Il Catalogo dei viventi 2007, 6 luglio 2011
DE NARDO
Erika Novi Ligure (Alessandria) 28 aprile 1984. Il pomeriggio del 21 febbraio 2001, a Novi Ligure, ha ucciso la
madre, Susy Cassini di anni 42, e il fratellino Gianluca, di 12 anni. Con lei,
pienamente partecipe all’azione, il fidanzatino Omar (soprannome per Mauro Favaro). Non aveva che 17
anni. La madre in cucina, a coltellate. Il fratellino, che stando sulla porta
aveva visto, in bagno dov’era scappato. Prima tentarono di fargli inghiottire un topicida. Poiché quello non voleva, lo stesero nella vasca da bagno e lo finirono a coltellate.
La polizia ne contò, complessivamente sui due corpi, centoventi. Avevano progettato di togliere di
mezzo anche il padre, che era andato a fare una partita a calcetto con gli
amici. Ma Omar era stanco e se ne tornò a casa. Erika chiamò la polizia e sostenne che la casa aveva subito un’incursione di rapinatori albanesi. Fu creduta per finta e intanto i cellulari
dei due fidanzati vennero messi sotto controllo. La gente là intorno però ci credette e vi fu anche una manifestazione, con tanto di cartelli, contro gli
extracomunitari assassini. Infine confessarono, furono processati e condannati,
lei a 16 anni, lui a 14. Sentendo questa differenza di trattamento, Erika dette
in escandescenze insultando in aula, e in modo impressionante, il suo ex
fidanzatino. Il padre non ha mai rilasciato un’intervista e ha silenziosamente dedicato la sua vita al recupero della figlia
• «Caro Don Zega, Lei con grande coraggio mette giustamente in guardia dalla
presenza del Maligno, il quale, invece, come ricorda Lewis nelle Lettere a Berlicche, come primo scopo ha proprio quello di convincere l’uomo della sua inesistenza. Come può l’uomo, da solo, combattere contro il seducente Lucifero? Davvero la nostra voglia
di vivere può sconfiggere Satana? Che forse, paradossalmente e tragicamente, non è stata la voglia di vivere quella che ha scatenato la furia omicida di Novi
Ligure? Omar ha detto che Erika, mentre uccideva la madre, gridava che voleva
essere libera. è nella misericordia di Dio — di cui gli uomini, in Cristo, sono ancora oggi partecipi — che sta la forza per vincere il Diavolo» (Domenico Bartolini, lettera a La Stampa)
• «Il delitto di Novi Ligure ha rivelato un’Italia sommersa e accecata dal senso di colpa. Due ragazzi trucidano la madre e il fratellino e tutti si chiedono: di chi è la colpa? Della tv, della famiglia, della droga? Di tutti, meno che degli
assassini. Educatori e giornalisti si chiedono: come possiamo aiutare Erika e
Omar? Ma si sono già aiutati da soli, hanno dato 100 coltellate, si sono tolti una bella
soddisfazione. Ogni volta si fa finta che l’assassinio sia un’aberrazione che va curata, mentre si sa bene da prima di de Sade che uccidere è il secondo istinto dell’uomo, subito dopo quello della sopravvivenza. Il movente del delitto è il delitto in sé. L’omicidio è lo sport del secolo. Senza più Dio né arte né timore, la vita è buia, restano solo grassi appettiti e rozze voglie, e rispunta il divertimento
primordiale: dare la morte. Se davvero questa folla di educatori e penitenti
vuol far qualcosa per i due assassini è riconoscerli come esseri umani con facoltà di scelta» (Barbara Alberti)
• Da una cronaca del 2002: «Dice “ho un male dentro”, e quale sia questo male non lo dice. Se le domandi come va, Erika? risponde
con una smorfia da ragazza cattiva, “e come vuoi che vada, qui dentro?”. Qui dentro al carcere per minorenni Beccaria di Milano tutti sanno chi è la famosa Erika De Nardo, e tutti ne stanno alla larga. Troppo lunatica,
eccentrica, strana. Un giorno ti ama, un giorno ti odia. Difficile riuscire a
prenderla per il verso giusto. Chi lo deve fare per forza, lo fa con fatica.
Erika ha 17 anni e pensieri confusi sul futuro, ricordi pasticciati di quello
che ha fatto e di quello che non ha fatto. Dice “curatemi, ho bisogno di cure”, ma anche “non dichiaratemi matta, non voglio finire in manicomio”. Cerca attenzione e respinge tutti, chiede affetto e maltratta chi glielo
offre. Dentro, “io vedo solo buio”. Dentro, “ho un male”. E anche una rabbia tremenda verso il mondo che non l’ha capita. “I giudici? Non hanno capito niente”. Gli psichiatri? “Anche loro, niente”. Il papà? Tuo padre ti vuole ancora bene... Sul punto, non risponde. E oggi fa un anno,
un anniversario tragico, che il papà di Erika ricorderà facendo celebrare una messa. Stesso giorno, stessa ora del delitto di Novi
Ligure [...] Erika De Nardo, una ragazza bugiarda. Cattiva. Sicura di sé, sfrontata, e anche audace, capace di inventare un sacco di balle, a cominciare
da quella degli albanesi [...] Oggi Erika freme per uscire, e subito. Non
capisce “perché gli altri non capiscono” che lei ha bisogno assoluto di libertà. Subito, non tra 16 anni. L’appello? Se serve, che lo facciano. Un lavoro? “Sì, perché ho bisogno di soldi”. Ha fatto l’imbianchina per un po’, lavoretti di quelli che si affidano ai detenuti. Poi si è stufata, basta, meglio sentire la musica nelle cuffiette. Non è cambiato niente, non è cambiata lei, non ha mai detto “mi dispiace”» (Brunella Giovara)
• Da una cronaca del 2006: «Domenica 21 maggio Erika De Nardo è uscita dal carcere di Verziano, a Brescia, per andare a giocare una partita di
pallavolo all’oratorio di Buffalora. L’occasione era l’iniziativa “Oltre il muro”, organizzata dall’Uisp: le detenute giocavano mescolate alle ragazze della squadra femminile del
Buffalora. Gli uomini del carcere invece hanno giocato una partita di calcetto
(nelle squadre c’erano anche gli agenti di polizia). La squadra di Erika ha vinto. Dopo la
partita c’è stato un pranzo (due primi e carne alla griglia preparata dai volontari dell’oratorio) e poi un coro con la chitarra (canzoni di Nomadi, Battisti e
Celentano, Erika non ha cantato perché stonata: “Non so cantare, scappate tutti se canto pure io”» (Cristina Marrone)
• «No, non odiavo mia madre, mia madre era bellissima, non era un mostro. L’ho uccisa perché mi era indifferente» (Consuelo Corradi) • Da una cronaca del 2006: «Erika De Nardo, 22 anni, dovrà restare in carcere ancora dieci anni: la Cassazione ha infatti respinto la
richiesta di concederle la libertà condizionale con trasferimento in comunità perché “non ha dato segni di sicuro ravvedimento”. Viene in effetti descritta come una donna che ha una gran cura di sé e ostenta indifferenza per tutto. Le compagne di cella volevano in qualche modo
protestare per la sentenza della Cassazione e lei avrebbe semplicemente
mormorato: “Lasciate perdere”. Non sembra interessarle neanche un ruolo di leader, che le compagne sarebbero
disposte a riconoscerle. Del delitto, a quanto si sa, non ha parlato mai. I
medici definiscono la sua condizione come “marcato assetto schizoide che scinde costantemente i fattori affettivi da quelli
cognitivi”. Gli psichiatri dicono che è una malata bisognosa di cure e che il carcere è inutile. Omar, il suo complice di allora, ha protestato perché a lui non è stata concessa nessuna ora di palla a volo» (Giorgio Dell’Arti)
• «La compagna che mi piace di più è mia sorella Erika» (Gianluca De Nardo, tema in classe).