Il Catalogo dei viventi 2007, 6 luglio 2011
DE BENEDETTI
Marco Torino 9 settembre 1962. Manager. Capo del team italiano di buyout di Carlyle,
colosso americano del private equity (da fine 2005). Ex amministratore delegato
di Telecom. Ha iniziato la carriera professionale nel marketing presso la
Procter & Gamble. Nel 90 entra in Olivetti; nel 96 è presidente di Infostrada; nel 99 diventa amministratore delegato di Tim. Figlio
di Carlo • «Il primo e il più convinto tifoso di Marco De Benedetti è la madre Mita, che non ha dubbi: fin dalla più tenerà età il figlio manifestava una inequivocabile propensione a tutto ciò che sapeva di computer. Elserino Piol, che di Marco è stato, professionalmente parlando, la chioccia, lo ha voluto accanto a sé in Olivetti, gli ha insegnato i rudimenti del mestiere, lo ha messo a lavorare
nella Telemedia, versione primitiva di Omnitel e Infostrada, dopo che il padre
e Corrado Passera lo avevano mandato a mettere ordine (i maligni dicono per
tenerlo lontano) in una delle più periferiche province di Ivrea, il Portogallo. E prima ancora? Prima ancora il
giovane De Benedetti, quello dei tre che somiglia al padre come una goccia d’acqua, non si era sottratto alla prassi comune: studi a Ginevra, dove la
progenie dell’Ingegnere viveva per paura dei sequestri, apprendistato negli Stati Uniti dove
Carlo ha sempre frequentato il meglio di Wall Street. Al primogenito Rodolfo
era toccata la Shearson Lehman, banca di rango. A Marco la Wasserstein,
Perella, boutique del compro e vendo nata da una costola del potente Crédit Suisse First Boston. A fargli da balia Yves Andrè Istel, un francese americanizzatosi alla svelta, consigliere di Carlo quando
ancora scorrazzava per l’Europa e i giornali lo chiamavano “il condottiero”. Da ragazzo di boutique, a Marco capita un’occasione come poche: seguire dalle retrovie l’assalto della Kkr, spregiudicata banca d’affari col nome da yogurt, alla Nabisco. Allora, siamo alla fine degli anni
Ottanta, è la più grande Opa del secolo, una torta da 20 mila miliardi. La vicenda è miticamente raccontata in
Barbarians at the gate, un libro scritto da due giornalisti del Wall Street Journal che per il giovane
Marco diventa la bibbia, intuendo forse che dieci anni più tardi tra i barbari ai cancelli della Telecom ci sarebbe stato anche lui.
Quando dice addio a New York e torna a casa, in famiglia hanno già deciso i compiti da assegnare ai due figli. Il terzo, Edoardo, ha già scelto di suo e messo radici a Ginevra dove fa il medico. Restano lui e
Rodolfo: anche se i pargoli sono sempre “piezz’e core”, l’Ingegnere capisce che i caratteri non si programmano. Rodolfo è introverso, serio fino alla noia, meticoloso, di poche parole e senza grilli
per la testa: l’ideale per guidare Cir e Cofide, le casseforti del gruppo, provate dalle troppe
scorribande nella finanza. Marco, brillante, mondano, pervaso da inesauste
passioni per donne e automobili, andrà a farsi le ossa in Olivetti, la partecipazione più importante. Va tutto bene, finché a Ivrea non arriva il brutto tempo. E in casa De Benedetti le donne: tutte
peperine e smaniose di mostrarsi in società. Con i conti al tracollo, De Benedetti lascia a Francesco Caio, giovane allievo
che ha dato ottima prova di sé con i cellulari della Omnitel. Se ne pentirà per tutta la vita. Caio per lui non ha riguardi, figurarsi per il figlio che è lì che si trastulla con l’Infostrada, giocattolino divora-miliardi. Marco, in trincea, difende la sua
creatura. Per poco, visto che come una meteora Caio passa e arriva Roberto
Colaninno. Tutta un’altra musica. Tra i due è feeling a tal punto che quando il manager mantovano, nel frattempo diventato
padrone, decide di dare l’assalto alla Telecom, Marco è sempre al suo fianco: tratta con gli investitori e le banche, girando l’Europa in lungo e in largo. Il padre se ne accorge e comincia a preoccuparsi:
visto che Colaninno, altro suo allievo ribelle, non mostra alcuna sudditanza,
meglio chiudere del tutto con Ivrea. Marco, secondo lui, dovrebbe comportarsi
di conseguenza. Oltretutto in casa il lavoro non manca. La Cir, dopo anni di
magra, ha ripreso a comprare: immobili, aeroporti e caramelle. Ma il giovane De
Benedetti risponde picche. Vuol provare da solo, lontano dalla ditta paterna,
dove i guai sarebbero solo suoi e i meriti inevitabilmente il frutto del nome
che porta. A spingerlo i consigli della moglie Paola e il miraggio della Tim,
il premio che Colaninno gli ha promesso, un colosso che in borsa capitalizza
cinque volte l’azienda del padre. Paola Ferrari, grintosa conduttrice della
Domenica sportiva, è l’ultima delle donne arrivate in casa De Benedetti. Conosce Paola a una cena in
casa della cognata Emanuelle, moglie di Rodolfo, e dopo poco la impalma» (Paolo Madron).