Il Catalogo dei viventi 2007, 6 luglio 2011
D’ANGELO
Nino San Pietro a Patierno (Napoli) 21 giugno 1957. Cantante • «Era il ragazzo col caschetto di Nu jeans e ’na maglietta, e vendeva milioni di dischi, e i suoi filmetti incassavano miliardi. Oggi -
che si professa “umile allievo di Sergio Bruni” - è uno dei più significativi musicisti world italiani. E smettete di ridacchiare se vi dicono
che l’ex ragazzo con il caschetto è un piccolo genio. “Ha cominciato Goffredo Fofi - ricorda Nino. - Scriveva sempre delle cose
terribili su di me, e io gli mandai Tiempo. Tiempo fu il mio primo disco d’insuccesso, il primo in cui cercavo una mia strada musicale. E Fofi se ne
innamorò. Sono le cose che non ti aspetti, e ti cambiano la vita. Pensa a Miles Davis:
disse che gli piaceva la mia musica, e tutti mi telefonavano, Nino, Nino, hai
visto cos’ha detto Miles Davis? E io sì, sì, grazie. Beh, io manco sapevo chi fosse, Miles Davis...”. E quando Roberta Torre, la regista, gli commissionò la colonna sonora di
Tano da morire? Il film era un musical sulla mafia, ambientato a Palermo, ma Nino decise di
scrivere le canzoni in napoletano, non in siciliano. “Roberta non era d’accordo: perché in napoletano?, mi fa. E io: Robe’, secondo me anche i boss della mafia ascoltano le canzoni napoletane”. Tano da morire fu un successone. “Io alla canzone napoletana ho fatto tanto bene e tanto male, ai tempi del
caschetto. Del bene, perché la mia è stata comunque una rivoluzione, una rivoluzione popolare; e del male, perché quel fenomeno degenerò...”. Però c’è chi ha fatto peggio: “Renzo Arbore ha portato in giro un’immagine falsa, folkloristica della nostra musica. E l’ha fatto in tutto il mondo: io, almeno, all’estero non andavo”. Quelli del caschetto furono anni ruggenti. “Poi accadde qualcosa che non c’entrava con la carriera. Morirono i miei genitori. Solo in quel momento diventi
adulto, diventi a tua volta genitore. Ti prendi delle responsabilità. E sei pronto alle svolte”. Pagandone il prezzo, s’intende. Due anni di depressione, poi la risalita, e la scoperta di nuovi
orizzonti: Peter Gabriel, i suoni del mondo, e la consapevolezza che quella
musica è anche la tua musica. Ce l’hai dentro, aspetta soltanto d’uscire. “Capisci, la musica m’ha salvato la vita. Mio padre era operaio. A noi figli ha dato dei principii
forti; ma ci sono cose come l’istruzione... andavo a scuola, però la notte lavoravo fino alle undici in un bar, e la mattina non avevo la testa
per studiare. Quando il successo è arrivato, non mi sono fatto tante domande. Avevo i soldi, potevo aiutare la
famiglia. E non rinnego niente: credo che già nelle canzoni di allora ci fosse qualcosa, ma nessuno era interessato a
scoprirlo”. Così ti appioppano l’etichetta. Spazzatura. “è come per i film. Mica potevo scegliere, mica mi chiamava Fellini. Quelli mi
offrivano, quelli facevo”» (da un’intervista di Gabriele Ferraris)
• Però, come attore, ha dato una bella prova in Il cuore altrove di Pupi Avati.