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 2011  luglio 06 Mercoledì calendario

EPIFANI

Guglielmo. Roma 24 marzo 1950. Segretario generale della Cgil. Dal 2002. Succede a Sergio Cofferati. Resterà in carica fino al 2010. «Prima di iscrivermi al Psi, mi consigliai con il mio sacerdote. Per fortuna non
ho seguito il suo consiglio».



VITA Ha iniziato la carriera alla Cgil nel 74 nella casa editrice Editrice Sindacale
Italiana e poi nell’ufficio economico. In quel periodo ha lavorato con Giuliano Amato. Nel 79 ha
ottenuto il primo incarico politico, segretario generale aggiunto dei
poligrafici di cui nell’83 è diventato segretario generale. Nel 91 è entrato nella segreteria confederale chiamato da Bruno Trentin. L’anno successivo è stato eletto segretario generale aggiunto della Cgil, al posto di Ottaviano Del
Turco. Nel 94 è diventato vicesegretario della Cgil
• «Quando ero piccolo i miei genitori mi portavano a Rimini per un mese e mezzo. Ci
ho passato sedici estati della mia vita. Mi manca quell’atmosfera, molto festosa. L’altro ricordo è di quando giocavo a pallone, da piccolo, al Parco Solari a Milano: un’allegria totale» • Figlio di Giuseppe, funzionario di un ente previdenziale, primo sindaco di
Cannara (sotto Assisi) nel dopoguerra: «Si era laureato in francese, casa nostra era piena di libri francesi, io ho
cominciato a leggere da quelli. Aveva combattuto a Rodi. Un giorno andò a trovare certi parenti nel salernitano e rimase lì tre mesi, bloccato dall’8 settembre con l’Italia divisa in due. Così conobbe mia madre Filomena, a Montecorvino, e dopo la guerra si sposarono»
• Ha frequentato il liceo Orazio di Roma, prendendo la maturità classica. Laurea in Filosofia • «La fede se n’è andata nel passaggio tra il liceo e l’università. Del resto la scelta di iscrivermi alla facoltà di Filosofia era già il segno di una ricerca diversa. Oggi mi definisco agnostico, senza la visione
del soprannaturale» • «Facevo il ricercatore. Poi Piero Boni, che era l’aggiunto di Lama, mi chiese di raccogliere gli scritti di Bruno Buozzi.
Pubblicammo un libro, mi proposero di occuparmi della casa editrice del
sindacato. A 27 anni scelsi il sindacato di cui mi ero, se si può dire, innamorato. In quegli anni l’università tra l’altro era un disastro: alle lezioni di De Felice andavano in venti» • «Molto garbato, colto, una faccia alla Harrison Ford — come lo ha soprannominato una compagna della Cgil — è quasi coetaneo del suo grande amico Sergio Cofferati. Eppure, seguendo le due
vite in parallelo si scoprono giovinezze molto diverse. All’inizio degli anni Settanta, mentre il giovane Cinese bazzicava a Milano gli
ambienti del Movimento studentesco di Mario Capanna, a Roma il giovane
Guglielmo preparava la tesi di laurea su Anna Kuliscioff, socialista
riformista, femminista ante-litteram e compagna di Filippo Turati. E mentre il
giovane Sergio si avvicina al Pci, Epifani con la chitarra canta Guccini, Brel,
De André e si iscrive alla libertaria Fgsi (Federazione Giovanile Socialista), “cercando il numero di telefono sull’elenco”. Socialista dunque “e con orgoglio”, come rivendica lui stesso. Certo, lui ci tiene a dire che nel Psi stava “con Antonio Giolitti” e “quando Craxi vinse, noi che eravamo vicini agli intellettuali di Mondoperaio
perdemmo”. Ma qualche tempo dopo, a metà degli anni Ottanta, era difficile essere socialisti di prima linea senza essere
craxiani. Nell’84, quando Bettino Craxi strappa con il famoso decreto di San Valentino (
taglio di tre punti della scala mobile — ndr), la Cgil si spacca: il segretario comunista Lama da una parte, l’aggiunto socialista Del Turco dall’altra. Ricorda Giuliano Cazzola, allora in segreteria: “Dopo la rottura con i comunisti, Del Turco iniziò a ricucire con Lama per salvare la baracca della Cgil e in quella occasione
Epifani fece una moderata fronda, in sintonia con chi nel Psi voleva che la
rottura in Cgil si acuisse”. Racconta Del Turco: “Allora venne attribuita ad Epifani la tentazione di un rapporto privilegiato con
Craxi per poter acquisire meriti in vista della mia successione, ma considero
questa illazione priva di fondamento”. Epifani continua la sua ascesa in Cgil, guida il sindacato poligrafici, “l’aristocrazia operaia dei tipografi”, ed è durante questa esperienza in prima linea che sfoggia le sue virtù più apprezzate: equilibrio, capacità di mediazione. Paradossalmente smarrisce la proverbiale calma con un
personaggio felpato come Gianni Letta: “Lui era amministratore delegato e insieme direttore del Tempo. Chiesi che si
dimettesse, avevo dietro la delegazione operaia che faceva il tifo...”. In quegli anni Epifani fa bene, piace, al punto che gli arriva una proposta
importante: gli chiedono di fare l’amministratore delegato in Rizzoli e lui dice “no”, perché “il primo valore di chi fa sindacato, è l’autonomia”. Lo stile Epifani piace, tanto è vero che quando il Psi si liquefa e lui si iscrive ai Ds (“un approdo naturale”), D’Alema gli propone di diventare responsabile dell’Organizzazione. Lui resta in Cgil e, dopo 8 anni da vice, ne diventa il capo.
Scelto da Cofferati che lo ha preferito ai dirigenti ex Pci. Dice l’emiliano Paolo Nerozzi, uno degli emergenti della nuova Cgil: “Epifani è stato la soluzione naturale nel segno della continuità e sarà una sorpresa positiva per chi non lo conosce”» (La Stampa)
• Ha implacabilmente avversato Berlusconi, ha un’aria più morbida nei confronti di Prodi. Nel 2003 ha chiesto una legge che regoli la
rappresentatività sindacale: «La difficoltà deriva, in particolare, dall’assenza di regole democratiche e dal disinteresse con cui le forze politiche
hanno affrontato il problema della rappresentanza. Se oggi avessimo tra i
metalmeccanici le stesse regole che ci sono nel pubblico impiego non staremmo
qui a discutere di accordi separati. Nelle stesse ore in cui i metalmeccanici
si scontrano sull’intesa separata, tra i ferrovieri si fa un referendum unitario sul contratto e
il pubblico impiego vive rapporti di unità. Questo dimostra che si può circoscrivere la dialettica e il dissenso se c’è una rete di strumenti che consenta tra l’altro ai lavoratori di esprimere la loro opinione» (Sergio Rizzo)
• è sposato con Giusi De Luca, medico conosciuto sui banchi del liceo. Non ha
figli, è molto legato a quelli del fratello, uno dei quali, impegnato con il nostro
contingente in Iraq, gli ha dato qualche preoccupazione («Ogni volta che c’è qualche notizia di scontri, ci preoccupiamo molto») • «Quando lascerò la Cgil ricomincerò laddove avevo interrotto 30 anni fa. Farò l’insegnante di Storia».


FRASI «Ho fatto molti viaggi, sceglierne uno è difficile. Un ricordo particolare è quando andai da New York a San Francisco con il Greyhound (il servizio di
corriere con il simbolo del levriero). Tre giorni per andare, tre per tornare.
Un viaggio davvero intenso: attraversi un intero continente e su quegli autobus
vedi salire di tutto. Razze, religioni, modi di sentire. Così diversi tra loro... Il luogo che mi ha dato più libertà, invece, è l’Australia, perché lì davvero ci si sente liberi».



COMMENTI «Sembra un supereroe senza la maschera. Clark Kent quando non è Superman, lo studente timido prima di diventare l’Uomo Ragno. Ha quella faccia lì, rettangolare e pulita, la riga nei capelli, gli occhiali grandi. Una di quelle
persone che in un gruppo non si vedono, ti ci devi proprio trovare di fronte e
al secondo incontro non te lo ricordi» (Concita De Gregorio) • «è l’uomo garbato che tutti descrivono. Tanto garbato che ti domandi che ci fa lì, come può cavarsela al posto che fu di Trentin e di Cofferati, alla guida del più grande sindacato italiano. A prima vista su un palco non te lo figuri, in un
salotto sì. è persino bello, di quella bellezza matura che è fatta di pulizia del corpo e sobrietà dei toni. Poi, mentre parla senza mai contraddirti, ma senza cedere di un
millimetro su ciò che vuole dire, cominci a capire che la morbidezza esterna nasconde una
determinazione di ferro. Come una pesca, disse una volta di lui Luciano Lama:
polpa tenera e nocciolo durissimo» (Stefania Rossini).



TIFO Tifa per l’Inter: «Il tifoso interista è il più simpatico che c’è al mondo, perché è insieme sognatore e deluso, un po’ come succede nella vita. Si resta delusi ogni volta, e ogni volta si torna a
sperare».



VIZI «Ama la musica classica (la sua opera preferita è Turandot), però ascolta anche jazz e suona musica leggera. Malgrado inizi la giornata
sfogliando un giornale sportivo, la vera passione di Epifani sono i libri di
saggistica, la poesia (ama molto Mario Luzi), la pittura (ha la casa tapezzata
di quadri di Ennio Calabria) e la Francia. Quest’ultima gli viene dalle montagne di volumi francesi che invadevano la casa del
padre e da una conoscenza approfondita degli “spiriti” d’oltralpe (il suo preferito è l’Armagnac)» (Agostino Gramigna e Vittorio Zincone)
• Sua poesia preferita: La morte dei poveri (Baudelaire, Le fleur du mal) • «Mi piace la Francia e ho comperato casa a Parigi perché l’ho sempre associata all’idea di libertà, di rivoluzione, e quindi la trovo rassicurante. La Francia è anche il paese in cui un italiano si trova meglio. Per ragioni storiche e
culturali. In Italia prediligo la Toscana e l’Umbria, le amo perché sono regioni in cui si vive bene, dove c’è un rapporto particolare tra città e campagna; la storia moderna nasce quando questo rapporto si rovescia. è l’intreccio tra storia e modernità ad affascinarmi. Per molto tempo ho avuto un posto a Cortona, dove mi
ritempravo facendo i lavori dei campi, quelli semplici» (da un’intervista di Caterina D’Ambrosio)