Il Catalogo dei viventi 2007, 6 luglio 2011
DONADONI
Roberto Cisano Bergamasco (Bergamo) 9 settembre 1963. Ex calciatore. Con la Nazionale
vicecampione del mondo nel 94, bronzo nel 90 (in tutto 63 presenze, 5 gol), con
il Milan ha vinto tre Champions League (89, 90, 94), due coppe
Intercontinentali (89, 90), tre supercoppe europee (89, 90, 94), sei scudetti
(88, 92, 93, 94, 96, 99) ecc. Diventato allenatore, nel 2002 ha guidato il
Livorno (serie B), nel 2003-2004 il Genoa (B). Nel gennaio 2005 di nuovo il
Livorno, questa volta in A (subentrando a Colomba). Nel febbraio 2006, con la
squadra sesta in classifica, si è dimesso a causa delle ingenerose critiche del presidente Spinelli (in diretta
telefonica al
Processo di Biscardi) dopo un 2-2 interno col Messina colpa dell’arbitro che aveva dato ai siciliani un inesistente calcio di rigore (fallo di
mano di Galante ben fuori dall’area di rigore) • Nominato ct della Nazionale dopo l’addio di Lippi (12 luglio 2006, contratto biennale che si conclude con gli
europei in Austria-Svizzera del 2008). Dubbi, perché la scelta è stata fatta (da Demetrio Albertini) con il forte appoggio della squadra, cosa
che faceva temere - trattandosi di un trainer così giovane e con esperienze ancora così limitate - la possibilità di un condizionamento da parte dei giocatori. Alberto Costa (Corriere della
Sera, 13 luglio 2006): «Certo, se il buongiorno si vede dal mattino, non si può dire che il dopo Lippi inizi nel più brillante dei modi: un allenatore in qualche modo prescelto dalla squadra che
dovrà allenare, rischia inevitabilemente di finirne ostaggio. L’allenatore, come in maniera anche abrasiva ci ha dimostrato Lippi, deve fare l’allenatore. I giocatori pensino a giocare. Abbiamo già dimenticato la formula che ci ha fatto diventare campioni del mondo?». Mario Sconcerti: «Non si può far scegliere il maestro agli alunni». Contro-palmares di Alessandro Pasini: «A Italia 90 sbagliò uno dei rigori nella semifinale persa con l’Argentina, a Usa 94 perse la finale con il Brasile, nei due europei disputati si
fermò in semifinale nell’88 e al primo turno nel 96»
• «Tifavo Milan sin da piccolo. Fui uno dei primi colpi di Berlusconi. All’epoca, l’Atalanta fungeva da succursale della Juventus, Cesare Bortolotti, il presidente,
era già in parola con Boniperti. Arrivò il Cavaliere e cambiò la storia: mia, del Milan, del calcio. Dieci miliardi di lire: una cifra, per
quei tempi. Sonetti è stato importante sul piano caratteriale. Sacchi, a livello tattico. Capello,
come gestione dello spogliatoio. Di problemi, ne ho avuti solo con Zaccheroni.
Non ero più un ragazzino, ci scontrammo sui metodi di allenamento. E così, per carenza di dialogo, il rapporto fu tutt’altro che idilliaco. Alla fine, però, ci scappò l’ennesimo scudetto. Con Sacchi mi divise, almeno inizialmente, la posizione in
campo. Venivo dalla provincia, ero abituato al mio tran-tran di ala tornante:
pretese che mi sdoppiassi, trequartista in fase d’attacco, esterno destro di centrocampo quando la palla l’avevano gli avversari» (da un’intervista di Roberto Beccantini)
• «Io avevo il pregio e la forza di sapermi adattare a tutto, mettevo qualità e quantità. Magari ogni anno arrivavano giocatori più quotati di me, ma alla lunga il campionato lo giocavo io, proprio perché sapevo adattarmi, sacrificarmi, fare» (da un’intervista di Matteo Dalla Vite).