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 2011  luglio 06 Mercoledì calendario

COSTANZO

Maurizio Roma 28 agosto 1938. Giornalista. «Io gliel’avevo detto: “A Giampa’” gli avevo detto “io ti dò ’sto consiglio: bordeggia...”» (Maurizio Costanzo, appena nominato direttore di Canale5 al posto di Giampaolo
Sodano).



VITA Padre Ugo, impiegato al ministero dei Trasporti. Mamma Iole: «Dopo la guerra lo promossero a direttore della mensa del ministero. Allora mamma
fu costretta ad andare a fare la spesa a chilometri di distanza da casa, dove
non ci conoscevano. I negozianti delle nostre parti — via Livorno, piazza Bologna — speravano nelle commesse della mensa e a noi erano pronti a farci mangiare
gratis» (da un’intervista a Giorgio Dell’Arti).



Figlio unico, bambino complicato, martirizzava la madre, stava in ansia, s’annoiava, passava le giornate incollato ai vetri della finestra. Grasso già a nove anni, a suo dire per una cura ricostituente di Nestrovit che gli fece
male. Si diploma e non va all’università. Il nonno aveva affittato una camera a Vittorio Veltroni, padre di Walter e
allora dirigente Rai. Vittorio Veltroni lo porta a fare un giro per gli studi
televisivi della Rai, appena messi in piedi (sarà stato perciò il 54 o il 55). Costanzo sogna a occhi aperti. «Fin dai nove anni pensavo di fare il giornalista, e mi scrivevo un giornale da
solo. Leggevo ad alta voce intere commedie di Goldoni, cosa che esasperava i
miei genitori, e poi mi chiudevo in camera e ascoltavo alla radio Corrado e
Mario Carotenuto»
• «Passavo ore con in mano un portasapone rovesciato, come se fosse un microfono.
Oppure con un mio amico, Lucio, giocavo con le lattine, io ero per Bartali, lui
per Coppi, e alla fine della tappa scrivevo la radiocronaca» • «Mio zio mi faceva leggere le terze pagine del Corriere della Sera. C’erano firme illustri, Vittorio G. Rossi, Enrico Emanuelli, Virgilio Lilli, ma
soprattutto Indro Montanelli. Io mi appassionai a Montanelli; a 14 anni gli
scrissi una lettera. Come avrei potuto scrivere a un calciatore: “Io vorrei conoscerla”. Lui mi telefonò. A me prese un colpo. “Sono Indro Montanelli”. Credevo di morire. Mi disse: “Vieni dopodomani in via della Mercede, nella redazione romana del Corriere della
Sera”. Io dissi: “Senz’altro”. E marinai la scuola. Mi disse: “Io capisco che tu hai questa voglia di fare il giornalista. Se proprio vuoi
farlo, comincia a farlo il prima possibile”. Cominciai quasi subito a collaborare a un’agenzia di stampa che si chiamava Italmondo, agenzia fatta da un intelligente e
strano tipografo del Giornale d’Italia, Francesco Casadio, un fanatico dell’esperanto. Poi cominciai a scrivere qualche articolo per La Giustizia, il
quotidiano di Giuseppe Saragat. Avevo 17 anni, facevo il liceo al Giulio
Cesare, il mio professore di italiano si chiamava Umberto Massi e scriveva per
il Popolo. Ogni tanto mi chiamava e diceva: “È uscito niente di tuo? Il mio articolo È uscito, guarda”. Finito il liceo andai come volontario nel mese di agosto al Paese Sera di
Roma. Arrivai presentato da Felice Chilanti, che era un inviato storico di
Paese Sera. Il direttore era Dario Beni. Per anni mi chiamò il “volontario di agosto”. Mi mandarono allo sport, capo sevizio era Marcello Sabatini, vice caposervizio
era Antonio Ghirelli. Ghirelli mi disse: “Tu che sport conosci?”. Dissi: ciclismo. “Va bene, farai l’inviato al Giro del Belgio”. Mi mise in mano le agenzie e disse: “Ecco, scrivi il resoconto della prima tappa”. Firmai “Maurice Constance”»
• «Ho sempre creduto al giornalismo-giornalismo, come si faceva una volta. Andare
sui posti col taccuino, prendere le foto dei morti ammazzati in casa delle loro
famiglie, scrivere cronache, passare gli articoli altrui in tipografia. Questa
cosa del giornalismo vero io l’ho sempre sentita moltissimo, tanto che alla fine degli anni Sessanta, mentre
lavoravo alla radio, scrivevo una commedia per il Sistina, collaboravo a un
sacco di giornali, lavoravo alla radio, avevo già il diritto di darmi un po’ di arie per il testo di
Se telefonando cantato da Mina, e nonostante questo mi feci prendere da Afeltra al “Giorno” come redattore ordinario, per la Cronaca e gli Spettacoli. Solo perché sentivo il bisogno del giornale, delle notizie. Ci ritornai con lo stesso
spirito con cui si va a passare una settimana alle terme per ritemprarsi. Una
mattina che stavamo provando al Sistina Cielo, mio marito! dovetti mollare le prove per andare a fare la cronaca di un palazzo saltato per
aria sulla Prenestina, in largo Telese. Dalle ballerine, in pochi minuti, al
sangue. Però come È stato importante, quanto mi È servito» • «Lavoravo, pagato ma non a contratto, nella redazione romana del “Corriere Mercantile” di Genova. Facevo dei servizi, mi mandavano anche fuori Roma. Collaboravo anche
al “Paese Sera”, intervistavo scrittori sul loro rapporto con lo sport. Conobbi Curzio
Malaparte. Poi, grazie a Brunello Vandano, capo dell’ufficio romano di Grazia, entrai alla Mondadori. Diventai quasi subito capo dell’ufficio romano di Grazia. Era un giornale molto importante, vendeva quasi 500
mila copie. Lavoravo tantissimo, facevo decine di interviste, cronaca e
spettacolo, la mia cultura televisiva nasce dall’aver frequentato la tv in bianco e nero di allora, dal
Musichiere a Telematch, Mario Riva, Enzo Tortora, Enza Sampò. Feci gli esami da professionista insieme a Furio Colombo. Soffrii molto una
volta che il caporedattore di Grazia, Guido Milli, mi fece rifare un titolo 13
volte. Ma ricordo incontri stupendi come quello con Dino Buzzati, che dirigeva
La Domenica del Corriere» • «A Grazia scoprii il figlio segreto di Ugo Tognazzi in Norvegia. Aveva avuto una
storia con una norvegese e fui mandato in Norvegia a intervistare la ragazza
incinta» (da un’intervista a Claudio Sabelli Fioretti) • Alla fine degli anni Settanta comincia la collaborazione con la Rizzoli: prima
dirige La Domenica del Corriere (1978), poi fonda L’Occhio, che si definisce “quotidiano popolare”, ma vende poche copie e passa dei guai seri quando promuove una campagna a
favore della pena di morte: il magistrato Giovanni D’Urso ordina il sequestro di tutte le copie. Il giornale fallisce nel 1981 • Nello stesso periodo Costanzo aveva successo in televisione, dove aveva
debuttato nel 76 con un talk-show di seconda serata chiamato Bontà loro • «Mi feci crescere di nuovo i baffi. Pensai: vanno di moda le facce che lanciano
messaggi e su ’sta faccia mia mettiamoci qualcosa» • Programma semplicissimo, in cui Costanzo metteva a frutto l’esperienza di un giornalismo colloquiale fatta in radio nel programma Buon pomeriggio (con Dina Luce). In Bontà loro si limitava a far sedere in un salotto tre personaggi più o meno famosi e a chiacchierare con loro del più e del meno. Il successo fu enorme. «Ettore Bernabei era convinto che a quell’ora gli italiani andassero a dormire. Non era vero. Alla prima puntata facemmo
quasi 5 milioni e mezzo d’ascolto, alla seconda 13». I primi ospiti furono «il regista Anton Giulio Majano, un bidello e una ex Miss Italia che era stata
espulsa dal concorso perché era stata fotografata con le tette di fuori. Quaranta minuti di domande sulla
carriera e sulla vita. Alla seconda puntata venne Francesca Bertini, la diva
del cinema muto». Il primo politico fu Tina Anselmi, ministro del Lavoro: «Le chiesi perché non si fosse sposata e mi beccai una quindicina di interpellanze parlamentari.
Nel secondo ciclo di trasmissioni venne Giulio Andreotti, presidente del
Consiglio. Poi i comunisti Giorgio Amendola e Giancarlo Pajetta»
• «Dopo le prime puntate qualcuno mi disse: bello il tuo talk-show, migliore di
quello che va in onda in Inghilterra. Io non sapevo nemmeno che cosa fosse un
talk-show: avevo inventato un genere che non avevo mai visto, ma che esisteva
già in altri Paesi. E lo avevo persino migliorato...» • A Bontà loro seguirono Acquario e Grand’Italia. La formula non era cambiata • Nominato direttore del primo telegiornale italiano non Rai — Contatto della rizzoliana Pin (Prima rete indipendente) —, scrive il suo unico articolo per il Corriere della Sera, una lunga intervista
a Licio Gelli, di cui nessuno, sul momento, coglie il significato nascosto. Ma,
poco dopo, il suo nome si trova nella lista degli iscritti alla Loggia P2 (vedi
GELLI Licio), tessera 1819, data di iscrizione 26 gennaio 1978, e la carriera
di grande giornalista e uomo di spettacolo (aveva scritto, tra l’altro, le parole di
Se telefonando di Mina) sembra stroncata per sempre. Era il 1981. Costanzo smentisce di essere
stato iscritto («m’hanno messo lì dentro a mia insaputa»), poi, a Giampaolo Pansa che lo doveva intervistare per la mondadoriana Uomo
tv, dice prima della messa in onda: «Butta via tutte le domande che hai preparato. Adesso confesso». E, di fronte allo stupito giornalista, che aveva buttato davvero via tutte le
sue domande, parlò a lungo della propria disavventura, dandosi più del cretino e asciugandosi di continuo il sudore che gli colava giù per la faccia con dei fazzolettini di carta. La Uomo tv venne poi assorbita da
Italia1. La cassetta-confessione di Costanzo non È mai più stata ritrovata
• Dopo un breve periodo di tormenti, in cui l’unico a farlo lavorare fu Niki Grauso sulla sua Videolina (cosa che Costanzo non
ha mai dimenticato), eccolo tornare finalmente in video: su Rete4, che
Berlusconi aveva appena comprato da Rusconi, va in onda la prima puntata del Maurizio Costanzo Show. Era il 14 settembre 1982. «Durante la trasmissione Paolo Villaggio s’innamorò di Eva Robin’s, Paola Borboni confessò d’essersi concessa al presidente dell’Argentina per salvare la compagnia teatrale di Armando Falconi. Era sul palco
anche il giovane parricida Marco Caruso» • Il Maurizio Costanzo Show, prima dal Sistina e poi dal Parioli («fu Garinei a suggerirmi di trasferire la trasmissione in teatro, io peraltro l’ho sempre vissuta come un evento teatrale, con personaggi che si scontrano o si
amano, eccetera»), È andato avanti per 22 anni, mandando in onda più di 3600 puntate e ospitando più di 25 mila persone. Dire che È stata la più grande rappresentazione del popolo italiano nel suo farsi È ancora poco. Non si contano i personaggi scoperti e lanciati: Sgarbi, Riondino,
Iacchetti, Vergassola, Giobbe Covatta, Nick Novecento, Gioele Dix, Stefano
Zecchi, lo stesso Luciano De Crescenzo, che aveva appena scritto il suo Bellavista e che Costanzo fece venire subito sul palco a raccontare le sue storie • Tra gli ospiti che hanno fatto la passerella (durante il primo periodo), Wanda
Osiris e Carlo Dapporto, secondo Costanzo indimenticabili • Giulio Einaudi telefonò a Sebastiano Vassalli che aveva rifiutato di partecipare al Maurizio Costanzo Show e gli diede del cretino • «Non le conto più le volte che ho rispedito in camerino signore e signorine senza biancheria
intima. Sarebbe stato imbarazzante se avessero accavallato le gambe... I miei
erano talk-show, non Basic Instinct» (da un’intervista a Micaela Urbano) • Il 14 maggio 1993 un’autobomba esplose in via Fauro a Roma, a pochi passi dal teatro Parioli, proprio
nel momento in cui passava l’auto di Costanzo. Nessun ferito. Il conduttore era stato buon amico di Giovanni
Falcone (ucciso l’anno prima) e aveva condotto molti speciali sulla mafia, anche in collegamento
con Michele Santoro. In particolare il giudice Di Maggio, dal palco del Maurizio Costanzo Show, aveva denunciato le collusioni tra mafia e politica • Il programma non va più in onda dal 2005. Costanzo, che nel frattempo ha condotto Buona domenica, ha portato il suo talk show al mattino, in un programma che si chiama Tutte le mattine. Ma È qualcosa di molto diverso dal Maurizio Costanzo Show • Da qualche anno i rapporti con Mediaset sono comunque difficili. Si ha l’impressione che l’azienda voglia liberarsi in qualche modo di uno dei suoi conduttori storici
(quasi un fondatore) e non sappia bene come fare. C’È anche il problema di non perdere, in questa ridefinizione dei rapporti, la De
Filippi. Costanzo ha reagito alle malegrazie dei suoi datori di lavoro con una
rabbia eccessiva. La risposta a Barbara Berlusconi, che alle Invasioni barbariche di Daria Bignardi aveva criticato Buona domenica (che poi Costanzo ha perso), È stata fuori misura («deve avere problemi in famiglia») • «Il mio primo film come sceneggiatore si chiamava Il tesoro di San Pietro ed era interpretato niente meno che da Walter Pidgeon e da Klaus Kinski. Da lì, cito alla rinfusa: Il giovane normale con Lino Capolicchio, diretto da Dino Risi, tratto dall’omonimo libro di Umberto Simonetta. In quell’occasione ebbi l’onore di conoscere e collaborare con Ruggero Maccari, un grande e
indimenticabile sceneggiatore. Con lui, anni dopo, scrissi Ritratto di provincia in rosso diretto da Marco Leto e interpretato da Ugo Tognazzi. Con lui collaborai ancora
per Una giornata particolare dove ebbi una seconda grande fortuna: dialogare con Ettore Scola. Citando
sempre alla rinfusa, ricordo una lunga collaborazione con Pupi Avati. Prima Bordella, poi La casa dalle finestre che ridono, una serie televisiva in quattro puntate, Jazz band, e, insieme a Pupi, il soggetto di Le strelle nel fosso» • È sposato dal 28 agosto 1995 (giorno del suo compleanno) con Maria De Filippi.
Insieme, tre anni fa, hanno adottato un bambino di 12 anni (sui rapporti, d’affari e d’amore, con la De Filippi vedi DE FILIPPI Maria) • Ha avuto quattro mogli, se si considerano quelle effettivamente sposate.
Cinque, se si conta anche Simona Izzo, con cui ha convissuto. In tutto,
ricapitolando: Lori Sammartino, Flaminia Morandi, da cui ha avuto i due figli
Camilla e Saverio, Marta Flavi, l’unica da cui s’È separato malamente, Simona Izzo (che era troppo gelosa) e Maria De Filippi • Marta Flavi: «Ringrazio Maurizio Costanzo di avermi sposato. E di avermi lasciato» • Ha scritto molti libri e, da ultimo, Chi mi credo di essere (Mondadori) autobiografico. Altre sue biografie: Umberto Piancatelli Chi c’È dietro ai baffi (Nuova Eri, 1994), Riccardo Bocca Maurizio Costanzo Shock (Kaos Edizioni, 1996. Molto ostile: Costanzo ha fatto in modo che nessuno ne
parlasse e che sparisse al più presto dalla circolazione).


FRASI «È come il discorso delle sponsorizzazioni. Io non sono capace, Funari sì. Perché Mike È grande? Perché da cinquant’anni fa quello e solo quello, pensa a quello e solo a quello. Dammi un quiz a
me, invece, e non so nemmeno da che parte cominciare. Vianello È un grande attore comico e riesce a condurre Pressing solo perché ha riciclato una sua competenza. Ma È un caso quasi unico. Tu sai fare i mocassini? Ma ti devi specializzare al punto
tale da esser capace di fare non i mocassini, che forse È già troppo, ma addirittura le suole dei mocassini, in modo che quando hanno bisogno
delle suole possono venire solo da te. Per esempio, la Parietti, È tanto bella, tanto brava e leggo che vuole fare un talk-show. Ma ’ndo vai?, dico io» • «Io sono un produttore di malinconia».



COME SI PREPARA UN TALK—SHOW «Il giorno prima e il pomeriggio della trasmissione io penso magari a una
struttura, a un percorso. Ci penso vagamente, però. Intanto la trasmissione di stasera, per dire, può modificare quella di domani: non si può andare due volte per la stessa strada, o ripetere le stesse domande. Poi io mi
lascio suggestionare da quello che dicono gli ospiti, da quello che succede in
sala, qualcuno ride strano, oppure un ospite ha una giacca, un distintivo, fa
una cosa imprevista. Io subito mi aggancio a questo particolare per fare una
domanda, cerco di condurre la serata in modo tale che una questione s’agganci all’altra, che tutto proceda con naturalezza. Perciò, tutto quello che ho pensato prima va volentieri a carte quarantotto. Tra l’altro io gli ospiti, se non sono personaggi famosi, li vedo per la prima volta
al Parioli la sera della trasmissione […] Condurre un talk—show vuol dire fare tanti mestieri insieme. Bisogna essere un po’ uomini di spettacolo, percepire la platea e le sue tensioni, avere il ritmo.
Bisogna essere padroni di casa, ravvivare la conversazione che langue,
incoraggiare l’ospite timido, ridurre a miti consigli il presuntuoso. Bisogna essere
giornalisti, cioÈ saper fare le domande e avere la curiosità tipica dei giornalisti per i personaggi, per i casi. Io ragiono sempre come se
dirigessi un quotidiano. Per esempio, ho la mazzetta dei giornali (sette, che
leggo tra le sette e le otto del mattino), faccio le riunioni di redazione...
Per scegliere chi invitare sono importantissime le lettere. Ne arrivano
quattrocento al giorno. La redazione fa una prima selezione che passa al mio
coautore, Alberto Silvestri (
oggi defunto — ndr). Alberto se le legge il sabato e la domenica e il lunedì mattina mi segnala quelle più interessanti. Poi facciamo tre riunioni a settimana, tutti quanti, per
discutere le scelte, far fronte a qualche rinuncia dell’ultimo momento, eccetera. Il lunedì però È forse il giorno più importante, si dà il via definitivo alla programmazione della settimana. Gli ospiti non vengono
pagati. Quelli che vengono da fuori hanno il rimborso del viaggio e dell’albergo, e basta. Quelli di Roma, qualche volta, li mandiamo a prendere con la
macchina. E questo È tutto. Solo Monica Vitti, per venire, chiese un compenso. Ma io le dissi di no
e lei restò a casa. Poi ha scritto il libro ed È venuta a parlarne. Quanto ai talenti da lanciare, c’È un mio uomo, Giorgio Gambino, che gira incessantemente per teatri e teatrini,
festival, cabaret e ci segnala quello che gli sembra interessante. Poi li vede
il mio coautore, Silvestri, e infine, se superano anche questo esame, li chiamo
in trasmissione. La trasmissione È una specie di prova finale».



COMMENTI • «Cinema, teatro, televisione, radio, giornali. Ha fatto tutto. Ha cominciato che
era un ragazzino. Uno stakanovista? Lui preferisce dipingersi con un bulimico
totale. Un consumatore folle di articoli, trasmissioni, cibi, mogli. È stato forse questo darsi senza condizioni al lavoro che lo ha fatto arrivare
indenne dov’È ora, sempre sulla cresta dell’onda nonostante scandali (P2), fallimenti (L’Occhio), attentati mafiosi ed equilibrismi apparentemente impossibili
(consigliere di D’Alema e dirigente berlusconiano)» (Claudio Sabelli Fioretti)
• «I riti, la potenza dei riti. Ecco, questa È una differenza della tv contemporanea rispetto al passato, anche recente: lo
spariglio dei riti, il dilagare della contaminazione. Costanzo ha contaminato
tanto, nello “Show”: ma secondo ferree regole. Che adesso non valgono più» (Alessandra Comazzi) • «Costanzo non mi piace. Litigammo nel 94 quando fece trovare a Berlusconi un
pubblico di gente ostile» (Gianni Baget Bozzo).



POLITICA «Io voto Ds. Detto questo non ho mai fatto lo sgambetto a Silvio Berlusconi. Lo
conosco da vent’anni e mi lascia in assoluta libertà da sempre. Del resto quando scese in campo gli dissi: ti preferivo come
editore, non ti voterò ma non ti colpirò mai alle spalle. E ho mantenuto questa promessa» • «Ho assistito al primo programma radiofonico della mia vita, Arcobaleno, con i biglietti che mi aveva dato il padre di Veltroni. Non solo, la mia prima
moglie era amica della mamma dei Veltroni. Quindi conosco i due fratelli (Veltroni ha un fratello che si chiama Valerio e fa l’uomo d’affari — ndr)» • «Sono amico di D’Alema» • « In quanto a Fini non ne condivido le idee ma credo che lui e D’Alema siano oggi i due soli veri leader che ha l’Italia» • «Vive malissimo la scheda bianca» (Maria De Filippi).



TIFO «Ho cambiato quattro mogli ma sono sempre rimasto romanista. Il tifo È per la vita» • È anche azionista del quotidiano Il Romanista, per il quale era stato offerto ai
sottoscrittori un pacchetto del 2 per cento in cambio di 25 mila euro ciascuno.
L’obiettivo era di raggiungere la quota di due milioni. Costanzo si È offerto di sottoscrivere tutto l’inoptato, circostanza che ha fatto correre la voce, destituita di fondamento,
che fosse pronto a comprarsi la Roma.



VIZI Molto ansioso, molto fumatore (marca Merit), molto pigro: il sabato e la
domenica È capace di starsene ore e ore stravaccato in poltrona, a guardare film in
cassetta. Non entra in un cinema dal 1977, non va a feste né a cene. Dice: che bisogno ho di una società che mi circondi, faccio salotto tutte le sere. Ha una casa di 200 metri quadri
ai Parioli e, dal lunedì al venerdì, quattro uomini di scorta che gli sono stati messi vicino dopo l’attentato. Non ha passioni sportive, a parte la Roma e il ciclismo che gli È diventato congeniale perché da ragazzino giocava a ciclotappo con gli amici
• Porta abiti sempre dello stesso colore perché È daltonico (Ornella Ferrario). Veste Battistoni, camicie Albertelli. Nonostante
le insistenze iniziali di Berlusconi non si È piegato alla cravatta («Non ho collo, come faccio?») • Adora i cani, come la moglie che per i sessant’anni gli ha regalato un bassotto nero a pelo raso (di nome Cassio) • Sul mangiare, le diete ecc.: «Sono come Marcello Marchesi che s’alzava da tavola e diceva: “Come mi sono divertito!”. Però più che un buongustaio sono un tremendo goloso. Nel 72, alla Carbonara, feci fuori
un plateau intero di 24 bignÈ. Giuseppe Bertolucci ne parla ancora adesso. Una volta ero arrivato a settanta
chili, per me una misura fuori dal mondo. Però, non È servito. Un grasso si muove da grasso pure quando diventa magro, un grasso È grasso nell’anima”. L’ultima dieta, col professor Migliaccio: era arrivato a 114 chili, enorme per un
uomo della sua statura (intorno al metro e 65). È sceso fino a 75, ma non È durata. «Sono uno di quelli che quando È triste mangia e quando È allegro mangia»
• «Sono bugiardo con le donne. Fino a quando ho incontrato Maria ho sicuramente
vissuto nella menzogna. Ho attraversato l’infedeltà e ho consumato tutte le bugie a disposizione» • «Con gli uomini mi annoio» • «Sono possessivo in tutto, non solo nell’amore» • «Le critiche le patisco. È vero» • Russa. Lui e Maria dormono in stanze separate • Appena alzato accende la tv e mette su Raidue: «A quell’ora danno spezzoni di trasmissioni del passato. Dopo 10 minuti acqua fredda sul
viso. Poi il tÈ con 3 fette biscottate». Nulle le possibilità di conversazione: «Potrei parlare solo coi cani, Maria a quell’ora dorme» (Betta Carbone) • Possiede venti orologi, non vuole intorno gente vestita di viola (vecchio topos della rivista: Wanda Osiris rimandava a casa gli spettatori con qualche capo
viola) • Massimo Fini: «Mi sembra che tu sia molto interessato a mantenere il tuo successo e la tua
posizione, anche in modo molto spregiudicato. Nel senso che si favoriscono gli
amici, si stangano i nemici, si fanno pressioni per avere o negare favori. È tutto un modo di fare. Io credo, Costanzo, che questo tuo modo poco elegante,
diciamo così, di difenderti dipenda dal terrore di perdere la tua posizione, perché dai l’impressione di poter vivere solo nella rappresentazione, cioÈ nella televisione». Maurizio Costanzo: «No, vivo anche nella realtà. Però È vero che ci sono in me, da sempre, una malinconia e una noia profonde. E credo
che il mio presenzialismo abbia a che fare con questo. In molti momenti della
mia vita per tenere a bada la malinconia e non cadere in depressione ho cercato
il frastornamento, ho preso un impegno dopo l’altro. Io sono un produttore di malinconie, le posso esportare nello Zaire.
Quando avevo sei o sette anni io stavo ore davanti a una finestra, a un vetro,
e dicevo: “Mi annoio”. Credo di aver passato i restanti cinquant’anni a combattere questa noia per non cadere nel buco nero della depressione. E
sono anche convinto che i chili in più che ho preso intorno ai dieci anni derivino da questa malinconia. E anche
questo È stato determinante, perché io ho sempre cercato di essere “qualcosa” anche a prescindere dai chili in più» (intervista del 1996).