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 2011  luglio 06 Mercoledì calendario

CIOTTI

Luigi Pieve di Cadore (Belluno) 10 settembre 1945. Prete. Fondatore del gruppo Abele,
da tempo vicino alle ragioni degli anti global • «Nell’inverno del 60 Luigi Ciotti era uno studente d’istituto tecnico emigrato a Torino, da Pieve di Cadore, al seguito del babbo
muratore. Prendeva il tram per andare a scuola e guardando fuori dal finestrino
aveva già le sue visioni, quella singolare capacità di vedere il mondo con gli occhi degli ultimi della fila: “Ho reagito di pancia, con la semplicità del ragazzo”. Già, perché è un ragazzo, non il prete, non l’adulto, a fondare nei primi giorni del 66 il gruppo Abele (Ciotti sarà poi ordinato sacerdote nel 72, quando il cardinale Michele Pellegrino gli
affiderà “la parrocchia della strada”), ed è per questo che oggi l’adulto s’arrabbia quando sente dire che i giovani sono il nostro futuro, “no, loro ci sono sempre stati, sono il nostro presente, è adesso che vanno create le condizioni per una vera partecipazione, invece li
prendiamo in giro e tutto resta saldamente nelle mani degli adulti, la
politica, la chiesa, le amministrazioni”. Il Gruppo nasce dalla testardaggine di un ragazzo che ingoia qualche delusione
(“provai a coinvolgere i miei amici della parrocchia, ma alcuni non se la
sentirono”) e incassa i primi successi: un giorno Ciotti va a trovare un detenuto del
Ferrante Aporti e quello gli sputa in faccia, però una volta uscito dal carcere minorile sarà uno dei primi a rispondere alla chiamata e un pilastro del Gruppo per i lunghi
anni a venire. Oggi, visto dalla nuova, bellissima sede di corso Trapani, un’ex fabbrica avuta in comodato d’uso per trent’anni, il Gruppo Abele è qualcosa di concreto ed astratto al tempo stesso: è una porta aperta ed un centro studi, è un “drop in” per agganciare le persone in difficoltà e una casa editrice, è una serie di piccole comunità per i tossicodipendenti e giornali come Narcomafie e Animazione Sociale, è una cascina alloggio che ospita i malati di Aids e un centro di mediazione dei
conflitti; un progetto sulla prostituzione per contrastare la tratta delle
persone e un luogo che organizza serate per le famiglie; una casa che ospita
mamme sieropositive con i loro bambini e una libreria dove si vendono
bellissimi giocattoli in legno; una presenza in Burkina Faso, in Senegal e
Mali, e un archivio storico, un centro crisi e un progetto di educazione alla
legalità per gli studenti delle scuole. E tante altre cose, ma soprattutto idee, “perché a noi non basta essere ‘i delegati all’assistenza’, vogliamo educare e fare cultura”, dice don Ciotti, “a noi interessa una pratica quotidiana dove non devono mai venire meno la forza
e la libertà del pensare politico”. Il Gruppo è anche Libera, l’associazione contro le mafie che da una sua costola è nata, “perché non ha senso occuparsi dei tossicodipendenti se non si entra anche in contrasto
con ciò che c’è dietro a tutto questo: le overdose sono stragi di mafia”» (Stefania Miretti)
• «Muccioli era un uomo determinato, a metà tra un manager e un contadino. Ma non ho mai condiviso la sua mania di
gigantismo, il suo andare a braccetto con i politici e con i potenti e anche la
copertura che diede all’omicidio Maranzano» • «Ho conosciuto Francesco Cardella. E mi ha lasciato inquieto. Chiese di entrare
nel coordinamento delle comunità di accoglienza. Ma scoprii che lo aveva fatto solo perché sperava che lo aiutassimo a sbloccare una sua barca sequestrata a Trapani perché trovata con della roba a bordo» • «Di ecstasy si muore. Di marijuana no. Hashish e marijuana vanno tolte dalla
tabella delle droghe illegali e inserite in quella delle sostanze pericolose,
come l’alcool e il fumo» • «Richiami forti da parte del Vaticano ce ne sono stati. Quando come presidente
della Lila ho preso posizione a favore del preservativo come uno degli
strumenti suggeriti dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, sono stato costretto a dimettermi. Nessuno ha da ridire contro i cappellani
che dicono messa su un carro armato. Ma quando ho celebrato messa su un carro
di campagna sono stato messo sotto inchiesta» (da un’intervista di Claudio Sabelli Fioretti).