Il Catalogo dei viventi 2007, 6 luglio 2011
DE MITA
Ciriaco Nusco (Avellino) 2 febbraio 1928. Politico. Deputato (dal 63, prima Dc, adesso
Ulivo), ex ministro del Commercio estero (74), del Mezzogiorno (76), ex
segretario della Dc (82-89), ex presidente del Consiglio (88-89) • «C’è stato un momento in cui era uno degli uomini più potenti d’Italia: presidente del Consiglio e segretario della Dc» (Claudio Sabelli Fioretti) • «Dici De Mita e naturalmente pensi a Craxi: agli anni del governo di Bettino, ad
una guerra senza esclusione di colpi, a paci impossibili e a tregue non
credibili. Al di là di una collaborazione politica resa indispensabile dagli equilibri degli anni
Ottanta, cosa pensava davvero, in privato, De Mita di Craxi? Lo dice fuori dai
denti a Pasquale Nonno (poi direttore de Il Mattino) che in una calda mattina
di maggio, in pieno governo Craxi, gli chiede quand’è che la Dc lo manderà a casa: “Craxi è un fascista - risponde De Mita - un fascista come stile, come modo di fare. Ma
oggi non può cadere per iniziativa della Dc: cavalcherebbe il qualunquismo che ha già aizzato contro il Parlamento e che è diffuso tra la gente”. E straordinari, a proposito di Craxi, sono i resoconti che Sangiorgi fa degli
incontri riservatissimi che si svolsero - per esempio - alla vigilia della
nascita del governo De Mita. Venerdì 18 marzo 88, alla Camera, il leader socialista incontra per la prima volta il
presidente incaricato. I colloqui si svolgono alla Camera. “Craxi sembra molto nervoso. Entra tossendo forte e fuma una sigaretta dopo l’altra... è seduto di fianco a me, balla con le gambe sotto il tavolo e in poco tempo
lascia nel posacenere una decina di Salem. Fuma in un modo curioso: accende, dà qualche tirata, poi spegne la sigaretta e la mette in tasca. Dopo un po’ la riprende e la riaccende...”. Alla fine Craxi dà il via libera al governo, che però affonda nel giro di un anno per la nascita dell’alleanza con Andreotti e Forlani, poi divenuta nota come Caf. Oggi viene da
sorridere di fronte al racconto di Berlusconi e Confalonieri costretti a fare
lunghe anticamere a piazza del Gesù per esser ricevuti da Clemente Mastella (allora factotum di De Mita per l’informazione), ma all’epoca era così che andavano le cose. E che idea aveva, allora, Ciriaco De Mita di Silvio
Berlusconi? “All’inizio mi stava anche simpatico. Ha sempre avuto la mania di convincermi che era
democristiano, mi raccontava sempre di avere sei zie suore. E invece non è vero, è socialista. Ma io glielo dicevo: non m’importa che lei non sia democristiano, le chiedo solo di avere con noi rapporti
leali... Poi c’è stata la questione della Sme, in pochi giorni è venuto da me quattro o cinque volte...”. Le liti con Indro Montanelli, che lo additava a simbolo del malaffare: “Quando il giornalista è entrato nella sua stanza, lui gli ha dato la mano e si è presentato così: ‘Piacere, Raffaele Cutolo’...”. Le polemiche con l’avvocato Agnelli che però, dopo la pesante sconfitta della Dc alle elezioni dell’83, disse “di preferire una Dc ridimesionata ma con De Mita segretario, a una più grande ma senza De Mita”. Il feeling e poi la lite con Eugenio Scalfari dopo la nomina di Mazzotta a
presidente della Cariplo. Il travagliatissimo rapporto con la vicenda Moro. Le
leggendarie partite a carte per scaricare la tensione, il modo complicato di
parlare, il coraggio dell’innovazione (in materia di riforme istituzionali e di rapporto col Pci) e i modi
e le abitudini da capo-
clan. Grandi amicizie e grandi rotture. Come quella che, progressivamente,
consuma con Clemente Mastella, che pure fu il primo e più fedele dei collaboratori» (La Stampa citando Piazza del Gesù, il libro del suo ex collaboratore Giuseppe Sangiorgi) • Hanno sempre detto: il suo linguaggio non è semplice, i suoi ragionamenti seguono percorsi tortuosi: «Io non escludo che il mio modo di esprimermi, volendo recuperare la complessità non delle astrazioni, ma delle analisi e della situazione... Una professoressa
dell’università di Roma, ha scoperto che il mio linguaggio è innovativo rispetto alla realtà, perché non è la liturgia del suono, ma il tentativo di analizzare le situazioni»
• Sull’amicizia con Scalfari: «Lui mi chiedeva notizie, io gli davo notizie. Ogni tanto organizzava una cena a
casa sua. Ne ricordo una con Asor Rosa, Giampaolo Pansa, Italo Calvino. Clima
difficile. Asor Rosa pensava che la Dc fosse il male e lui il bene. Calvino si
esprimeva in termini non entusiasti e io rispondevo dialetticamente finché la sua donna, una sudamericana, mi disse: “Ma guardi onorevole che Italo è a suo favore”. Pansa era intermedio. Antidemocristiano ma con simpatia nei miei confronti. Il
difensore della Dc era proprio lui, Scalfari. Votò Dc nell’87. Mi ha detto: “Tu sei un insieme di arcaicità e modernità. Quando le due cose sono insieme dai il meglio di te stesso, altrimenti no’”».