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 2011  luglio 06 Mercoledì calendario

CONTRADA

Bruno Napoli 2 settembre 1931. Ex numero tre del Sisde, ex capo della Mobile di
Palermo, ex capo della Criminalpol. Arrestato per mafia all’antivigilia di Natale del 92, fu scarcerato nel 95 dopo 31 mesi di detenzione.
Il 5 aprile 99, nel processo di primo grado, fu condannato a dieci anni di
reclusione. Il 4 maggio 2001 la seconda sezione della Corte d’appello di Palermo lo assolse con formula piena “perché il fatto non sussiste”: a fine 2002 la sentenza è stata annullata dalla Cassazione per un vizio di forma. Nuova condanna nell’appello bis (febbraio 2006)
• «Sembrava un poliziotto americano, uno di quei detective che si vedevano solo nei
telefilm. I piedi incrociati sulla scrivania, la giacca buttata sulla sedia, la
cravatta slacciata, la sigaretta in bocca, la pistola nella fondina di cuoio
che a ogni piccolo movimento sgualciva la camicia bianchissima. La notte tra il
4 e il 5 maggio del 1980 ci fu una grande retata, presero una quarantina di
mafiosi. Tutti i funzionari di polizia furono contattati a uno a uno dal
questore Vincenzo Immordino e rinchiusi in una caserma prima di irrompere nelle
case dei boss, tutti tranne uno. Tutti tranne lui che venne tenuto all’oscuro dell’operazione, lui, il capo, il massimo esperto di cose di mafia. Le voci
diventarono sempre più forti, mese dopo mese e anno dopo anno. Le diffidenze di Falcone. Certe
prudenze investigative. Timori che paralizzavano inchieste. Voci che si
inseguivano mentre si apriva una folgorante carriera per “il dottore”» (Attilio Bolzoni)
• «Fui preso a casa da un nugolo di uomini principalmente della Dia e trascinato in
carcere dove sono rimasto per 31 mesi sulla base di esigenze cautelari
inesistenti. Mi ero presentato il 17 novembre ai magistrati e mi ero messo a
disposizione. Non c’era alcun pericolo di fuga, ero stato sollevato dall’incarico e non potevo reiterare il reato. Potevo forse minacciare uomini dello
Stato o pentiti protetti sempre dallo Stato, sia in Italia che negli Usa?
Diciotto di quei 31 mesi li ho trascorsi da unico detenuto a Forte Boccea.
Dovevo restare solo. Doveva essermi inibita la possibilità di difendermi per smantellare prima e meglio le accuse. Erano tutti buttati
sullo stesso osso: l’Antimafia che assicura anche carriere. Io avevo riconvertito il Sisde dall’Antiterrorismo all’eversione destabilizzante della criminalità organizzata. Nello stesso tempo nascevano i corpi speciali. Qualcuno era di
troppo. Noi eravamo sulle tracce di Bernardo Provenzano, avevamo individuato il
covo trapanese dove era stato latitante con la famiglia, avevamo i cellulari di
uomini vicini a lui. Forse avremmo potuto catturarlo. Poco prima del mio
arresto quella struttura venne smantellata».