata nel 1965) gli ha dato
una figlia, Angelica. Fiorello ha deciso di non vendere le foto ai giornali. La
stessa scelta era stata fatta in quei giorni da Matthew Broderick e Sarah
Jessica Parker • Tifa per l’Inter.