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 2011  luglio 06 Mercoledì calendario

CONSORTE

Giovanni Chieti 16 aprile 1948. Manager. È uno dei protagonisti delle scalate che hanno movimentato l’estate 2005. Con la sua Unipol, di cui era presidente e amministratore delegato,
ha cercato di impadronirsi della Banca Nazionale del Lavoro (BNL) al cui
possesso però aspiravano anche gli spagnoli del Banco di Bilbao. In quel momento governatore
della Banca d’Italia era Antonio Fazio, il quale sosteneva fortemente la necessità di difendere l’italianità dei nostri istituti. E Fazio tentò in ogni modo, senza alla fine riuscirci, di far finire la BNL nelle mani di
Unipol. Analogo andamento ebbero le scalate di Fiorani alla Banca Antonveneta e
di Ricucci alla Rcs: Fazio tentò di favorirle, non ci riuscì e alla fine dovette dimettersi
• Prima di attaccare la BNL, Consorte aveva lavorato per 15 anni al vertice della
Unipol - società assicuratrice appartenente al mondo delle cooperative e pienamente inserita nel
sistema politico-finanziario della sinistra e in particolare dei Ds -
trasformandola da piccola società piena di debiti in una potenza del mercato. I numeri li diede lui stesso, nella
lettera con cui si dimise al termine della battaglia perduta per Unipol (9
gennaio 2006): «Nel 1980 Unipol era una piccola compagnia di matrice cooperativa, comunemente
definita rossa, che si trovò ad affrontare innumerevoli difficoltà gestionali e ambientali [...] Nel 1991 si manifestò la crisi della nostra controllante Unipol Finanziaria caratterizzata da elevate
perdite e da un elevatissimo indebitamento. Fui chiamato allora ad affrontare
quella difficile situazione. Con la collaborazione di molti giovani dirigenti
entusiasti di partecipare ad un’operazione di risanamento riuscii, in oltre 5 anni di durissimo lavoro, a
risolvere la situazione e a scongiurare il pericolo di una cessione di Unipol
Assicurazioni [...] (Oggi) siamo diventati il terzo Gruppo assicurativo
italiano, abbiamo contribuito a creare oltre 5.000 posti di lavoro; un Gruppo
con elevata redditività e l’unico che ha veramente diversificato la propria attività dotandosi di una banca in meno di cinque anni di lavoro effettivo, recuperando
un’esperienza negativa che era stata avviata negli anni precedenti dal Movimento
Cooperativo»
• Aldo Cazzullo: «Laureato in Ingegneria chimica, dopo i master alla Luiss e alla Bocconi e l’apprendistato alla Montedison di Schimberni È adottato dai due grandi vecchi della finanza cooperativa, Cinzio Zambelli ed
Enea Mazzoli. Che gli affida le Coop di Milano, Bologna e Genova, in grave
crisi. Lui chiude le botteghe e punta sulla grande distribuzione. Quando arriva
all’Unipol, la capogruppo ha 815 miliardi di debiti e cento di perdite. Dalla sede
di via Stalingrado 45, ha aperto il capitale ai privati (la Reale Mutua,
fondata da Carlo Felice); ha ottenuto l’appoggio di Cuccia per l’ingresso in Borsa e l’acquisto della quota Generali della Bnl, soprattutto, ha partecipato con i “capitani coraggiosi” alla scalata Telecom. Non ha badato ai simboli, se non per infrangerli: ha
venduto il villaggio “Città del mare” di Terrasini, voluto nel 1970 da Zambelli come prova dell’impegno delle Coop nelle terre di mafia; si È beccato lo sciopero di quasi tutti i 300 dipendenti di Linear, compagnia
telefonica del gruppo, cosa mai vista; si È tenuto alla larga dall’Unità morente, ma con spirito quasi ugonotto (e attraverso la controllata Finec
Merchant) ha dato una mano all’Unità risorta. L’ultima svolta È stata la rottura con il Monte dei Paschi, tradizionale roccaforte della finanza
comunista e diessina, per inghiottire un boccone ancora più grande e creare il primo polo bancario-assicurativo»
• Sergio Bocconi: «Per uno come lui, definito da sempre il banchiere rosso o addirittura l’Enrico Cuccia della finanza di sinistra senza essere stato finora a capo di una
banca, devono essere giornate storiche. Per uno come Giovanni Consorte, che
ogni mattina va nel suo ufficio della Unipol a Bologna in una via che continua
a chiamarsi Stalingrado, mettere un’ipoteca sulla conquista della romana Bnl, con un passato socialista ma un’anima istituzionale, per la verità anche un po’ ministeriale (È la ex banca del Tesoro), può essere il traguardo che lo “sdogana”. Nel senso che, ad affrancarsi da etichette e benedizioni politiche lui ci ha
provato, o almeno così È sembrato più volte. Ma resta pur vero che, se da un lato l’ex ministro delle Finanze Vincenzo Visco dice sempre che Consorte È un manager che non ascolta nessuno (“Se provassi a dirgli ciò che deve fare mi manderebbe al diavolo”), tutti pensano che il vero via libera all’intervento della compagnia sulla Bnl sia arrivato dal segretario dei Ds Piero
Fassino (“Se Unipol lancia l’Opa dico sì”). E quindi da Massimo D’Alema. Nessuno dimentica che il governatore Antonio Fazio, dopo aver detto più volte no a Consorte, lo ha praticamente eletto a cavaliere bianco dell’italianità. Ma “gratta-gratta” nella ricerca di una regia si guarda sempre agli equilibri della Quercia, e in
particolare alla forza degli sponsor del “banchiere rosso”, D’Alema appunto e Pierluigi Bersani. Anche perché Consorte in questi anni ha sì sovvertito tutte le regole, ma ha esteso il perimetro dell’autonomia senza sovvertire i rapporti con il presidente dei Ds e l’ex ministro dell’Industria. La sua ascesa non ha praticamente incontrato ostacoli. Nato a Chieti
ma adottato da Bologna, laurea in Ingegneria chimica e master alla Bocconi, si È fatto la palestra nelle coop e, quando È arrivato in Unipol, ha capito che c’era spazio per far carriera in fretta. E l’ha fatta: nel 90 È amministratore delegato; nel 96 presidente. Sa bene quel che deve fare. Gli
anni Sessanta, quando l’Unipol È nata come compagnia di assicurazione della classe operaia, sono ormai il
passato. Va bene sponsorizzare il concerto a Roma del primo maggio, ma È ora di cambiare pelle. All’insegna degli affari, che non fanno distinzioni di schieramento. Dopo qualche
primo passo in tal senso, arriva la svolta: nel 99 Unipol partecipa alla
scalata a Telecom, a fianco di Roberto Colaninno ed Emilio Gnutti. CioÈ con gli imprenditori padani che non hanno certo un dna “rosso” e che potrebbero dunque far dire che Consorte si È scelto per compagno chi compagno non È. Solo che subito arriva la famosa frase di D’Alema, che definisce i componenti della cordata bresciana e mantovana “capitani coraggiosi”. Fatto sta che fra Unipol e la galassia dell’Hopa, la cassaforte di Gnutti, comincia un sodalizio che solleva qualche
imbarazzo nel centrosinistra. La compagnia di via Stalingrado partecipa al
network di affari e intrecci proprietari che comprende, oltre alla “razza padana” con alfieri come Gianpiero Fiorani della Popolare di Lodi (che guida l’assalto all’Antonveneta), gli immobiliaristi romani e la Fininvest di Silvio Berlusconi. Un
network di iniziative non sempre tranquille e che condivide anche qualche grana
di tipo giudiziario (come il processo per insider trading a Gnutti e Consorte
iniziato a Milano). Nel frattempo lui, oltre ad allargare il perimetro dei
soci, estende quello consolidato. Nel 2003 Unipol si aggiudica la Winterthur
dal Crédit Suisse e diventa il quarto polo delle polizze. Ma È noto da anni che l’aspirazione di Consorte È essere un big della bancassurance. Anzi, di più, talvolta pensa a una Unipol “globale”: credito e polizze sì, ma anche iniziative collaterali come la sanità. Nel 2000 dice: “Unipol È pronta ad acquistare una banca”. Tre anni più tardi, dopo il colpo su Winterthur, lo ripete per ben due volte: “Cresceremo ancora. In campo bancario”. Dossier veri, come l’alleanza con il Monte Paschi di Siena, o oggetto di rumors (come la Lodi),
tramontano però con il tempo. Perciò, quando nel marzo di quest’anno (
2005 - ndr) il Cuccia “rosso” viene allo scoperto dicendo che gli interessa la Bnl, si capisce che il capo
dell’Unipol questa volta potrebbe giocarsi la partita decisiva. Per diventare un
banchiere-e-basta. O quasi» • L’attacco cominciò con l’acquisto di azioni BNL dagli immobiliaristi Caltagirone, Ricucci, Coppola,
Statuto, Lonati, Bonsignore e Grazioli. Le azioni passarono di mano tutte
insieme e Consorte le pagò 2,7 euro l’una, sborsando in totale due miliardi e 48 milioni. Il pacco equivaleva al 27,5
per cento della banca e la sua vendita fece guadagnare ai sette immobiliaristi
un miliardo e duecento milioni quasi tutti esentasse. Il Banco di Bilbao aveva
già annunciato l’intenzione di lanciare un’offerta di pubblico scambio sulla BNL. Ma Consorte mostrò di avere vincolato con vari accordi un altro 13,5 per cento della banca e disse
che avrebbe a sua volta lanciato un’Opa a settembre. Era il 18 luglio del 2005. Si tenga conto che la BNL, in
passato, era stata la banca del Psi e che il suo presidente Luigi Abete era
considerato in quota Margherita. La Margherita visse l’operazione Consorte come il tentativo diessino di impadronirsi di una banca
della sua area e lo avversò in ogni modo
• Pochi giorni dopo, i giornali cominciarono a pubblicare conversazioni
telefoniche, intercettate dai magistrati che indagavano su Fiorani, dalle quali
la scalata di Consorte a BNL pareva inserita in un quadro più vasto il cui fine ultimo sembrava la conquista del Corriere della Sera (su
questo vedi anche FAZIO Antonio). Tra le telefonate, quelle che riguardavano
Consorte potevano far pensare che Unipol si muovesse avendo ogni tipo di aiuto
e di copertura da parte dei Ds (in una telefonata Fassino chiedeva: «Allora, abbiamo una banca?»), anche se in un’altra telefonata Consorte, parlando con il tesoriere dei Ds, Ugo Sposetti, si
raccomandava di non far saper niente a Fassino, per carità, o solo il minimo indispensabile (il che fa pensare che il segretario diessino,
sapendo a che punto di compromissione Consorte avesse portato la Unipol,
avrebbe potuto mettere i bastoni tra le ruote). In ogni caso, dopo la
pubblicazione delle intercettazioni, il caso si fece politico e le questioni
che venivano sollevate relativamente alla scalata Unipol e che avevano, per dir
così, valore universale erano due: poteva una società di una certa dimensione (Unipol) lanciare un’Opa su una società quattro volte più grande (BNL)? Poteva una società che, per la sua struttura cooperativa, godeva già di certi vantaggi fiscali e normativi, operare sul mercato alla stregua di una
qualunque società di capitali?
• Sui rapporti tra Consorte, Sposetti e i Ds si tenga conto che Consorte, con la
sua Unipol merchant, ebbe una parte decisiva nella ristrutturazione dell’imponente debito dei Ds (88 milioni di euro. Vedi SPOSETTI Ugo). È nell’attività finanziaria diessina che vanno probabilmente iscritti i denari (50 milioni di
euro) trovati sui conti esteri di Consorte e del suo vice Sacchetti e mai
movimentati • Il procedere dell’inchiesta su Antonveneta (vedi FIORANI Gianpiero) e l’emergere di elementi che corroboravano la tesi secondo cui la scalata a BNL era
strettamente e, per dir così, politicamente connessa alle altre due fecero nel volgere di pochi mesi
tramontare il piano di Consorte, che il 9 gennaio 2006 si dimise dalle sue
cariche. La Banca d’Italia, alla cui presidenza era subentrato Mario Draghi, negò poi a Unipol l’autorizzazione all’Opa su BNL. Gli elementi concreti che corroboravano la tesi di un’alleanza stretta e segreta tra Consorte e i protagonisti delle altre due scalate
erano: l’esistenza di conti di Consorte e del suo vice Sacchetti presso la Banca Popolare
Italiana (ex Lodi) da cui risultava attività di trading specialmente sul mercato dei derivati guadagnando sempre (cosa
statisticamente impossibile); un prestito di 210 milioni della Unipol a
Ricucci; il fatto che Consorte fosse socio di Gnutti e vicepresidente della sua
Hopa; varie telefonate in cui Consorte pareva non solo consapevole, ma anche
partecipe delle vicende relative alle altre due scalate
• «In tre anni Giovanni Consorte ha ricevuto da Fiorani 14 milioni di euro per
investire in Borsa. Ivano Sacchetti, il suo braccio destro, almeno cinque.
Somme molto consistenti, se confrontate con lo stipendio di 1,5 milioni di euro
l’anno guadagnati dal numero uno di Unipol. Somme che suscitano una domanda: chi È davvero Giovanni Consorte? Un amministratore delegato o un raider di Borsa? Un
uomo delle cooperative o un affarista pronto a speculare sulle oscillazioni dei
titoli?» (Ferruccio Sansa)
• «Sono disponibile ed estroverso, al punto che alcuni mi ritengono poco prudente,
Ma non accetto la demagogia. Forse per questo in seno al Partito comunista sono
considerato a destra» (al Mondo nel 1991).