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 2011  luglio 06 Mercoledì calendario

COVA Alberto Cermenago (Como) 1 dicembre 1958. Mezzofondista. Ex campione dei 10.000, nell’82 vinse gli Europei, nell’83 i Mondiali, nell’84 le Olimpiadi • Quella che vinse era la prima edizione dei Mondiali di atletica: «Interminabili le ultime ore prima della gara

COVA Alberto Cermenago (Como) 1 dicembre 1958. Mezzofondista. Ex campione dei 10.000, nell’82 vinse gli Europei, nell’83 i Mondiali, nell’84 le Olimpiadi • Quella che vinse era la prima edizione dei Mondiali di atletica: «Interminabili le ultime ore prima della gara. C’era tensione nell’aria, anche perché avevo vinto gli Europei ed ero il favorito. Io ero convinto di poter ottenere un grande risultato, ma avevo anche rispetto per gli avversari. In quel periodo stavo leggendo un libro giallo, ero in camera con Scartezzini e lui si preoccupava perché mi vedeva troppo tranquillo, lì, sul letto, a leggere. Ma non ero calmo: leggevo per estraniarmi dalle emozioni che mi assalivano. Il libro giallo mi ha portato in una situazione particolare, che poi è successa anche in gara: il killer che uccide l’avversario all’ultimo metro, all’ultimo secondo. All’inizio la velocità non era elevata e la cosa mi rasserenò perché, avendo una volata importante, potevo arrivarci nelle condizioni giuste. Con mia grande sorpresa i giri passavano e la velocità non cambiava. A un certo punto cerco di far capire agli avversari che ci sono anch’io. Mi ritrovo davanti, ma non era una cosa voluta. Gruppo sempre compatto, c’era molta tensione tra noi. Ognuno cercava di intuire cosa potesse fare l’altro. Una par tita a scacchi. Non soltanto le gambe, lì conta anche la testa. Io mi stavo concentrando sugli ultimi 400 metri: sapevo che Schildhauer e Kunze erano gli uomini da battere, dovevo inserirmi nella volata giusta. Schildauer mi ha sorpreso! Invece di aspettare l’ultimo giro si lancia prima, esce dal gruppo e passa come una scheggia. Mi ha colto davvero in contropiede, tant’è che mi prende subito una ventina di metri, la mia fortuna è stata che tra me e lui c’erano tre avversari: Kunze, Shahanga e Vainio. è vero che la distanza era tanta, ma questi tre atleti avevano creato come una catena tra me e lui, me lo sentivo più vicino. Ultimo giro. Dalla campana in poi Schildhauer correva a una velocità incredibile, Kunze vicino a lui, gli altri due erano il riferimento per il bronzo. Negli ultimi 150 metri mi sono accorto che rallentavano e io producevo una velocità che non era in aumento, ma mi consentiva di guadagnare terreno. In quegli attimi non senti nulla, sprigioni energia, senti solo le gambe che girano a mille e la testa che le spinge per cercare il massimo della coordinazione. è stata sempre una mia dote: correre nell’assetto giusto anche ad alta velocità. Non credo di essere stato più veloce degli altri, è stato questo meccanismo di economia delle forze che mi ha permesso di essere più veloce. Corri guardando il traguardo e non più gli avversari. Solo quando ho affiancato Schildhauer, c’è stato un attimo in cui l’ho visto alla mia sinistra con la coda dell’occhio e ho capito che la mia velocità era tale che l’avrei superato proprio sul traguardo. Lì ho alzato le braccia: un’emozione forte. Per un attimo avevo pensato che l’oro fosse impossibile. Sono impazzito di gioia. Sì, proprio io che per tutti ero il ragioniere, sia per il diploma, sia per la condotta in gara» (da un’intervista di Gabriella Mancini).