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 2011  luglio 06 Mercoledì calendario

FERRÈ

Gianfranco Legnano (Milano) 15 agosto 1944. Stilista • «Grande stilista lombardo purosangue, formato architetto (laurea al Politecnico
nel 69) e finito a disegnare abiti (prima sfilata nel 78). Icone tante: Lauren
Bacall, Mia Farrow, Marisa Berenson, Jane Russell, Elizabeth Taylor. Clienti
famose top secret. “È un problema di formazione”. CioÈ? “La mia È stata molto seria, chez Dior» (Paola Pollo) • «Creatore di moda, prima quella non da ribalta degli accessori, poi quella di
stilista mimetizzato dietro altre etichette, perché gli esordi sono del 68, quando era alla vigilia della laurea in architettura.
Il fiuto di Rosy e Ada Biffi, allora proprietarie di una boutique in via Fabio
Filzi a Milano, l’intuito di Franco Limonta che gli chiese una collezioncina di pelle, l’occhio delle “talent scout”, Ileana Spinola e le giornaliste Anna Riva, Maria Pezzi, Elisa Massai, le
passerelle di Mare-Moda-Capri, l’incontro con Franco Mattioli, un self-made-man delle confezioni, e i quattro
anni di bozzetti, di disegni per la linea Baila. Prima sfilata in proprio,
firmata nome e cognome nell’autunno 1978. Lo studio-casa di via Conservatorio negli anni del darsi da fare,
del lavoro anche per Limonta, per Walter Albini (“Non È stato il mio maestro. Il nostro era un rapporto di scambio. Per lui, mi
occupavo di accessori e di ricerche. La mia non era una condizione di
assistentato. Ero un architetto già formato, con idee mie che gli funzionavano. Albini, lo sentivo geniale ma
chiuso in un suo guscio. Ero un neofita, ma il suo atteggiamento edonistico non
mi coinvolgeva”), per gli impermeabili San Giorgio e finalmente per Mattioli. In quegli anni,
FerrÈ stava con un piede in via Conservatorio e con l’altro a Legnano, la città dove È nato, in via De Amicis, la casa della madre e delle zie, capaci d’amore, di severità e di prodigi gastronomici come gli gnocchi di patate conditi con sbriciolatura
d’amaretti saltati in padella con salvia. “Era il 1972. I primi guadagni mi permisero di comperare due lettini da
psicanalista. Erano di Mies Van der Rohe”. La maison Dior in avenue Montaigne, il suo debutto come direttore artistico,
come stilista alla testa di un leggendario atelier d’alta moda di Parigi. “Otto anni. Una straordinaria esperienza. Mi È servita tanto. Ho preso più scioltezza. Ho imparato a mettere gli spilli con criterio, a tirare linee non
con la biro, ma con un bindello spillato che ti dà l’andamento del tessuto. La bottega Dior mi ha insegnato a sfruttare l’aria che una donna muove camminando, se voglio che l’abito abbia un fruscio, che si gonfi. Vado avanti muovendo dal mio passato. Il
metallo mi piaceva allora e oggi. Una volta lo usavo in grandi superfici, oggi
sono più ridotte. Il rumore del tessuto È un’altra costante che m’affascina, come il bianco”» (da un’intervista di Guido Vergani).