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 2011  luglio 06 Mercoledì calendario

CASSANO

Antonio Bari 12 luglio 1982. Calciatore. Lanciato dal Bari, ha giocato nella Roma, dal
gennaio 2006 al Real Madrid Escluso dai mondiali di Germania, è tornato in Nazionale con Donadoni. Esito incerto: ottima partita con la
Lituania (2 settembre 2006, 1 a 1), inesistente con la Francia (6 settembre
2006, ha vinto la Francia 3 a 1) • «La sua simpatia, molto immediata, latina, lo avvicina a Maradona. Le sue
origini, anche: da molto tempo l’Italia non aveva un campione nato povero, un ragazzo di strada cresciuto da una
madre sola, bidella al mattino e ambulante per poche altre lire. Uno che dice: “Ho avuto una vita difficile, e lo so: più si è sofferto, più si è felici. Io so cos’è la povertà: non potersi comprare un vestito, vedere i compagni con le robe da centomila.
La ricchezza è avere qualcosa di sicuro, come una casa, insomma la tranquillità, la serenità”. Dev’essere stato un bambino a zig-zag. Imprevedibile, dispettoso, irresistibile, con
una sana e lucida voglia di fare quello che vuole. Della scuola meglio non
parlare» (Giuseppe Smorto)
• «Ci ho messo sette anni per fare tutta la media, e la licenza l’ho presa solo alla scuola serale. Non ero nato per fare il ragioniere. Si vede
anche da come sto in campo, no? Io decido sempre all’ultimo istante, come mi viene una cosa, la faccio, i calcoli non sono per me. La
mia vita è sempre stata solo il calcio. Quello delle pietre dure del mio quartiere, e poi
dei campi di terra. Il primo prato verde l’ho visto a tredici anni, quando fui convocato per un’amichevole nell’antistadio contro la prima squadra, e ricordo la sensazione del pallone che
frusciava»
• «Quando aveva dieci anni e giocava nella Pro Inter di Bari, faceva già impazzire i dirigenti. Una volta, in trasferta, si era messo in testa di voler
giocare la partita non con le scarpe da calcio ma con le Timberland. Il
presidente lo racconta ancora adesso: dovette fermare il pullman e saccheggiare
un autogrill. Naturalmente non trovò le Timberland, ma ne scrisse il nome col pennarello su un paio di mocassini
qualunque. Cassano è irridente e infantile. Il gioco dentro di lui ha la stessa parte del dolore.
Sono due macigni che si porta di
etro ormai con facilità. Dolore per essere quello che è stato, la sua infanzia, la sua storia, quella di chi gli sta più vicino. Cose che non vuol mai sentire, profondità che lo segnano anche con il silenzio. Dolore per non capire il suo dono e i
suoi limiti, come possano convivere così accanto il talento e la sostanza del male di vivere così presto incontrato. Non parla con suo padre (che ha un’altra famiglia e altri quattro figli)» (Mario Sconcerti)
• «è un ragazzo fragile, di natali umili e infanzia difficile, cresciuto nella Bari
vecchia in ambienti duri. Fascetti che gli ha tenuto ben strette le redini nei
due anni a Bari ammoniva salutandolo: “Si può perdere, va aiutato”. è già cominciata la guerra fredda con Gentile, la rinuncia all’Under 21 per malanni che non convincono. Perché lui non accetta di far spazio a Maccarone, Gilardino, Bonazzoli. Per di più, improvvisamente, a diciannove anni, si scopre ricco quasi come Paperon de’ Paperoni. Dopo il celebre gol all’Inter, con colpo di tacco, la Roma paga trenta milioni di euro per il suo
cartellino, il cassiere di Trigoria gliene versa quattro ogni anno. E nessuno
lo tiene più. Gli errori baresi (guida senza patente, velocità eccessiva) diventano poca cosa. Per il presidente Sensi è “il ragazzo ribelle di una terra ribelle”. Ma a forza di scusarlo per la giovane età, questo Cassano non cresce mai. Eppure l’avvio in casa giallorossa dà speranze. Il gioiello barese prende una villa all’Axa, vicino a quella di Totti, e diventa l’anima gemella del capitano, copiandone persino i vestiti. Tutti contenti, ma
incombe il programma
C’è posta per te. Cassano, redarguito da un Totti vestito da vigile per la guida spericolata,
chiude con la frase: “Seguirò il capitano fino a che Dio non mi chiamerà”. Quando si rivede in tv, Antonio storce il naso, è stato troppo umile e allora tronca l’amicizia con Totti. Qui comincia la fase Cassano-2. Capelli gialli, orecchino e
catena d’oro al collo, il ragazzo si trasforma nel “Pierino la peste” di Trigoria. Batistuta diventa il “vecchietto” a cui si può mescolare il cappuccino con un dito, Aldair e Zago sono le sue vittime
preferite in allenamento, bersagliati da tunnel in serie. Facile per uno come
lui, tanto padrone del pallone da farlo volare come non riesce neanche a
capitan Totti. Però i compagni gli trovano il soprannome: “Pikachù”. Lo stupido personaggio dei Pokemon, i cartoni animati giapponesi. Con Capello
il rapporto sale alle stelle o precipita. Il tecnico giurava sulla sua
esplosione, ma il primo caso scoppia con l’Aek Atene: Cassano in panchina malvolentieri non obbedisce quando Capello gli
dice di scaldarsi. Cinquantamila euro di multa. A novembre 2002, alla vigilia
della partita con il Perugia, Cassano esagera davvero. Non si presenta all’allenamento e scompare per 24 ore. Mamma Giovanna cerca di coprirlo, poi
confessa, non sa dove sia il figlio. Quarantotto ore dopo ricompare e chiede
scusa. Di nuovo multato e perdonato. Aldair spiega: “è giovane, dobbiamo fargli capire che le cose non funzionano come pensa. Lui vive
in un mondo diverso, è entrato in crisi perché giocava poco”. A gennaio 2003 ci ricasca: lite con Capello, accusa la solita botta in
allenamento e non parte per Vicenza (coppa Italia). Passano i mesi, la
Champions League (4 gol) lo rimette sotto i riflettori, nessuno più contesta Cassano. Troppo bello per durare. Don Fabio non si sbilancia: “è un grande talento, ma si deve aiutare da solo”» (La Stampa)
• Venduto all’inizio del 2006 dalla Roma al Real Madrid pochi mesi prima che le norme relative
allo svincolo gli consentissero di andarsene da solo senza far incassare un
euro a Sensi. Gioca pochissimo, è grasso, va male. «Ridateci Cassano. Quello che si presentava a Trigoria con una birra in una mano,
un panino nell’altra, diceva “non c’ho tanta voglia di allenarmi”, poi la domenica prendeva a calci la Juve e la bandierina del calcio d’angolo. Nemmeno la fuga da Roma, dove gli avevano scritto “mercenario” sul marciapiede, nemmeno l’esilio dorato a Madrid gli ha fatto del bene. Anzi. La sua quotazione
internazionale è in picchiata. I fattacci romani spesso restano all’interno del raccordo anulare. Ma sbagliare a Madrid, all’ombra di Zidane e Roberto Carlos, diventa un flop in mondovisione.“Cassano: 5,5 milioni di euro buttati nella spazzatura” titola a tutta pagina il quotidiano sportivo As, che definisce l’operazione che portò il barese in Spagna “inspiegabile, assurda e sospetta”» (Mattia Chiusano)
• «Da quando è al Real Cassano sembra un calciatore stremato dalle tempeste interiori. Mutato
geneticamente anche sotto il profilo tecnico. Prima era grasso, ora solo
smarrito. La perdita di peso si è accompagnata a una perdita di volontà agonistica. Lo raccontano musone, isolato, dubbioso. Non ambientarsi è dura. Uscire di casa e scoprire che il gioco di società più diffuso a Madrid è ricordarti di non essere riuscito ad ambientarti è durissima. I tifosi del Bernabeu lo beccano, crudelmente, come se fosse colpa
sua la Waterloo stagionale delle merengues, che hanno perso tutto quello che c’era da perdere. Lopez Caro non lo vede: quando lo fa entrare di solito vuol dire
che la partita è quasi finita. Benito Floro, subentrato a Sacchi, ammette con inutile cinismo: “Mica l’ho comprato io”» (Enrico Sisti)
• Cassano è veramente un campione? «Se capisco qualcosa di calcio, sì» (Capello a Emanuele Gamba) • Fama di grande amante, attratto soprattutto dalle donne più grandi di lui. Ana Laura Ribas: «Gli dicevo: “Amore, ho 35 anni, sono vecchiotta per te”. Ma lui rispondeva: “Ma va’, a me basta quello che vedo”. è solare. Dà grosse mance alle categorie meno agiate, come i camerieri o i parcheggiatori.
Non dimentica da dove è venuto» (Antonella Zugna). Stefania Orlando, che aveva 35 anni e Cassano 21, racconta
che Cassano, avendo sentito che lei lo lodava in tv, le mandò un sms di ringraziamento, cui seguì un appuntamento. «Cassano a letto è irruento, sa quel che vuole». Gli manca la madre? «Se c’è una cosa che ad Antonio non è mai mancata è la madre. Giovanna se l’è portata pure a Madrid» • A Madrid s’è presentato con una quasi coetanea, Rosaria Cannavò, 23 anni, già valletta di
Sarabanda e dei Raccomandati.