Il Catalogo dei viventi 2007, 6 luglio 2011
CARDINALE
Claudia (Claude Josephine Rose) Tunisi (Tunisia) 15 aprile 1939. Attrice. «Tra una festa e un tramonto, scelgo il tramonto».
VITA Figlia di siciliani emigrati a Tunisi: «L’Africa mi ha segnato per sempre. Anche se, quando ci sono nata, erano anni
difficili e gli italiani che lavoravano laggiù dovevano conquistarsi la vita giorno per giorno. La filosofia del carpe diem mi
viene da allora, dalla Tunisi dove si faticava e si viveva, ma con forza...» • «Ero inavvicinabile dai ragazzi: in tanti mi facevano la corte, ma io rispondevo
trattandoli malissimo. Ero molto chiusa, molto selvaggia, trattavo male chi
voleva parlarmi. Ragazzina poco più che adolescente, avevo scelto di vestirmi tutta e sempre di nero: collo alto,
coda di cavallo. E tiravo i capelli all’inverosimile sulle tempie, per ottenere l’effetto degli occhi un po’ allungati» (ad Anna Maria Mori) • «I compagni di scuola mi urlavano: “Sporca italiana”. Avevo modi da maschiaccio e reagivo a colpi di cartella, che era di legno. Me
l’aveva fatta mio padre, a quei tempi nei negozi non c’era niente. La maestra mi voleva bene e cercava di proteggermi leggendo il
cognome “Cardinal”: non pronunciava apposta la “e” finale, perché non sembrassi italiana. Io aggiungevo: Richelieu è un mio parente» • Poco prima dei 17 anni vince un concorso di bellezza e viene proclamata l’italiana più bella di Tunisi: «Ero una vera selvaggia, non parlavo con nessuno». Frequenta la scuola tunisina di Paul Gambon, viene ingaggiata per un
documentario (Goha) dove fa la donna velata. Ha paura e non dorme la notte, cosa che le succederà per tutta la vita: «Io sono concreta, e non mi riconosco nei personaggi alla maniera dell’Actors’ Studio. Per temperamento io non recito, io “sono” il personaggio. Mi calo nella sua pelle fino in fondo» • Nel 1958 la famiglia si trasferisce in Italia e lei si convince, con quella
voce roca e senza sapere l’italiano, di non poter fare l’attrice. Si propone dunque di diventare insegnante, ma una sua foto esce su una
rivista, Mario Monicelli la vede e la convoca per un provino. Stanno per
partire le riprese de I soliti ignoti • Monicelli: «“Era una bella ragazza, veniva da Tunisi e non capiva una parola di italiano. Non
sapeva neppure cosa fosse il cinema”. Perfetta, perciò, per la parte della siciliana sprovveduta, Monicelli le chiese di parlare
francese, “tanto per quello che mi riguardava avrebbe potuto dire anche solo dei numeri” (Mariano Sabatini e Oriana Maerini)» • Tiberio Murgia, che nel film fa la parte del fratello custode della sua
illibatezza: «Dovevamo litigare tutti e due, io e la Cardinale, in siciliano stretto. Ma la
scena non veniva. Monicelli ci dice: ‘Sentite, lasciate il copione e dite quello che vi pare nelle vostre lingue!’, ossia la Cardinale in francese e io in sardo. Ci siamo presi a parolacce,
tanto non capiva nessuno...» (Mariella Boerci) • Il problema della voce venne risolto facilmente: fu doppiata come accadde poi
in quasi tutti i suoi film • Il produttore de I soliti ignoti era Franco Cristaldi con la sua Vides. Perse la testa per lei e le fece un
contratto di sette anni. Ma venne fuori un problema: la Cardinale era stata
violentata e aspettava un bambino: «Le dive non hanno figli illegittimi», le spiegò Cristaldi e le impose di dire in giro che il piccolo - di nome Patrick - era il
suo fratellino. Nel 1967, quando la sposò, lo affiliò • «Ho lavorato anche incinta, non si vedeva quasi. Quattro diversi film, fino all’ottavo mese di gravidanza». Ha mai più avuto contatti con il padre del bambino? Lungo silenzio. «Non ho più voluto sapere niente di lui. Certo quando sono diventata famosa lui è venuto a cercarmi, è tornato a farsi vivo. Ma io gli ho sbattuto la porta in faccia. Non parlo
volentieri di questa vicenda, che mi ha segnato nel profondo e ha fatto molto
soffrire mio figlio»
• Carriera a quel punto inarrestabile. Ricordiamo: Un maledetto imbroglio (Germi, 1959), Il bell’Antonio (Bolognini, 1960), Rocco e i suoi fratelli (Visconti, 1960) • «Ho avuto con Visconti un rapporto di grande tenerezza e amore, fin dal nostro
primo incontro per la mia parte in Rocco e i suoi fratelli. è durato tutta la vita, fino alla fine, quando, ormai sulla sedia a rotelle, mi
chiese in Gruppo di famiglia in un interno di essere il personaggio a cui teneva di più, sua madre. Per quella parte volle solo me, vestita in abito da sposa. Nessun’altra» • «Qualche volta quando oggi arrivo su un set e vedo come il regista mette la
macchina e le luci, sussurro: “Luchino, dove sei?”. Prima c’erano gli effetti speciali dell’anima, ora solo gli effetti speciali. A quel tempo c’era passione, non c’erano orari, nessuno chiedeva mai quando si finiva. Oggi il cinema non è più cultura, né sogno» • Ancora: La ragazza con la valigia (Zurlini, 1961), La ragazza di Bube (Comencini, 1963), 8 e 1/2 (Fellini, 1963), Il Gattopardo (Visconti, 1963) • «Nel 1963 ero costretta a tingermi i capelli in continuazione, perché recitavo contemporaneamente in due film: Visconti nel Gattopardo voleva che fossi mora, mentre Fellini in 8 1/2 mi voleva bionda» • In 8 e 1/2, per la prima volta, non la doppiano • Sul Gattopardo di Luchino Visconti: «Essere Angelica per me è stata la svolta della carriera. Ancora oggi, dovunque vada nel mondo, mi porto
dietro l’immagine con quell’abito bianco. Ma nessuno sa che fu una vera tortura: il corpino era così stretto che quando me lo tolsi avevo una ferita profonda intorno alla schiena.
Luchino si stupì che non avessi detto nulla fino alla fine» • «Visconti mi ha insegnato moltissime cose. Mi diceva: Claudia, quando arrivi da
qualche parte non arrivare a piccoli passi, devi prendere possesso del terreno
come fossi una pantera. Tutti pensano di te che sei una gattina da accarezzare.
Invece sei una pantera, una tigre, una che, se vuole, divora il domatore» • In Vaghe stelle dell’Orsa (1965) Visconti non solo non la fa doppiare, ma per incrementarle la raucedina
la spinge a fumare ancora di più • Esperienza negli Stati Uniti non troppo significativa (lei stessa non
sopportava una lontananza troppo lunga dall’Europa). Film principale: La pantera rosa (1963) • All’inizio degli anni Settanta divorzia da Cristaldi e si unisce al regista Pasquale
Squitieri (conosciuto sul set del film I guappi). Interpreterà la maggior parte dei suoi film e gli darà una figlia, Claudia • Altri titoli da segnalare: C’era una volta il West (Leone, 1968), Il giorno della civetta (1968), Nell’anno del Signore (1969), Bello, onesto... (1971), Gruppo di famiglia in un interno (1974), Fitzcarraldo (1981), Claretta (1984), ecc. • «E pensare che io ero complessata, all’inizio della mia carriera. Non mi sono mai trovata bella. Il mio segreto
evidentemente è che io captavo la luce, e forse ancora la capto, sono fotogenica. E trasmetto
emozioni. è il mistero della fotogenia. Sei come Marlon Brando, mi dice ancora oggi, dopo
trent’anni, il mio compagno, Pasquale Squitieri. Sei come lui. Da ogni parte tu venga
inquadrata, anche di schiena, prendi la luce» • «Ho vissuto mille vite e mille personaggi. Questa è la cosa meravigliosa dell’attore: vivere tantissimi personaggi. Sono stata nei ghiacci in Russia con Sean
Connery, a Palermo per il Gattopardo con Lancaster e Delon, in Amazzonia con Klaus Kinsky e Herzog, in Australia
con Alberto Sordi, in Svizzera con Peter Sellers, a Petra in Giordania con
Benigni, a Milano girando Rocco e i suoi fratelli sempre con Delon; sono stata a Firenze con Belmondo nella Viaccia; a Monument Valley per girare i Professionisti, in Spagna con Rita Haywort e John Wayne» • «Cary Grant, col quale ogni domenica a Los Angeles andavo a vedere il baseball.
Marlon Brando, che mi corteggiò senza successo. Steve McQueen, che prima di andare a Monza a vedere l’adorata Ferrari, passava da Roma per salutarmi. Pasquale Squitieri, che ha
rappresentato la mia rinascita e il recupero della gioventù che non avevo mai avuto...» • Moravia rimase talmente folgorato dalla sua sensualità ipnotica che scrisse su di lei, anzi, con lei, un libro-intervista, dal titolo La dea dell’amore: «Parlava del mio corpo come di un oggetto sospeso nello spazio. I nostri incontri
avvenivano nella sua casa di piazza del Popolo. Elsa Morante se ne stava nella
stanza accanto. No, non era gelosa. Stavamo seduti uno di fronte all’altra. Lui batteva direttamente a macchina le risposte che gli davo. Però era molto nervoso, forse era emozionato, le mani gli tremavano, e la macchina
da scrivere spesso gli cadeva per terra. Stavamo per lunghissimo tempo zitti.
Lui non diceva niente e io non dicevo niente»
• «Per molti anni ho avuto il dubbio di non essere preparata a recitare dal vivo.
Solo con Visconti ho affrontato film che avevano struttura e modalità un po’ teatrali. Finché ho trovato la preziosa guida di Maurizio Scaparro e mi sono decisa a fare
prosa, con La Venexiana. Ho superato lo scrupolo dettato dal mio tipo di voce» • Numerosissimi riconoscimenti. Tra gli altri: Leone d’oro alla carriera (Venezia, 1993), Orso d’oro alla carriera (Berlino, 2002) • Ha raccontato la sua vita ad Anna Maria Mori (Io Claudia, tu Claudia Frassinelli).
FRASI «L’obiettivo, le cineprese e le telecamere sono totalizzanti. Io però sono uscita dallo star system, ho lasciato alle mie spalle i contratti che
vincolavano la vita, le relazioni, l’aspetto. Ho dato più peso a figli, uomo, casa e interessi. Quello che riconosco, e che mi riguarda
solo per il passato, è il fatto che ai nostri giorni la donna tende ad essere una creatura virtuale,
un’espressione della pubblicità, della tv» • «Pur di apparire si è disposti a tutto. Io non sono così. Per questo rifiuto quasi sempre gli inviti. Poi non mi piace vedere tutto quel
nudo, seno di fuori, sedere di fuori, ombelico di fuori, perché? Mi dà fastidio tanta esibizione. Ai miei tempi ho sempre detto di no no e no quando
volevano che mi spogliassi sul set. Mi sembrava di vendere il mio corpo. Anche
quelle inquadrature in Vaghe stelle dell’Orsa in cui sembro nuda, era nuda soltanto la schiena. Credo che la cosa più bella sia fare sognare. Puoi suggerire senza fare vedere» • «Oggi il problema delle attrici, ma anche degli attori, è che non fanno sognare, non hanno magia. Ma non dipende da loro. è l’occhio del regista che deve trasformarti in quello che lui vuole, unito alla
sapienza degli operatori e dei direttori della fotografia. E io ho avuto i
migliori del mondo» • «Quando studiavo a Cartagine, i “padri bianchi”, come chiamavamo i missionari, ci hanno insegnato a comprendere l’armonia uomo-natura. La preghiera per me è silenzio e armonia con l’aldilà, anche a Parigi mi piace pregare nelle chiese quando sono vuote. Nei paesi
africani, il silenzio, la meditazione sono elementi molto importanti che io fin
da piccola ho recepito dentro me stessa e continuo a custodirli gelosamente
come un bene prezioso. Ma un altro dono prezioso che ho ricevuto dalla mia
terra è il senso di tolleranza verso tutte le razze. In Tunisia, arabi, ebrei, maltesi,
siciliani vivevano in armonia, vivevamo gli uni accanto agli altri nelle case,
nelle scuole senza nessun problema».
POLITICA «Non sono né di destra né di sinistra e non mi piace la piega che han preso certe signore che conosco:
esser di destra vorrà mica dire conciarsi come le prozie sceme delle Veline?» (intervista ad Amica, 2002)
VIZI Grande fumatrice • Oggetti dai quali non riesce a separarsi: il vestito con cui è arrivata per la prima volta a Venezia, «bianco, molto aderente, con una scollatura quadrata», la fascia con la scritta “La più bella italiana di Tunisi”, il pullover di Rock Hudson, un anello («molte fedine incrociate che s’incontrano a formare un cuore»), dono di Franco e Giancarla Rosi • «Mangio come un uccellino, bevo solo un bicchiere di vino rosso, faccio molta
ginnastica e cammino a piedi. E poi mi curo moltissimo e modifico sempre il
trucco, il taglio dei capelli e il modo di vestire: Armani sempre ma, per
divertirmi, anche i jeans di mia figlia. Una donna che si sente bene con se
stessa rimane per sempre giovanissima. Nonostante tutte le rughe» • «Non nascondo i segni e le ombre del volto, sono la testimonianza silenziosa di
tutta una vita» • «Non ho mai concepito la promiscuità. Sono un tipo ultrafedele per natura, sto con Pasquale Squitieri da trent’anni e anche se per lunghi periodi viviamo in città diverse - io a Parigi e lui a Roma - ci amiamo moltissimo e abbiamo ancora
voglia di sentirci due volte al giorno» • «Io non chiacchiero molto. Scrivo a me stessa, e poi straccio tutto. Nella vita
si è anche molto soli» • «Detesto la parola nonna. La proibisco a mia nipote Lucilla: mi chiama Claudia» (da un’intervista di Alain Elkann) • «Quando mi rivedo al cinema, sul grande schermo, mi dico: ma non sono io quella! è un’altra. è l’altra! è Claudia! Mentre io sono Claude, il mio vero nome, pronunciato alla francese».