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 2011  luglio 06 Mercoledì calendario

CIPOLLINI

Mario Lucca 22 marzo 1967. Ex ciclista. Campione del mondo 2002, nello stesso anno ha
vinto anche la Milano-Sanremo. Professionista dall’89, ha vinto 42 tappe del Giro d’Italia (record, segue Binda a 41) • «Il più forte velocista italiano di ogni epoca» (Gianni Romeo) • «Mi sento figlio di mio padre. È stato un atleta che aveva grandi possibilità, ma la vita gli ha impedito di esprimersi nel mondo dello sport. Lavorava la
terra, c’È stata la Guerra mondiale, ha dovuto trasferirsi in Francia perché da noi c’era una miseria nera. Ecco, lui ha trasferito a mio fratello Cesare e a me
questa sete di vittorie» • «Papà Vivaldo gli appiccicò addosso la voglia di pedalare quando lo portò sul Turchino a veder passare la Sanremo vinta da Gomez nell’82. Faceva molto freddo, c’era nebbia, i corridori erano un impasto di marziani e fantasmi, per il ragazzo
quindicenne. “Voglio diventare come loro”, disse il piccolo Mario a papà, “voglio vincere questa corsa”. L’ha vinta a 35 anni. Non È mai troppo tardi per uno come lui, uno che non si È mai consumato. Per scelta ha fatto sempre e soltanto le volate, anche se il
fisico poderoso gli avrebbe consentito di diventare un uomo da Roubaix. Mario
Cipollini È un puzzle di logica, furbizia, istinto e sentimento. D’altra parte chi rischia la vita per vincere le volate a 70 l’ora non dev’essere logico, furbo, istintivo, sentimentale?» (La Stampa)
• «Da bambino era un monello, che a nove anni tagliò una curva e per poco non si fece investire da un camion. Sua mamma gli prese la
bicicletta e la scaraventò in soffitta. “Basta Mario, troppo pericoloso, pensa a studiare”. Ovviamente la punizione durò soltanto qualche giorno: troppo forte la sua passione per le due ruote, quasi
una missione di vita più che un divertimento. Per questo gli allenamenti Cipollini li prese sempre fin
troppo sul serio, nonostante il carattere burlone lo facesse passare per un
lavativo. Si racconta che una volta, quando non era ancora Re Leone, chiese
libera uscita al gruppo, insieme al collega velocista Alessio Di Basco, per
salutare i parenti. I più furbi, di solito, lo fanno per involarsi indisturbati in fuga; lui invece si
imboscò dietro a un cespuglio con due tifose particolarmente affettuose. Piaceva,
Cipollini, perché bello e spocchioso, specie quando si fece crescere i capelli e cominciò a indossare body multicolori, violando i regolamenti del Giro d’Italia e del Tour de France: la multa, tanto, la pagava lo sponsor. Con lui il
ciclismo, che tutto esalta fuorché l’immagine e l’eleganza nel vestire, divenne moda e business» (Ernesto Battaglia)
• «Un velocista, un routier sprinter, un kilometrista. A pieno diritto si accosta
ad altri grandi delle due ruote. Il merito fisico: un nome clownesco: il
coraggio che, nel ciclismo, È spesso la virtù che le vale tutte. Assomiglia a Rik Van Steenbergen, un atleta magnifico,
capacissimo di vincere “sei giorni” e corse classiche e i mondiali, che sarebbe stato buono per ogni sport. Se
fosse nato in Belgio, all’epoca delle spettacolari Sei giorni — che allora non erano ridotte a mascherate — sarebbe divenuto anche
six days man. Non si sarebbe mai incipriato della polvere di carbone, del paesaggio delle
miniere: e per sfuggire all’inferno del Nord, avrebbe accettato di vincere pure una gara a tappe» (Mario Fossati) • «Sembra Ganimede, il coppiere degli dÈi, rapito alle corse di questo mondo e consegnato definitivamente alle
esuberanze dell’Olimpo. Come Ganimede anche Cipollini È di una bellezza assoluta, antica, perfettamente levigata fuori da ogni scoria
del passato e da ogni ingiuria del futuro» (Giancarlo Padovan) • «In sella a una bici È il più veloce, ma fa la sua figura anche quando sfila con un cappotto di pelliccia e
scende senza impacci la scalinata di Trinità dei Monti sotto i riflettori della tv, in una serata di luglio. Lo chiamano Re
Leone, ma È un camaleonte. Con la stessa naturalezza con cui batte gli avversari in volata
sa muoversi nel “jet-set”, fatica sette ore in bici e poi sale sull’aereo privato di qualche suo amico miliardario di Montecarlo e vola in Costa
Smeralda, al Billionaire del suo amico Briatore. Vestito da Cavalli, lo
stilista che ha disegnato anche la divisa della sua squadra. Quando partecipa
ai talk show televisivi riesce a tener botta ai tuttologi di professione, agli
intellettuali del gettone di presenza con una naturalezza disarmante,
accattivante. È un gran gigione: gli piace stupire, però non È mai banale. Donne e champagne, bici e motori (possiede anche una splendida
Harley-Davidson) accompagnano la sua vita, ma anche una serietà professionale incredibile: non si resiste 14 anni sulla breccia vincendo 180
gare e diventando campioni del mondo a 35 anni se non si È seri» (Walter Gallone)
• «I suoi colleghi non l’hanno mai amato, troppo protagonista, egoista, egocentrico, tirato nel dividere
i premi con chi lo portava al traguardo risparmiandogli fatica e sudori» (Giovanni Cerruti) • «Il ciclismo È fatto da gente semplice che si accontenta di poco e questo influisce sulla
gestione di uno sport bello ma parecchio complicato. È una disciplina individuale ma la squadra ha un peso determinante. Poi impone
doti atletiche che non sono da tutti. Affronti una discesa a cento all’ora e ti pare di essere su una moto: devi avere uno straordinario senso dell’equilibrio. Subito dopo trovi la salita e lì devi avere una resistenza fuori dal comune. Così, metro dopo metro c’È questo alternarsi di situazioni e non ti È concessa la minima distrazione per evitare disastrosi capitomboli, in cui
spesso, nonostante tutto, ti trovi coinvolto. Credo che nessuno sia riuscito a
far capire al pubblico la complessità di questo sport».