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 2011  luglio 06 Mercoledì calendario

CECCHI GORI

Vittorio Firenze 27 aprile 1942. Imprenditore cinematografico e televisivo. Proprietario della Fiorentina (fino
al fallimento del 2002). Diviso dalla ex moglie Rita Rusic, che negli Stati
Uniti gli ha intentato una causa per decine di miliardi, per lungo tempo ha
fatto coppia con Valeria Marini. Tra le sue disavventure, un arresto per
bancarotta fraudolenta (il 28 ottobre 2002). «Io sono laureatooo!» (cacciando l’allenatore della Fiorentina Gigi Radice) • «“La mia vita è un film” dice lui. Sì, ma che film. Il Borgorosso di Albertone arricchito da biondone leopardate, da inchieste della
magistratura, da improbabili candidature politiche e dai ricordi delle sue
terrazze romane, quelle dove Mario e Memmo Carotenuto giocavano con le loro
gag. Una bella commedia all’italiana, la vita di Vittorio, figlio di quelle pellicole che il padre Mario
inventò nell’Italia del boom, dando vita a un filone che poi la crisi dei Settanta avrebbe
trascinato sotto la gonna di Laura Antonelli e oltre il reggiseno della Fenech.
Che vita, Vcg. Con la sua spider che scorrazza tra i Parioli e i set. “Sono cresciuto sulle ginocchia di Eduardo” ricorda lui. E tra le braccia di Maria Grazia Buccella, il suo primo amore da
rotocalco. Il tycoon più naif che c’è, da allora, non è cambiato molto. A Firenze lo chiamano il cotonato per via di quel taglio che
sembra uscito da un’antica reclame dei mitici fratelli Bundi. E poi quella camicia aperta sul petto
che offre la visione mistica di un crocefissone incastonato di diamanti. Tutti
si chiedono: ma ci è o ci fa?» (Bendedetto Ferrara)
• «è stato costretto a diventare Vittorione come suo padre Mario, il mitico
produttore cinematografico della commedia all’italiana, era Marione: ma per fare un accrescitivo non bastano le parole.
Marione, quel ragazzo lo chiamava “il mi’ bischero”. Quando Vittorino presentò a Marione un’ex modella di Postalmarket, figlia di un muratore, sassofonista a tempo perso,
dalle sedicenti origini dalmate ma stanziale a Busto Arsizio, una che si
chiamava Rita Rusic e credeva di essere un’attrice, Marione commentò: “Quella, il mi’ figliolo se lo ficca in saccoccia” . Difatti: sedici anni insieme, due figli (Vittoria e Marietto), il ruolo di
Rita sempre più operativo quando muore Marione, d’infarto, nel 93. Adesso è lei che fa la produttora, la Ritona: scopre Pieraccioni e Panariello. Insomma,
se prima c’era il padre a fare ombra al su’ figliolo, ora quell’ombra appartiene alla moglie. E Vittorino ci sta dentro, finché non esplode e sono risse epocali, chiamate al 113, tentativi di strangolamento
reciproco. Lei dice: “Mi picchiava e andava con le prostitute”. Lui risponde: “Una croata, ecco cos’è: una croata”. Lei gli fa causa per duemila miliardi di lire, la metà esatta del patrimonio quando ancora un patrimonio esisteva, lui le deve versare
per gli “alimenti” un assegno da settanta vecchi milioni al mese. E chissà se prima di morire di crepacuore, Marione avrà portato Vittorio sulle colline di Firenze, o di Roma, o di Beverly Hills, per
dirgli con un ampio gesto ad abbracciare l’orizzonte: “Guarda, figliolo: un giorno tutto questo non sarà più tuo”. Per restare ragazzini a sessant’anni, avvinghiati a una biondona che si chiama come la tua povera mamma (Valerie
entrambe, e la signora Cecchi Gori era proprio un’istituzione, una mamma con quattro emme), bisogna essersi impegnati a fondo. Per
non crescere mai. Vittorio c’è riuscito, partendo bene: play boy nella dolce vita romana, un salto sul set per
scherzare con Gassman, una collezione di donne da cinemascope (Marisa Del
Frate, Maria Grazia Buccella), a parte un bonsai biondo, Maria Giovanna Elmi.
Babbo Marione lo tiene lontano da tutto, affidandosi a segretari e autisti
purché il figliolo non faccia danni. E Vittorio gioca, ride, sogna. Ma a cinquant’anni la vita passa una prima volta all’incasso, e si porta via papà Mario. Il figliolo non abbottona la camicia spalancata sul pelo, dove sfavilla
un crocifisso incastonato di diamanti, non smette di levigare il ciuffo
cotonato color mogano alla Tony Dallara, non interrompe la raccolta di
gigantesse (lui, senza tacchi, è uno e sessantasette: “Come Berlusconi, però Silvio ha il rialzo”), eppure prova a fare da solo, soffia via l’ombra di Rita, governa la Fiorentina, compra Batistuta, produce tutto Celentano
e film da Oscar (Salvatores, Troisi, Benigni), opere di grandi autori (Olmi,
Antonioni, Fellini, Scola), pensa di depurare l’Arno perché lo vede lurido quando si affaccia dal suo attico, si mette in testa di poter
essere più alto di Berlusconi in tutto: nel pallone, in politica (diventa senatore con i
Popolari), con le tivù (si prende Tele Montecarlo e poi crea Tmc 2), nel cinema. è l’errore colossale, infatti il suo ex socio di produzione (Penta America) lo
polverizzerà. In una manciata di mesi Vittorione perde Batistuta, Rui Costa, le tivù, il seggio in Parlamento, la mamma, la Fiorentina (“è una casa di cristallo” dice, prima di frantumarla) e una montagna di miliardi. I tifosi della curva
Fiesole lo chiamano Cecchi Grullo, e appendono allo stadio uno striscione con
questa terribile domanda postuma a Marione: “Quella volta ’un ti potevi fare una sega?”» (Maurizio Crosetti)
• «“Sei la vergogna dei parrucchieri!” Campasse mille anni, Vittorio Cecchi Gori non dimenticherà quello striscione steso nel “suo” stadio dopo la catastrofe viola. Guai a toccargli i capelli. Li portava allora
gonfi come un soufflé e se ne serviva per essere all’altezza non solo delle spettacolari stangone che sono sempre state la sua
passione ma, le volte che lo incontrava, dell’uomo di cui è sempre stato invidioso, Silvio Berlusconi. E più quello si issava sui tacchi, più lui raddoppiava la cura che metteva nella chioma, via via lievitata fino a
diventare una specie di panettone cotonato dalle sfavillanti sfumature
arancioni» (Gian Antonio Stella)
• «Ero 1,72, prima: da quando ho preso Telemontecarlo e sono diventato l’anti-Cavaliere sono sceso di colpo a 1,65. ’Sti bischeri!» • «Se a Berlusconi gli dai un dito, quello ti prende il culo» • «Il gruppo è vivo e vegeto, ho continuato a fare film, ho recuperato la mia library di
pellicole. Ho prodotto con Roberto Benigni, il mio amico del cuore, con Carlo
Verdone. Da sbrogliare rimane l’imbroglio della vendita a Telecom di Telemontecarlo, cioè La7, e non c’è dubbio che vincerò. E poi il contenzioso con la Fiorentina» • «Da bambino ho imparato una cosa. Per far quadrare i conti devi sapere quanto hai
nella tasca destra e quanto nella sinistra. Io ho in testa i miei conti reali.
I bilanci non spiegano quanto uno possiede davvero. A me, ad esempio, Telecom
deve una bella cifra per la vicenda Tmc di cui non c’è traccia nella contabilità ufficiale. E i miei guai, guarda caso, nascono da lì: fino ad allora pensavo che nel mondo degli affari una stretta di mano contasse
più della firma sotto un contratto. Sono un imprenditore un po’ idealista. Ammetto che mi sono sbagliato»
• «è successo tutto a me. Il destino mi ha dato tanto ma qualcosa si è pure ripreso, ma rifarei tutto quello che ho fatto. Non ho mai sbagliato un’iniziativa imprenditoriale. Nel cinema ho vinto tre Oscar, nelle Tv sono record
d’ascolto. Prima che arrivasse Rita ho fatto tutti i film di Celentano e di Bud
Spencer. Quando non erano ancora famosi, Panariello, Pieraccioni e Ceccarini
vennero da me con dei soggetti e io li ho fatti leggere a mia moglie. Lo faceva
anche mio padre con mia madre... è normale»
• «Io non ho mai licenziato nessuno e ho sempre pagato tutti fino all’ultima lira. Eppure in questo paese che si dimentica dei Tanzi e dei Cragnotti
lo sport nazionale è dare addosso a me» • «Per un debito di otto milioni di euro, che forse era solo di tre, e che con una
lettera mi ero detto pronto a pagare, mi hanno pignorato centinaia di miliardi.
La mia società, 350 film prodotti, era la Fiat del cinema e colpendo me hanno colpito il
cinema italiano. Mi hanno accusato di riciclaggio e dopo quattro anni è stato archiviato tutto. Il capo del tribunale fallimentare di Firenze che si
occupava del mio caso, Sebastiano Puliga, ha avuto accertamenti di natura
disciplinare. Ho pagato anche perché sul calcio mi ero messo contro poteri forti che nel calcio truccano le carte»
• «Tutti i politici di destra e di sinistra conoscono la verità sulla mia storia. Mi ha sommerso uno tsunami. Io sono un gran nuotatore, record
il giro in sette ore dell’isola di Tavolara in Sardegna. Ho retto l’onda. Ma quando arriva la devastazione anche mediatica ci vuole tempo per
ricostruire» • «Vogliono farmi diventare povero? è un prezzo che pagherei, se servisse a bonificare l’Italia: ma non è così. No, io non mollo. Prima mi devono uccidere. E non è detto che non lo facciano...» • «Per resistere servono poche cose: una compagna con cui stai bene, due ore di
tennis al giorno perché sport e sonno aiutano a vivere serenamente, due avvocati come Gaetano Franchina
e Maurizio Canfora che stanno dando la vita per me: me li ha mandati mia madre
da lassù, ne sono sicuro» • «Sembra che io sia un Casanova. Le donne si vogliono affermare ed è giusto, però il problema delle donne è che quando gli fa comodo fanno le donne e quando non gli fa comodo fanno gli
uomini, mentre noi siamo sempre uomini» • «Ho picchiato Chiambretti e lo rifarei» • «Io non credo nel capitalismo. Il capitalismo aberrante, consumista, senza
regole, colluso col potere e le banche porta un Paese a Panama. A Noriega. Io
credo in un neo-capitalismo dove siamo tutti lavoratori» • Ex senatore («dieci anni senatore, area cattolica di centro, chiamato da Mino Martinazzoli»), nel 2001 si è candidato nel collegio d’Acireale senza risparmiare sulle promesse: «Questo posto è una meraviglia per farci film. Quando si è girato in Garfagnana ho perso un sacco di soldi perché pioveva sempre e si doveva stare fermi, soldi buttati. Qui non piove mai. L’ho detto anche alla mi mamma, che ha fatto ora 80 anni e va a Capri a riposarsi:
mamma, Capri è umida, le isole piccole sono umide, quelle grandi come la Sicilia sì che son belle calde, è lì che si deve andare. Io son venuto qui nel 93, mi sto ancora chiedendo come mai:
la Fiorentina era andata in serie B ed era appena morto mio padre. Per queste
due ragioni ero molto amareggiato. Non andai a seguire nessuna trasferta,
tranne quella con l’Acireale. Un segno del destino». Aveva anche promesso di comprare la squadra, ma non è stato eletto
• S’è ripresentato alle elezioni anche nel 2006: «Doveva essere l’anti-Berlusconi dell’Ulivo, dopo essere stato sonoramente sconfitto cinque anni fa nel collegio di
Acireale ha cercato la rivincita, per contrappasso, candidandosi con la Lega
Nord: bocciato anche stavolta. Errare è umano, perseverare è grottesco» (Sebastiano Messina) • Il 13 luglio 2006 il tribunale ha respinto tutte le istanze di fallimento
presentate contro la sua società Fin.Ma.Vi (in particolare da Fiorentina e Merryl Linch) • Dal 2005 ha una storia con Mara Meis, al secolo Mara De Gennaro, foggiana di San
Severo e concorrente a Miss Mondo edizione 1996.