Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2011  luglio 06 Mercoledì calendario

CELANT

Germano Genova 1940. Critico d’arte. Senior Curator per l’arte contemporanea del Solomon R. Guggenheim Museum di New York, responsabile
della rubrica Arte per il settimanale L’Espresso. É stato co-direttore artistico della prima edizione della Biennale di Firenze nel
1996 e curatore della 47ª Esposizione Internazionale d’Arte La Biennale di Venezia (97) • «Nostra gloria nazionale tra i critici d’arte» (Corriere della Sera) • «Unico italiano Senior Curator per l’arte contemporanea al Guggenheim di New York, editor delle riviste Artforum e
Interview, è considerato lo scopritore dell’Arte Povera e il maggior esperto della Pop Art, curatore della Fondazione Prada,
autore di oltre 50 volumi, è il critico d’arte italiano più noto a livello internazionale, e probabilmente anche il più potente» (Fiorella Minervino) • «Questo potere del critico non esiste. Dobbiamo invece parlare di una
convergenza: ciò che conta è l’importanza del singolo artista, è il contributo della sua opera. Questa è la base, dopodichÉ sull’artista e sull’opera converge una rete di interessi culturali e economici, è un mosaico di attenzioni, in cui il critico come me non è altro che un tassello» • «Mi sono inventato, facendo di tutto. Mi sono buttato su libri e cultura. A 16
anni leggevo Sartre, mi identificavo con Beckett. Frequentavo gli artisti
locali che mi presentavano i personaggi di passaggio. La cultura mi serviva per
trovarmi un’identità. Per due anni ho frequentato la facoltà di ingegneria per compiacere mio padre, poi ho lasciato, mi sono inventato i
cineforum dove veniva invitato Bernardo Bertolucci. Mi interessava la cultura
visiva in generale, decisivo fu l’incontro all’università con Eugenio Battisti, che ci spiegava il Barocco come intreccio fra tutte le
arti. Con lui conobbi Maurizio Calvesi e un giovanissimo Portoghesi, facevo le
news sulla rivista Marcatrè. A Torino incontrai Arturo Schwarz che mi introdusse a Duchamp e a Man Ray, e
conobbi Tazzoli e Sperone: avevamo la stessa età, mi presentarono Warhol, poi la pop art. L’Arte Povera nacque per una specie di complicità generazionale. Diventai amico di Pistoletto, Merz, Anselmo, Penone, Zorio,
Kounellis già negli Anni Sessanta. Arte Povera era l’idea di chi non ha soldi, quello che trova va bene, carbone, fili di ferro, tela
o altro. Contavano lo spirito libertario, la liberazione dei tabù. Nel 67 organizzammo l’evento di Amalfi, mostra che cattedrattici come Argan raccomandavano di non
visitare. Fu un successo perchè mi aprì le porte dell’America. Avevamo un’idea ottocentesca, romantica, dell’arte e della qualità, applicate al design o alla moda».