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 2011  luglio 06 Mercoledì calendario

CONFALONIERI

Fedele Milano 6 agosto 1937. Manager. Presidente e amministratore delegato della Fininvest, presidente di
Mediaset, consigliere d’amministrazione della Mondadori. Compagno di studi di Silvio Berlusconi, era lui
che lo accompagnava al pianoforte durante le crociere estive in cui il giovane
Silvio cantava. Dal 73 lo ha affiancato all’interno del gruppo Fininvest • «Bisogna esser belli. Per noi brutti è sempre stata dura» • «Se Napoleone fosse vissuto ai nostri tempi, sarebbe stato un imprenditore» • è nato all’Isola, un quartiere di case di ringhiera a Porta Garibaldi. La mamma era una
Borghi, quelli della Ignis: «Da mio zio, il mio grande zio Giovanni Borghi, ho imparato tante cose. Grazie a
lui ho assorbito fin da bambino una atmosfera e una voglia di vivere
grandissima, insieme a principi rigorosi e fondamentali per la mia educazione.
Lo ricordo soprattutto quando io ero bambino. Lo ricordo per la sua vociona, un
po’ per le sigarette e un po’ per il timbro naturale che aveva, per la sua predisposizione naturale al
comando, per la capacità di guidare il gruppo e tirare la volata, per le sue intuizioni geniali. Io sono
nato nel 37, mia mamma Luigia, Gina, classe 1909, era la sorella di Giovanni
Borghi, la secondogenita, aveva un anno più di lui. Lasciammo Milano per andare a Comerio, nel Varesotto, perché eravamo sfollati dopo i bombardamenti del 1943. A Comerio, in località Orocco, il nonno Guido Borghi aveva acquistato una casetta. Io avevo solo sei
anni e osservavo questo zio, grande e possente, severo ma buono, generoso e
geniale, con la venerazione con cui si osserva un mito. Aveva tre fratelli, ma
era lui il leader, l’uomo dalle idee geniali, cui piaceva vivere alla grande. Amava i buoni
ristoranti e voleva ci fosse la musica, amava andare a caccia e pescare, amava
il sorriso e la gioia, e voleva sempre tutto questo intorno a sé. Io lo ricordo quando recitava nei locali del Dopolavoro Ignis, nella commedia “Un milanese al mare”. In quel vaudeville interpretava il comandante di una nave alle prese con un
francese, un po’ bauscia, che soffriva il mal di mare. Gli altri attori erano i suoi stretti
collaboratori, anch’io avevo una parte, suonavo il piano e accompagnavo tutta la recita. Si andava “in tournée” con lo zio, a suonare per beneficenza. Ricordo benissimo quelle trasferte sul
cassone del camion, con le gomme piene, sulle strade polverose, con la sua
allegria che contagiava tutti. Gli piaceva tantissimo la vita. E io ho
bellissimi ricordi specie di quella parte fanciullesca della mia esistenza.
Poi, nella fase successiva, lo ricordo meno: io ero studente universitario, i
tempi stavano cambiando, egli stesso aveva maggiori impegni e si diradavano le
occasioni di stare insieme e divertirsi» (da un’intervista di Gigi Moncalvo)
• è laureato in Legge, tesi sul Concetto di intesa nelle norme istitutive della Cee, articoli 85 e 86: «Era nato abbastanza ricco e con la musica nel sangue. E infatti da giovane aveva
la sua orchestrina (che si chiamava prima Roxy, poi I cinque diavoli, che
andava in giro per la riviera romagnola e sulle navi da crociera). Aveva
assunto un cantante-intrattenitore che rispondeva al nome di Silvio Berlusconi.
E Silvio racconta: “Qualche volta Fidel si arrabbiava e mi licenziava perché andavo in sala a chiacchierare con le ragazze invece di fare il mio lavoro”. Insomma, il futuro presidente-operaio da giovane era come tutti i giovani.
Poi, le cose si capovolgono. L’orchestrina di Fidel non ha tanto successo, in famiglia c’è qualche rovescio, mentre Berlusconi comincia a farsi strada con le case. Ed è lui a offrire un lavoro all’amico della riviera romagnola. Insieme vanno avanti, fino alla costruzione di
Milano 2, il capolavoro imprenditoriale del Cavaliere. Poi, una mattina,
Berlusconi convoca tutto il suo staff di allora e dice: “Da oggi in avanti ci occuperemo di televisione. Ho studiato bene la cosa ed è un affare”. Tocca proprio a Confalonieri, l’amico più stretto, cercare di gettare un po’ di acqua sul fuoco: “Ma Silvio, non sappiamo niente di televisione, non abbiamo nemmeno una
telecamera”. “Non importa, gli risponde il Cavaliere, impareremo. Intanto tu, e si rivolge a
Galliani, parti per la Sicilia e risali la penisola, comprando tutte le piccole
tv che trovi”. Così nasce Canale5, che poi comprerà da Rusconi Italia1 e da Mondadori Rete4, trasformandosi definitivamente in
Mediaset. In tutta questa storia, Confalonieri è sempre vicino a Berlusconi, una specie di ombra. E svolge tanti mestieri in una
volta. è lui, ad esempio, diplomatico nato, a tenere i rapporti con i politici e con i
palazzi del Potere. è lui che mantiene i rapporti con la stampa. è lui che corteggia un po’ di cultura (ma Mediaset è più un affare di ballerine). Ed è con lui che Silvio si apparta quando c’è da prendere qualche decisione importante. Il vero confidente del Cavaliere, se
ne esiste uno, è proprio questo appassionato di musica classica. è lui, ad esempio, che ancora qualche anno fa, ogni volta che Berlusconi partiva
per andare a Torino a trovare l’Avvocato Agnelli, gli ricordava: “Silvio, non dimenticare che tu sei quello più ricco, ma che lui è il Re”. Insomma, sei già ricco, sei il più giovane di tutti, lasciali vivere nella loro gloria, non disturbarli, sii
generoso e gentile. E questa è appunto la filosofia di Confalonieri. Quando nel 93 il Cavaliere decide di
tentare la politica, prima Fidel cerca di dissuaderlo, poi capisce che la
scelta è già fatta. E allora si mette come sempre al lavoro. è ovvio che sarà lui a prendere il posto di Silvio alla testa della Fininvest e di Mediaset. E
lo fa come un buon zio che si siede a capotavola al pranzo della domenica perché il capofamiglia è in trasferta. Non cambia niente, non fa rivoluzioni, non mette una sua impronta
sulle tv. E non gli viene nemmeno in mente. Il genio, nella coppia, è Silvio. In realtà, Confalonieri non eredita da Silvio, nel 93, una “buona” Mediaset. Anzi, riceve una società quasi sul punto di fallire, piena di debiti e di problemi. Confalonieri, d’accordo con Berlusconi, ovviamente, manda avanti due progetti. Il primo è quello di portare la società in Borsa, in modo da incassare i soldi necessari per mettere tranquille le
banche (e il bilancio della società). Poi comincia un paziente lavoro di controllo e taglio delle spese. Poco a
poco, la società rifiorisce. E diventa quello che è oggi: cioè uno dei migliori affari che ci siano in Italia» (Giuseppe Turani)
• «Ho cominciato a suonare il pianoforte verso i cinque anni. Ho studiato musica
classica; ho fatto anche l’esame di ottavo anno di Conservatorio per il pianoforte, mentre frequentavo il
liceo. Beethoven, Mozart, Chopin, Bach hanno accompagnato la mia giovinezza» • è sposato con la francese Annick Cornet: «Hymne à l’amour cantato da Edith Piaf era una delle nostre canzoni, insieme a quelle di
Juliette Greco, Mouloudji, Brassens, Yves Montand, Charles Trenet» • «Mia figlia Aline suona il pianoforte. A mio figlio Yves piace la musica, ma non
la suona» • «Io sono uno che si commuove. Per esempio ci sono cose che ti rigano la schiena. Amami Alfredo ti riga la schiena. Se uno non si commuove ascoltandolo è di sasso» • «Io credo che la parte più bella della vita sia quando tu sei così rincoglionito che credi di avere vinto ad Austerlitz, di essere stato Coppi sul
Pordoi e di avere scritto Emozioni. Probabilmente il paradiso è quello» (da un’intervista di Luigi Vaccari).