Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2011  luglio 06 Mercoledì calendario

DE FILIPPO

Luigi Napoli 7 agosto 1930. Attore, regista e autore. Figlio di Peppino (24 agosto 1903-27 gennaio 1980) e Adele
Carloni (anche lei attrice e figlia d’attori). Come autore, ha avuto successo con le commedie Fatti nostri, Storia strana su di una terrazza romana, Come e perché crollò il Colosseo, La commedia del re buffone e del buffone re • «Da Napoli sono andato via con la mia famiglia nel 1941, quand’ero un ragazzo di 11 anni. Ci siamo trasferiti a Roma a causa della guerra, ma
poi a Napoli ci siamo sempre tornati senza mai dimenticarla. Avanti e indietro
fra Roma e Napoli come pendolari del cuore. La mia è sempre stata una famiglia di antifascisti. Ma di antifascisti seri,
antifascisti quando in Italia mostrarsi contrari al regime era davvero
pericoloso. Durante l’occupazione nazi-fascista di Roma nel periodo 1943-44, la mia famiglia e io
abitavamo in via Manfredi I, ai Parioli. A causa della guerra si pativa la
fame. Un giorno capitò che molti abitanti del quartiere saccheggiarono un deposito di viveri dei
tedeschi non presidiato dai soldati. Fra la folla affamata ed esasperata c’eravamo anche mio padre ed io. La gente arraffava casse di birra, margarina,
carne in scatola... In un caos enorme e in gran fretta per paura che
arrivassero i tedeschi. C’era anche il giornalista Renato Angiolillo, fondatore del quotidiano Il Tempo,
che s’era incollato sulle spalle una cassa e cercava di portarla via. Mio padre lo
rincorse protestando: “Renà, posa! ... Chesta era ’a cassa mia, l’avevo presa io prima di te!”. Mio padre allora, oltre a fare propaganda antifascista a ogni buona occasione,
nascondeva in casa un nostro amico ebreo, un noto gioielliere della capitale.
Si espose così a severe rappresaglie da parte dei nazi-fascisti. Ecco perché quando un amico lo avvertì che i fascisti lo cercavano per deportarlo al Nord, si nascose per qualche
tempo in casa dell’industriale beneventano Alberti, quello del liquore Strega. Nessuno doveva
sapere che mio padre si nascondeva lì. Invece Totò, che in quei giorni drammatici recitava in un teatro romano, lo venne a sapere
e decise di fargli uno scherzo per mettergli paura. Aveva conosciuto due
studentesse andate nel suo camerino per un autografo e, parlando, gli avevano
domandato se conoscesse Peppino De Filippo perché avrebbero voluto anche un suo autografo. Totò non ci pensò due volte e dette alle ragazze l’indirizzo della casa dove mio padre si nascondeva in gran segreto, in via Fauro.
E così mio padre un bel mattino sentì bussare alla porta. Erano le studentesse. Mio padre, turbato e inquieto, chiese
loro: “Ma come sapevate che io sto qua? Chi ve l’ha detto?”. Le due risposero, “Totò” e papà andò su tutte le furie. Prese il telefono e, a Totò, gliene disse di tutti i colori! Poi l’incidente fu dimenticato, Totò e Peppino fecero pace e, anni dopo, girarono assieme quei divertenti film che
molti conoscono» (da un’intervista del Messaggero).