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 2011  luglio 06 Mercoledì calendario

DI CENTA

Manuela Paluzza (Udine) 31 gennaio 1963. Ex campionessa di sci di fondo. Sorella di Giorgio.
Medaglia d’oro nei 15 e 30 km, argento nei 5 km e nell’inseguimento, bronzo nella staffetta 4x5 km alle Olimpiadi di Lillehammer (94),
bronzo nella staffetta 4x5 km anche a Albertville (92) e Nagano (98). Carriera
poi oscurata dall’accusa di aver fatto ricorso al doping (mai provata). Nel 2006 eletta deputato
(Forza Italia) • «Ha sempre salutato vittorie e sconfitte con uno splendido sorriso. Ha
conquistato sette medaglie alle Olimpiadi, sette ai Mondiali e due coppe del
mondo con la grinta di una “regina di ferro” (questo era il suo soprannome) e la leggerezza di un elfo» (Valeria Gandus) • «Il rigore, la tradizione a casa Di Centa li conoscono bene. Sono all’antica, papà Gaetano (il fornaio “Tane” per gli amici) e mamma Maria Luisa. Le prime lezioni di sci date da “Tane” alla figlia. La passione per lo sci nordico è la stessa che fa dire a Manuela: “A me piace correre nella natura, cercare di migliorare, correre quando gli altri
dicono: ‘oggi è brutto tempo’. Sciare può diventare un momento dolcissimo. Il sacrificio è un’altra cosa”. è un po’ tutta la Carnia a stringersi attorno alla campionessa per cercare di capire
come si può sfondare partendo da qui, da questi boschi di pini e abeti, da queste terre di
forte disoccupazione. “Ci sono due posizioni dentro di me c’è la Manuela tutta spontaneità e voglia di fare, e c’è la Manuela tutta pensiero e logica. Se fosse per me andrei avanti venti anni”» (da un’intervista di Mattia Chiusano)
• Ha scritto Gianni Mura (nel 94): «Mi sono innamorato di Manuela Di Centa, che mi rifiuto di chiamare Manu. Mi sono
innamorato per un paio di frasi. “Mi sento giovane, dunque sono giovane” e “Ho dentro tutta la forza della mia terra”. La sua terra la conosco bene da quando Luigi Veronelli mi disse che il suo
sogno era quello di essere seppellito a Pradumbli, vicino Prato Carnico, paese
d’anarchici. Il suo sogno valeva il mio viaggio. Veronelli s’è innamorato pure lui di Manuela. La seconda volta che Manuela ha vinto ho
pensato ai cjarsons. Sono dei grossi ravioli con un ripieno che può arrivare a 20 ingredienti, la ricetta varia da paese a paese, è forse l’unico piatto ricco di una cucina povera, e infatti nel Friuli benestante si
parla di “cjargnel cence Diu”, senza Dio perché negli ultimi secoli la storia e il cielo sono stati avari. Ho pensato che
Manuela aveva dentro un sacco di cose, era una gran donna-cjarson. E mi ha
fatto male leggere sulla Gazzetta che nei ristoranti di Paluzza si servivano
gli “spaghetti tricolori”, con pomodoro, spinaci e panna. Ma siete impazziti?».