Il Catalogo dei viventi 2007, 6 luglio 2011
FALK Rossella (Rossella Falzacappa) Roma 10 novembre 1926. Attrice • «Il mondo dello spettacolo non lo fanno, per fortuna, veline, talk show e fiction tv
FALK Rossella (Rossella Falzacappa) Roma 10 novembre 1926. Attrice • «Il mondo dello spettacolo non lo fanno, per fortuna, veline, talk show e fiction tv. Lo fanno gli artigiani della scena: attori, artisti, compagnie che lasciano un segno, un gusto, uno stile. Tra le più celebri della nostra storia, la Compagnia dei Giovani - Giorgio De Lullo, Romolo Valli e Rossella Falk - è stata, nella seconda metà del secolo scorso, uno dei modelli più appassionati e vivaci di teatro» (Anna Bandettini: a questi tre nomi bisogna aggiungere quello di Elsa Albani) • «De Lullo lo avevo incontrato per caso. Era con un amico comune, in strada. Piazza Mazzini a Roma. Giorgio, gran seduttore, mi squadrò e disse: “Venga all’Accademia”. Perché? gli risposi io. “Perché lì sono tutte racchie. Lei è bella”. Punta nella vanità, ci andai. Fui ammessa, divenni attrice. Fu dopo, nella primavera del 54, che pensammo di dar vita a una compagnia che poi la critica chiamò dei Giovani. Sennonché De Lullo e Valli lavoravano al Piccolo di Milano, erano in tournée in Sudamerica. Mi lasciarono sola a preparare tutto, con Remigio Paone, il nostro impresario, un napoletano pieno di fantasia, senza il quale non saremmo nati» • «De Lullo, che divenne regista perché non c’erano i soldi per pagarne uno esterno, era il poeta della compagnia, un pensatore. Valli, era il nostro Paolo Grassi, organizzatore, preciso, un uomo di estrema cultura e una memoria di ferro. Io? Io ero una che non pensava ma arrivava alle cose per intuizione, e Romolo si arrabbiava. “Come fai ad arrivarci subito alle cose?”, mi diceva» • «Per vent’anni nessuno di noi ha mai tentato di primeggiare. Perfino con la Bugiarda che Diego Fabbri scrisse per me, avevamo pensato solo al pubblico e al piacere del pubblico» • La compagnia si sciolse nel 74 per motivi economici. «Si navigava nei debiti. Eravamo dei privati che facevano lavoro da teatro stabile pubblico. Non ce lo riconobbero mai. Nel 72 chiedevamo dallo Stato un aiuto, una casa per fermarci. Avevamo 40 commedie in repertorio. Invece la politica ci lasciò soli. E per noi il teatro costava troppo. Forse Valli e io eravamo anche diventati troppo importanti per adattarci ancora alle esigenze della Compagnia...».