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 2011  luglio 06 Mercoledì calendario

FIORANI

Gianpiero Codogno (Lodi) 12 settembre 1959. Banchiere. Ex Amministratore delegato della
Banca Popolare di Lodi. Arrestato il 13 dicembre 2005 nell’ambito delle inchieste sull’Opa ad Antonveneta. «Non finirò all’inferno, ma mille anni in purgatorio» (prima della catastrofe) • «“Lavorare in banca? Fossi matto”. Iniziò così la rapida ascesa di Gianpiero Fiorani nel mondo bancario nazionale. È stato lui stesso a raccontarlo: “Mi stavo facendo un uovo. È arrivato Carlo Cantamessi, allora presidente della Popolare di Lodi, e mi ha
detto: vieni a lavorare in banca. E io: fossi matto”. Il giovane diciannovenne di Codogno sognava di fare il cronista. E su questa
strada lo aveva iniziato Valerio Manfrini, sindaco di Lodi, amico di
Cantamessi. Aveva già scritto nelle pagine di nera del Cittadino di Lodi e poi dell’Avvenire quando nel 78 ha deciso di mollare tutto. Con un diploma da ragioniere
in tasca, Fiorani si È fatto trascinare dietro uno sportello per poi non lasciarlo più. Nell’82, dopo la laurea in Scienze politiche È diventato funzionario, il primo passo della sua scalata ai vertici della
Popolare di Lodi. Da lì in poi ha inanellato una dietro l’altra le tappe che hanno scandito l’espansione della Lodi: l’acquisto della Mercantile da Fondiaria, poi la Banca del Sud, la Adamas a
Lugano, quindi l’Iccri, l’Efibanca, le Casse del Tirreno, fino a quella di Imola. Quando, però, È andato alla conquista della Popolare di Crema, nel 99, Fiorani aveva già raggiunto la poltrona di amministratore delegato dell’istituto lodigiano. Un terzo della banca popolare fu rastrellato per mano di una
serie di società off-shore, ma degli investitori, nessuna traccia. A poco servì anche il faro di Consob e Bankitalia, sollecitate dalla stessa Crema. Perché nel 2000 la Lodi lanciò l’Opa sull’istituto e furono in molti a beneficiare delle plusvalenze. Ma le indagini
avviate dalla magistratura su quella scalata finirono in archivio nell’estate del 2003. E quell’incidente di percorso non ha frenato la corsa del banchiere Fiorani» (Roberta Amoruso) • «L’estate calda di Gianpiero Fiorani, che stava per diventare uno dei banchieri più potenti d’Italia, È durata veramente poco. Nel giro di meno di sei mesi È passato dai trionfi azionari alle dimissioni e al carcere. Se a luglio 2005 era
convinto di aver già in mano il controllo della Banca Antoveneta (contesa anche dagli olandesi della
Abn Ambro), all’inizio di agosto si trovava sotto inchiesta da parte della magistratura, con le
azioni Antoveneta sequestrate, e, da lì a poco, spinto alle dimissioni da tutte le sue cariche nel gruppo Banca
Popolare di Lodi (nel frattempo ribattezzata Popolare Italiana per prepararla
ai più alti destini a cui sembrava destinata). In Italia Fiorani non È il primo raider che conclude la sua carriera in modo drammatico, ma È certamente quello che È durato meno e, in un certo senso, È stato anche il primo raider istituzionale. Nel senso che si È mosso sotto l’ala protettrice della Banca d’Italia, cosa mai successa in questo paese. La sua carriera È molto semplice e lineare fino al gennaio 2005. Sbarcato quasi per caso nella
Popolare di Lodi, sonnolenta banca di provincia per facoltosi agricoltori e
vivaci commercianti locali, ne cambia rapidamente la natura, facendone un
istituto molto dinamico che si lancia nell’acquisto di altre banche di periferia. Cattolico, tutto casa, ufficio e
famiglia, entra presto nelle grazie del governatore della Banca d’Italia, Antonio Fazio, che non È molto diverso. Se Fiorani ha l’animo del grande conquistatore di banche, Fazio ha quello del monarca assoluto.
E quindi gli va bene questa specie di colonnello che si incarica di terremotare
la geografia bancaria del Nord. Al governatore i grandi banchieri di Milano e
di Torino stanno francamente sulle scatole. Sono bravi, girano il mondo e hanno
l’aria di essere un po’ troppo indipendenti. E, soprattutto, pensano. Una volta sono arrivati
addirittura al progetto di fare un’Opa sulla Comit e sulla Banca di Roma. Lui li ha fermati, grazie ai suoi
super-poteri, ma da quel giorno non si È più fidato. Da lì l’idea di trovare qualcuno che prendesse le misure ai Signori del Nord. Insomma,
Fiorani. Un uomo con un pedigree bancario quasi ridicolo (la Lodi e basta, mai
stato in una banca più grande), ma spregiudicato e fedele. E allora via con il sostegno pubblico,
ostentato, nelle riunioni dei banchieri e, privatamente, l’invito a procedere. Quando all’inizio del 2005 gli olandesi dell’Abn Ambro (stufi di sentirsi dire di no dal governatore), decidono di lanciare
la loro Opa sulla Banca Antoveneta, Fiorani e Fazio sono già pronti. Il primo si mette a comprare azioni di nascosto (servendosi di una rete
di complici ai quali assicura lauti guadagni), il secondo tira tardi nella
concessione delle autorizzazioni agli olandesi. Quando finalmente queste
arrivano (perché non si può fare altrimenti), Fiorani e i “furbetti del quartierino” (per il significato di questa espressione vedi RICUCCI Stefano) sono già pieni di azioni Antoveneta e sono in grado di far fallire l’Opa. Ma gli olandesi presentano un esposto alla magistratura nel quale parlano
dei loro sospetti. Scattano le indagini che porteranno prima al sequestro delle
azioni Antoveneta comprate di nascosto (senza lanciare una regolare Opa), e poi
alla rovina dello stesso Fiorani» (Giuseppe Turani) • «Passerà alla storia per aver inaugurato il melodramma del governatore. Sono le 00.12
del 12 luglio 2005: Antonio Fazio ha firmato il via libera all’Opa della Popolare di Lodi su Antonveneta e telefona a Fiorani. Il quale
reagisce così: “Tonino, sono commosso. Ho la pelle d’oca, ti darei un bacio in fronte”. Ecco le parole che consegneranno il banchiere arrestato alla storia. Di lui si
sapeva già che era il pupillo del numero uno di Bankitalia. Ma la telefonata testimonia
una inaspettata intimità. Intimità familiare. Perché le intercettazioni hanno rivelato al pubblico anche la relazione tra Fiorani e
la moglie del governatore, Maria Cristina Rosati. Il 24 giugno la signora Fazio
rassicura il banchiere. Che le dice: “Tu sei l’aquilone. Devi volare alto”. E il 18 luglio i due parlano di un versamento. A chiarire sarà il senatore Luigi Grillo: “5 mila euro di beneficenza per i legionari di Cristo, nelle cui file milita la
signora”. E del resto la più giovane figlia di Fazio, Maria Chiara, ha preso i voti in un ordine femminile
vicino agli stessi Legionari. Lo aveva preannunciato sempre Grillo. Il quale da
due anni ha un conto presso la Lodi e un fido di 250 mila euro. Fiorani È di casa da Antonio e Maria Cristina. È stimato dal figlio di Fazio, Giovanni, che parla di lui come uno dei migliori
top manager del credito. Ma il banchiere che il governatore ha scelto per
difendere l’italianità di Antonveneta contro gli olandesi dell’Abn Amro È anche accorto nella scelta di presenti per la famiglia. Del tipo: una
stilografica e una tv per il governatore; collane e braccialetti d’oro per le figlie; un orologio per la signora Maria Cristina; qualche pezzo di
argenteria. Una piccola montagna di omaggi che, prim’ancora di essere tributi del controllato al controllore, testimoniano familiarità. Una consuetudine già esibita. Nelle passeggiate che hanno seguito il Forex. Nel 2002 la “prima” a Lodi, nel 2005 a Modena: Fazio cammina con i suoi banchieri prediletti. A
braccetto. Solo con una differenza: Fiorani e Gnutti ci sono sempre. Mentre
Cesare Geronzi di Capitalia la seconda volta non compare. C’È dunque solo lui, “Gianpi”, come lo chiama Maria Cristina. È il massimo riconoscimento per la scalata: in banca, alle banche e al cuore di
Fazio. Un tributo meritato. Perché il banchiere di Lodi ha sempre risposto sì al governatore. E ha azzeccato le operazioni “giuste”. Come quando ha salvato il Credieuronord, banchetta della Lega, guadagnando per
sé e Fazio il sostegno dei Lumbard. Una mossa che rappresenta solo un capitolo
della sua ascesa, a lungo inarrestabile. “Gianpi” comincia “per caso” da bancario e diventa subito banchiere. Il takeover al potere ha inizio con l’acquisto della Rasini, di cui È stato direttore il padre di Silvio Berlusconi. Poi, con lo shopping di 21
istituti, “moltiplica” la Lodi. Finché la corsa si interrompe alle porte di Antonveneta. E lui, che ribattezza la
banca in Popolare italiana, non passerà alla storia per aver salvato l’italianità del credito. Ma per per essere stato il banchiere del bacio, il più vicino a Fazio» (Sergio Bocconi) • Ha trasformato «in 26 anni la piccola Popolare di Lodi da 26 filiali e 500 miliardi di vecchie
lire di raccolta nella potente Popolare Italiana da mille filiali e 30 miliardi
di euro di raccolta» (Armando Zeni) • Arrestato il 13 dicembre 2005 per aggiotaggio, associazione a delinquere,
insider trading e appropriazione indebita, È stato tenuto in carcere fino al 10 aprile 2006, giorno in cui gli sono stati
concessi gli arresti domiciliari. In questo periodo avrebbe fatto ai magistrati
un quadro completo ed esauriente delle sue attività e delle sue complicità. Avrebbe ammesso con i magistrati di aver occultato durante la sua attività 700 milioni di euro • «Da parecchi giorni ormai Fiorani, che adesso È imputato di associazione a delinquere, sta raccontando ai pubblici ministeri
milanesi i retroscena della fallita scalata alla Banca Antonveneta. Sta dicendo
di essere a capo di una rete di uomini potenti (soprattutto politici e
banchieri) addetti al saccheggio della Banca di Lodi mediante informazioni
riservate, operazioni all’estero, acquisizioni o vendite fittizie, giochi di Borsa eccetera. Quando queste
operazioni finivano male, gli amici di Fiorani interni alla banca ripianavano
le perdite aumentando ai clienti le commissioni e altre spese di conto. Bastava
per esempio addebitare a un milione di clienti 30 euro di “spese tenuta conto” per incassare 30 milioni di euro, cioÈ 60 miliardi di lire. Chi di noi bada a quei foglietti che la banca ci manda
tutti i mesi? Pochissimi, dicono le statistiche. E chi gioca coi soldi È in genere molto forte sulle statistiche» (Giorgio Dell’Arti) • I denari recuperati dai magistrati nell’inchiesta Antonveneta equivalgono a una piccola manovra finanziaria: 110 milioni
da plusvalenze sequestrate a clienti-prestanome; 94 milioni di plusvalenze
illecite realizzate dalla stessa Lodi ai tempi di Fiorani; 70 milioni personali
di Fiorani, occultati all’estero e che Fiorani s’È impegnato a far rientrare. In tutto poco meno di 300 milioni di euro, quattro
volte di più delle somme movimentate nell’intera operazione Mani Pulite • Sposato con Gloria Sangalli, tre figli.