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 2011  luglio 06 Mercoledì calendario

D’AMATO

Antonio Napoli 16 giugno 1957. Imprenditore. Guida un gruppo industriale leader in Europa nel settore dell’imballaggio per alimenti (il suo prodotto più popolare sono i bicchieri di cartone bianchi e rossi con cui al bar viene
servita la Coca Cola). Il suo quartier generale è ad Arzano, nel napoletano. Nel 2000 è stato eletto presidente della Confindustria, battendo sorprendentemente il
candidato Fiat Carlo Callieri (non sgradito alla Cgil e ai Ds). La sua scelta è stata vista come una svolta a destra dell’associazione che si andava posizionando sull’arrivo di Berlusconi (vincitore delle elezioni l’anno successivo). D’Amato s’è sgolato in favore dell’innovazione di «processo e di prodotto» e per una politica di liberalizzazioni e maggiore flessibilità del lavoro. Ma invano: nel 2004 l’elezione al suo posto di Luca Cordero di Montezemolo ne ha sancito la sconfitta
• Nel 2005 è stato per qualche giorno in predicato per la candidatura a presidente della
Regione Campania contro Bassolino. Ha rinunciato da sé • «Sono e resto liberale. Lo ero fin da ragazzo quando, al ginnasio, dirsi tali
significava essere guardati come alieni. Ero cresciuto in una famiglia dove si
respiravano questi princípi e se ne discuteva anche spesso. Una volta, a 16 anni, tenni pubblicamente
testa anche a Francesco Compagna sostenendo che al Sud c’erano imprenditori che avevano voglia di cambiare le cose. Certo, a scuola, fu
difficile mantenere il punto. Erano gli anni degli scontri tra fascisti e
comunisti con teste rotte quasi ogni giorno. Io stavo proprio in mezzo e
litigavo con tutti e due. In seguito ho capito che quegli anni, con quella
testarda scelta di campo controcorrente, mi hanno fatto da palestra, aiutandomi
a tenere la rotta dritta anche più tardi, quando mi sono trovato alla guida di organizzazioni complesse come l’Associazione degli industriali o la Confindustria. Certi risultati, come la
riforma del mercato del lavoro da noi sostenuta, si ottengono solo se si
dimostra rigore e libertà»
• «Già a 14 anni avevo cominciato a stare in fabbrica almeno un mese all’anno, lavorando sulle macchine a rotocalco. Più tardi sono andato in giro con i venditori, a vedere come si fa. Insomma, sono
cresciuto in azienda, sotto gli occhi di mio padre. Lui aveva cominciato dal
nulla. Proveniva da una famiglia della media borghesia, ma era rimasto orfano
quando aveva appena sei mesi, nel 30. La famiglia aveva vissuto di quello che
aveva fino alla guerra, dove poi perse tutto. Papà cominciò a lavorare che aveva appena 15 o 16 anni. Fece molti mestieri finché non provò a vendere bicchieri di carta fabbricati da una piccola azienda napoletana. Era
un prodotto nuovo su un mercato che si apriva e fu la chiave di volta del suo
successo. A 34 anni aveva la sua prima fabbrica di contenitori di carta» (da un’intervista di Stefania Rossini)
• «Lo stato sociale è più debitore del capitalismo o del socialismo? Del capitalismo. Perché il capitalismo crea le risorse da mettere a disposizione dello stato sociale» (a Roberto Gervaso) • «Non si possono far riforme difficili con il consenso di tutti» (a Claudio Rinaldi) • «Qui ad Arzano, ai cancelli della fabbrica, siamo costretti a tenere guardie
armate. Nello stabilimento di Neuhaus, invece, non abbiamo nemmeno i cancelli.
La cattura dei grandi latitanti non deve illudere: i baristi di paese
continuano a pagare il pizzo» (a Michele Concina) • Molto importante la compagna, Marilù Faraone Mennella (nata nel 68), bionda, anche lei imprenditrice. Si conobbero
nel 90 proprio in Confindustria: «All’inizio mi sembrò antipatico. Ora lo amo e sono contenta. Lo seguirò, ma sempre quattro passi indietro». Il più grande divertimento di Marilù è parlare con Antonio fino a notte tarda: «Io e lui siamo legati da un rapporto intellettuale fortissimo, di grande
assonanza spirituale» (Giancristiano Desiderio).