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 2011  luglio 06 Mercoledì calendario

CARACCIOLO

Carlo Firenze 23 ottobre 1925. Editore. Presidente onorario del Gruppo Editoriale l’Espresso ‘la Repubblica, L’espresso e i quotidiani locali della Finegil). Fratello di Marella (la vedova di
Gianni Agnelli) • «Le lunghe e tribolate discussioni con Arrigo Benedetti ed Eugenio Scalfari, l’esperienza del settimanale lenzuolo che denunciava Capitale corrotta = nazione infetta oppure il formato A4 “che ci fece triplicare le vendite”, le tante battaglie civili e le campagne stampa degli anni ruggenti, dal caso
De Lorenzo ai referendum su divorzio e aborto, dal terrorismo al caso
Leone-Quirinale. Una stagione d’oro cui seguì negli anni Settanta la nascita della Repubblica, che segnò una vera svolta nel mondo dell’editoria e portò all’incontro con De Benedetti e Mario Formenton» (Paolo Baroni) • Sulla nascita di Repubblica: «La notte fra il 13 e il 14 gennaio 1976 eravamo riuniti nell’ufficio di Scalfari ad aspettare le prime copie del nuovo giornale. C’erano, oltre a me e a Eugenio, Giorgio Mondadori e Mario Formenton. [...] Alla
vigilia del debutto avevamo nominato Amedeo Massari direttore generale dell’Editoriale la Repubblica. [...] Massiccio, nerboruto, estroverso, Massari aveva
la specialità di galvanizzare l’ambiente. Appena arrivarono gli esemplari del giornale freschi di tipografia, ne
afferrò una pila e scomparve nella notte oltre piazza Indipendenza. Andava a vendere la
neonata Repubblica ai rari passanti, con gran dispiego di eloquenza. [...] Il
fatto che L’Espresso andasse bene ci permetteva di finanziare, per la nostra parte, la
Repubblica, i cui primi tempi furono duri. La diffusione non decollava. Avevamo
fissato in 100-150 mila copie una base minima che ci permettesse di rifarci
delle spese iniziali e ci facesse sperare in qualche utile. Le 300 mila copie
del primo numero [...] vennero esaurite. Nel marzo si vendettero, in media, 90
mila copie, ma in agosto la vendita scese fino a 70 mila e si sarebbe aggirata
su quel livello nella primavera del 77. Concludemmo che intorno a quella cifra,
fra le 70 e le 80 mila copie, stava assestandosi la vendita del giornale. Si
delineava, così una situazione che non denotava il fallimento secco dell’impresa, ma non autorizzava eccessivi ottimismi. Sia io che Scalfari, d’altronde, avevamo avvertito i redattori: l’azienda ha a disposizione 5 miliardi e tre anni di tempo. O si raggiungono le
150 mila copie che possono garantirci una prosecuzione adeguatamente tranquilla
dell’esperimento, altrimenti c’è la chiusura. Soltanto alla fine del 77 avvistammo il traguardo delle 100 mila
copie [...]» (da
L’editore fortunato di Nello Ajello, Laterza, 2005) • «Un uomo che si diverte a raccontare delle sue partite a poker a Garavicchio,
vicino Capalbio, o del rapporto con “un cognato di nome Gianni”, naturalmente Agnelli, ma ricostruisce anche momenti dolorosi come la rottura
del 1967 nell’Espresso tra Arrigo Benedetti ed Eugenio Scalfari, divisi nel giudizio sulla
Guerra dei sei giorni. E poi la vocazione dell’editoria, scoperta nel 46 nel quotidiano Il Mondo diretto da un esponente del
Partito d’Azione come Alberto Cianca, insieme alla passione per gli scacchi che portò Caracciolo a recarsi con Cesare Garboli a Reykjavìk per assistere ai campionati mondiali tra Boris Spassky e Robert Fischer» (Pierluigi Battista)
• «Nel 1953 Gianni Agnelli aveva sposato mia sorella Marella, ed era pertanto mio
cognato. L’anagrafe non implicava, ovviamente, complicità né politiche né finanziarie. Ma non era facile spiegarlo ai governanti del tempo e a quella
fetta di opinione pubblica che in loro più direttamente si riconosceva. Prima che congiunti, Gianni Agnelli e io eravamo
amici. Chiunque poteva ricordare di averci visti una sera insieme, a Torino o a
Roma, in barca o comunque in vacanza».