Il Catalogo dei viventi 2007, 6 luglio 2011
DEGLI ESPOSTI
Piera Bologna 12 marzo 1938. Attrice • Nel 79, dopo averla vista recitare in Molly, cara, Eduardo De Filippo sentenziò: «Questa è ’o verbo nuovo». Respinta all’Accademia, ha esordito con Calenda, Proietti e Gazzolo al Teatro dei 101, si è affermata come prima attrice al Teatro Stabile dell’Aquila ne La figlia di Jorio e in Antonio e Cleopatra • Con Dacia Maraini ha scritto Storia di Piera «il libro con il quale ha messo a nudo la sua infanzia dolorosa, il suo legame
fortissimo con una madre fragile e splendente e un padre amatissimo e ancora più fragile. I suoi genitori soffrirono entrambi di disturbi nervosi che li
costrinsero a ricoveri lunghi e dolorosi. E Piera, ancora bambina, era lì: piccola sentinella di tanta sofferenza» (Federica Lamberti Zanardi) • «Ho sempre desiderato che la mia famiglia, il mio stare con loro, durasse per
sempre. Per questo ho scelto di fare teatro. In palcoscenico il tempo è fisso. Ogni sera ripeti sempre la stessa cosa. è un modo di eternizzare la vita» • «è scandalosa, chiacchierona, eccessiva. è una che insieme a quel cognome sontuoso, Degli Esposti, esibisce un’altrettanto sontuosa impudicizia nel raccontarsi, nel recitare e nell’affrontare con la stessa affannata passione impegni apparentemente diversissimi» (Loredana Lipperini) • «Io non sono un’attrice che lascia se stessa in camerino. So di avere una differenza. Ecco, la
mia differenza coincide con la mia impudenza nel portare in scena il mio
indagarmi. Credo di essere una piccola rivoluzione. Portare se stessi in scena è una piccola rivoluzione» • «Io faccio l’attrice per consolare, non per pavoneggiarmi» • «Quand’ero una ragazzina avevo lavorato con Zampa, Pasolini, Renato Castellani, ma io
volevo prove atletiche, la recitazione “centimetrale” che mi offriva il cinema non era per me che avevo bisogno di fare salti lunghi.
Con l’età e la stanchezza mi pare di aver capito il piacere del cinema e di una
interpretazione più interiore» • Ha vinto un David di Donatello come non protagonista per L’ora di religione di Marco Bellocchio • «Quando entro in una chiesa sono serena. Mi capitava anche da bambina. Appena
potevo entravo in chiesa. Poi mi giustificavo con mio padre, comunista, dicendo
che lì faceva fresco. Ma in realtà ci stavo bene. Come nel teatro. Per me è un tempio. E io mi sento un’abitante del tempio. Il teatro ha un carattere terapeutico. Per tutti. Dove c’è il teatro non c’è il delitto» • «Ero andata in via Caetani all’Istituto del dramma antico. Avevo appuntamento con il mio amministratore. Mentre
lo aspettavo ero poggiata a un’auto. Passava il tempo, mi venne fame. Andai al bar in Largo Argentina e comprai
dei dolci. Tornai in via Caetani e mi riappoggiai all’auto e cominciai a mangiare. Passò un’altra mezz’ora. Ritornai al bar. In quel momento si sentirono le sirene della polizia, la
gente che urlava: “Hanno trovato Moro”. Il barista accese la tv e io vidi le immagini del corpo di Moro dentro una
Renault 4 rossa. Quella su cui ero stata poggiata fino a un minuto prima».