Il Catalogo dei viventi 2007, 6 luglio 2011
FAVINO
Pierfrancesco Roma 24 agosto 1969. Attore. «Se una donna dice: “Questo fa sangue”, mi fa piacere» • «Interprete di tanto cinema d’autore (Romanzo criminale, El Alamein, Da zero a dieci, Amatemi, L’ultimo bacio), fa il grande salto come protagonista nella fiction Bartali - l’intramontabile di Alberto Negrin che ricostruisce la storia umana e sportiva del rivale
storico di Fausto Coppi. Favino ha pedalato (“più di cinquemila chilometri e sono sopravvissuto”), ha studiato i filmati, letto articoli e rivisto materiale d’archivio. Poi ha seguito il consiglio del suo mito, Sergio Castellitto (“Se mi chiedono: ‘Da grande chi vorresti diventare?’, rispondo: Castellitto”), “di leggere tutto e dimenticare tutto: di portare sullo schermo il ‘mio’ Bartali. Un uomo concreto. Tenace”» (Silvia Fumarola)
• Ha sempre pensato di fare l’attore? «Fin da ragazzino. Dopo il liceo mi sono iscritto all’Accademia d’arte drammatica. Era l’unica cosa che volevo fare nella vita» • «Accademia, teatro, tv, cinema. Un percorso di crescita graduale. Più che la faccia o il corpo, è importante il lavoro. Cerco la semplicità che ammiro nei grandi» • «Girai Amico mio, una serie tv sui medici (93). Fu allora che qualcuno cominciò a riconoscermi per strada, e che mi resi conto del meccanismo televisivo: sei
tu che decidi di entrare in casa della gente, quindi è giusto che la gente della tua immagine faccia quello che gli pare. Questo non
era in sintonia con quello che desideravo. Oggi c’è una generazione di interpreti come non se ne vedeva dagli anni Sessanta. Se
riuscissimo a organizzare il nostro talento come fanno gli americani avremmo
prodotti migliori dei loro, perché siamo più colti ed elastici».