Il Catalogo dei viventi 2007, 6 luglio 2011
DE CRESCENZO
Luciano Napoli 20 agosto 1928. Scrittore. Prima faceva l’ingegnere per la Ibm. Tra i suoi molti libri: Così parlo Bellavista (77), Storia della filosofia greca (83), Panta rei (94). Ha fatto anche l’attore in molti film (segnaliamo in particolare il Sabato, domenica e lunedì di Lina Wertmüller con Sofia Loren) e ha presentato programmi televisivi di successo. Ha
raccontato per la tv tutta la mitologia greca, imponendo le riprese su
pellicola in modo da diminuire il rischio di deterioramento • «Se un autore è divertente, per ottenere un giudizio positivo deve almeno morire» • «Mia nonna aveva dieci figli. Qualcuno si era creato una famiglia, ma nubili e
scapoli, ovvero zio Luigi, zio Alfonso, zia Maria e zia Olimpia, vivevano con
noi. E poi c’era la balia, la mia buonissima Rosa» • «Grazie alla mia famiglia ho fatto le più matte risate, anche nel campo di concentramento di Ferentino, dove fummo
deportati in quattordici. Faceva notte alle sette: così, per ingannare il tempo, parlavamo di cibo. Attaccava zio Alfonso con la
ricetta della genovese: prima si affetta la cipolla... E mio padre: macché, la cipolla non deve conoscere il ferro... E via così. Ho riso tanto, anche se ci siamo mangiati l’intonaco per la fame»
• è cresciuto nel quartiere S. Lucia di Napoli, con Carlo Pedersoli - Bud Spencer
che lo difendeva dai pugni degli altri ragazzini • «Negli anni Cinquanta lavoravo in una casa chiusa. All’epoca ero studente universitario e mi guadagnavo da vivere portando i conti alla
Pensione Gianna, casa di tolleranza situata a Napoli, in via Sedile di Porto,
nei pressi dell’università. A essere sincero non vedevo nessuna prostituta, anche perché tutte le impiegate, dopo un’intensa notte di lavoro, il lunedì mattina, stavano ancora dormendo. Il mio lavoro consisteva nel calcolare le
percentuali che spettavano a ciascuna signorina»
• Ingegnere all’Ibm, nel 77 guadagnava 700 mila lire al mese (che era molto): «Ma m’annoiavo, così scrissi Così parlò Bellavista. Maurizio Costanzo a una festa s’appassionò alla storia e disse: “Perché non la racconta in tv?”. Fui il primo autore la cui copertina fu mostrata alla telecamera» • «Quando lavoravo ancora come ingegnere all’Ibm, cercavo casa a Roma e non avevo mai scritto niente. Le padrone della casa
di Tor De Conti, dove ancora vivo, mi rivelarono che lì era vissuto Robert Graves, scrittore di miti greci. Lessi un suo libro e in
seguito mi misi anche io a scrivere lo stesso argomento» • «Capita a volte di sentir dire che è un uomo assai simpatico e uno scrittore quasi inesistente. Ma per pensare
questo occorre non conoscere né l’uomo né lo scrittore. Chi conosce l’uno e l’altro sa infatti che è vero il contrario: l’uomo è pressoché insopportabile, mentre lo scrittore è eccellente. Che l’uomo sia molto simpatico può immaginarlo soltanto chi lo abbia visto e sentito parlare in qualche talk show
televisivo. Coloro che lo conoscono di persona, compresi quelli che più gli vogliono bene, sanno invece che per sopportarlo ci vuole molta pazienza.
Giacché lui, ogni volta che incontra un amico, non riesce mai a parlare che di se
stesso e dei propri libri, dei quali non manca mai di evocare, con raffiche di
cifre favolose circa le copie vendute in Italia e all’estero, la strepitosa carriera nel mondo. Che come scrittore valga poco è invece un’idea scaturita dall’efficacia congiunta di due micidiali passioni: l’invidia, che intossica il vasto popolo di quegli autori di ogni genere e
lignaggio che i dispettosi numi del mercato letterario si ostinano a torto o a
ragione a escludere dall’eldorado delle tirature miliardarie; e lo snobismo, che istiga al disprezzo
legioni di scrittori che, essendo al tempo stesso grossolani e schifiltosi, non
possono sottrarsi al pregiudizio secondo il quale successo e qualità sono per definizione incompatibili. Del resto, di essere un vero scrittore
accade a volte di dubitare anche a lui. Dev’essere proprio per questo che il successo planetario dei suoi libri è il solo argomento di cui davvero gli piace parlare. Può darsi, cioè, che De Crescenzo non smetta mai di evocarlo proprio per esorcizzare il
sospetto che una fortuna così sfacciata potrebbe essere immeritata. Della sua prosa limpida e leggera lui
dice sempre che gli costa inimmaginabili sudori. Ma la fatica, se c’è, non si vede. E certo è anche per questa sua dote di cancellare ogni sforzo che è riuscito a conquistare dappertutto armate di lettori» (Ruggero Guarini)
• Da tempo non usa più i soldi: «Non ho nemmeno la carta di credito. Entro nei negozi, compro e non pago. Dico: “Passerà Edoardo”. Edoardo è il mio assistente. Ma ci potete provare anche voi, basta usare il tono giusto.
Bisogna comprare molto e uscendo, disinvolti: “Passerà Edoardo”» • «Avaro io? Dipende dalla cifra: sotto le 100 mila lo sono, sopra i dieci milioni
no» • è afflitto da una patologia che gli impedisce di riconoscere i volti delle
persone, la prosopoagnosia (nei casi più gravi si può addirittura non identificare il proprio volto riflesso nello specchio): «Più che una malattia, preferisco definirla un “fastidioso inconveniente”; comunque tutto ciò nasce quando, per ragioni ischemiche, quella frazione del cervello dalla quale
partono gli impulsi che ci permettono di riconoscere le facce, non viene
sufficientemente irrorata dal flusso sanguigno». Riconosce gli amici dalla voce o da altri
segni particolari. Tra gli espedienti adottati per non sentirsi a disagio con
gli altri: «Se sono invitato in casa di amici e ci sono altri ospiti, cerco di arrivare
prima degli altri per sapere i nomi di chi incontrerò. In questo modo, quando gli ospiti arrivano sono in grado di riconoscerli» (da un’intervista di Rita Pomponio) • Quando aveva poco più di vent’anni, Isabella Rossellini ebbe una storia con lui, allora quasi cinquantenne. «Il suo editore, che era anche il mio, mi pregava: “Isabella, fallo soffrire”» (pensava che le pene d’amore ne facessero esplodere la creatività come nient’altro). «Da giovane e crudele quale ero allora, ho contribuito alla sua fuga verso la
stratosfera degli interrogativi filosofici. Gli dissi: “Luciano, sei l’amante più vecchio che abbia mai avuto”. Mi rispose: “Anche tu”»
• «Frequentare una lolita è sempre piacevole. Il guaio è che ti fanno fare i compiti» • Usò per la prima volta il Viagra nel 98: «In occasione del lancio in Italia, una rivista mi chiese di provarlo. Chiamai
una mia amica, le dissi che dovevamo fare un esperimento scientifico. Lei all’inizio disse che non sapeva se sarebbe stata in grado di fare un esperimento. Io
risposi che lo sapeva, lo sapeva... Venne a casa mia, mandai giù la pastiglie e iniziai ad abbracciarla. Mi diceva di aspettare, che ci voleva
almeno un’ora perché facesse effetto. Ma io, dopo cinque minuti, mi sentivo già all’altezza della situazione»
• «Per me la peggior cosa è un rivale di pari grado. Se la mia donna mi tradisce con Totti, soffro di meno
che se va con Bevilacqua lo scrittore» • «L’ho detto a Bossi quanto è grande la differenza tra sudisti e nordisti. Quando i suoi antenati celtici
erano ancora barbari aggrappati ai rami, i miei antenati erano già froci» • «Per me i tre esseri umani più importanti sono, nell’ordine: Fellini, Socrate e Gesù» • «Una sera ero a Porta a Porta. L’argomento era la fede. Margherita Hack disse: “Sono atea”. Un pochino lo sono pure io, però non lo dissi. Avere fede fa vivere meglio. Se uno magari mi ascolta e si lascia
convincere che Dio non esiste, finisce che gli faccio del male e, quindi,
compio peccato» • Grande tifoso del Napoli: «Sì, e non mi vergogno a dire che per una partita si può anche piangere. La mia prima partita fu contro l’Ambrosiana, perdemmo 1-0: piansi per quella sconfitta» • «L’epicureismo non è, come generalmente si crede, perseguire il massimo del piacere, ma minimizzare
il dolore. Detto ciò, sono pronto a definirmi epicureo» • «Lo studio non è lavoro ma la forma più gloriosa di gioco» • «Il mio funerale si terrà minimo alle ventidue... alle undici di mattina i miei amici dormono tutti».