Il Catalogo dei viventi 2007, 6 luglio 2011
CIMOLI
Giancarlo Fivizzano (Massa Carrara) 12 dicembre 1939. Manager. Ingegnere chimico.
Presidente Alitalia (dal maggio 2004). Ex amministratore delegato delle FFSS • «Un manager pubblico considerato “tosto”. Un “Enrico Bondi” delle imprese pubbliche, il “risanatore totale” chiamato in causa nei momenti più drammatici. Figlio di un ufficiale di marina, e secondo molti il piglio
militaresco gli è rimasto. Sarà per le prove a cui lo sottopose il padre, che gli fece preparare l’esame di maturità con sveglie alle 6, e interminabili sessioni di studio inframezzate da marce
per i campi. Fatto sta che “da grande”, se ha un impegno di lavoro programmato ci va comunque, anche se malato. Delega
molto ai suoi collaboratori. Se si fida, dicono, li lascia fare. Salvo
massacrarli se il rapporto si rompe. Frequenta i salotti: non è un uomo tutto casa e ufficio, gli piacciono i buoni ristoranti. E anche se fa
di tutto per qualificarsi come “manager puro”, capisce la politica e sa mantenere i rapporti che servono. Il curriculum
professionale è di tutto rispetto. Laureato al Politecnico di Milano con il premio Nobel Giulio
Natta. Alla Sir (progettazione impianti chimici) nel 66; dal 68 al 74 alla Snia
Viscosa; poi, nel 1985, comincia la carriera di manager come ad di Montefibre.
Passa alla Montedison nell’87 a occuparsi di energia, e dopo un ritorno alla chimica dall’87 al 91, va alla Edison sempre come ad. è qui che gli giunge nell’ottobre del 96 la telefonata di Romano Prodi. Lorenzo Necci era appena stato
arrestato nel suo ufficio, le Ferrovie erano in crisi: la scelta del premier -
ma anche del suo ministro del Tesoro, Carlo Azeglio Ciampi - cadde proprio su
di un manager senza grandi agganci politici. Lo sbarco alle Fs fu scioccante.
Come confidò ai suoi collaboratori, appena arrivato ebbe un’impressione terribile: trovò in corridoio gente che giocava a pallone, l’usciera che faceva la calza. Lui decise come prima mossa di “passare l’aspirapolvere”, e oggi spesso ricorda le giornate in cui convocava nel suo ufficio sfilze di
dirigenti per congedarli in terribili colloqui di pochi minuti. Il bilancio, a
dire dei più, è positivo: il personale ridotto di 30.000 unità (sempre con accordi); la società riorganizzata in una holding che controlla tante diverse aziende specializzate
(lui lo definisce “avere fatto a fette l’elefante”). E soprattutto, un innegabile recupero di efficienza e i conti finalmente in
attivo per tre anni consecutivi. Difficile capire che idee politiche abbia
Cimoli. Oggi come oggi qualcuno gli attribuisce una simpatia per Alleanza
Nazionale, ma è difficile provarlo, e c’è chi dice che sia piuttosto il partito di Fini a volerselo attribuire.
Sicuramente non è di Forza Italia, e in più di un’occasione ha avuto commenti tutt’altro che lusinghieri su certi esponenti del partito di Silvio Berlusconi, con
il quale però ha rapporti “molto rispettosi”» (Roberto Giovannini)
• «A tirare fuori quel nome, nel 96, è stato Guido Rossi. Fu lui a parlarne a Carlo Azeglio Ciampi, che allora era
ministro del Tesoro. Giancarlo Cimoli a Roma non lo conosceva nessuno, il suo
nome non era sulle pagine dei giornali né era di quei manager dei quali si parla nei salotti. Rossi, che era stato
presidente della Montedison, lo aveva visto all’opera alla Edison, e si era fatto l’idea che fosse un uomo solido e capace. Ciampi lo incontrò e decise di affidargli le Ferrovie dello Stato. Prodi fu d’accordo. Era l’inizio di ottobre del 96» (Marco Panara).