Il Catalogo dei viventi 2007, 6 luglio 2011
DEAGLIO
Enrico Torino 11 aprile 1947. Giornalista. Direttore di Diario, settimanale «che ha fatto delle inchieste giornalistiche (“vecchio stile”, come le chiama lui) il suo tratto caratteristico» (Santi Urso). Prima aveva diretto Lotta continua e Reporter. In tv ha
cominciato alla fine degli anni Ottanta con Mixer, poi Milano Italia (93-94), I ragazzi del 99, Così va il mondo, Vento del nord, L’elmo di Scipio. Tra i libri: Racconto rosso. La mafia. L’Italia. E poi venne giù tutto (93); Besame Mucho • «Ama i dettagli, i piccoli indizi, i particolari. Da quelli parte, ragiona,
stringe, passando dal minimo al minore e accompagnandovi per fatti successivi
alla questione generale, importante. Sa che un delitto rivive sul tavolo dell’anatomopatologo meglio che sulla scrivania del magistrato competente, tra le
stoviglie dell’osteria dov’è sprizzato il sangue più che nella tenenza dei carabinieri. Lui approda allo sbarco in Normandia
partendo dall’abete del Quebec con cui, non a caso, costruirono il timone di un anfibio
qualsiasi; può svelarvi il mistero del
Gattopardo scovandolo nella trama della tovaglia che Burt Lancaster piazzò, non a vanvera, sotto l’unico albero del latifondo. Solo un sabaudo raffinato e un veneratore del grande
inglese poteva assorbire il metodo minimalista di sir Arthur Conan Doyle e
strizzarlo sui valori etici del diritto positivo e del controllo giornalistico
di qualità. Come poi un libertario naturale come lui abbia potuto negare se stesso fino a
trascurare, dettaglio dopo dettaglio, il corpo grosso dei diritti individuali,
questo è un rebus. Solo Sherlock Holmes potrebbe spiegarci come mai l’ex direttore di Lotta continua e di Reporter, l’ex umanitario del caso Moro, l’ex sciasciano, l’ex antiautoritario che aveva in uggia l’amendolismo della polemica su Nicodemo, l’ex amico dei socialisti e perfino un po’ ex amico dei soldi (già mafiosi?) di Silvio Berlusconi, sia caduto vittima dell’egemonia culturale dei Caselli, dei Davigo, dei Maddalena, dei Di Pietro, dei
Rinaldi e, spiace infierire, perfino di un perfido Travaglio. Un indizio,
consiglierebbe Watson, potrebbe celarsi nell’inguaribile attrazione che sui piemontesi istruiti, un po’ come sugli intellettuali amburghesi, esercita la Sicilia misteriosa e criminale» (Pietrangelo Buttafuoco).