Il Catalogo dei viventi 2007, 6 luglio 2011
CAPRARICA
Antonio Lecce 30 gennaio 1951. Giornalista tg. Prima parte della carriera all’Unità. Poi direttore di Paese Sera, in coppia con Giorgio Rossi insieme al quale ha
vissuto una breve, ma ricca di successi, stagione di scrittore (specialmente La ragazza dei passi perduti Mondadori 1986: vi si prefigurava l’esilio di Craxi ad Hammamet) • Chiusa l’esperienza a Paese sera, passa alla Rai. Corrispondente da Londra per cinque
anni, poi da Parigi • «Ultimo dandy del giornalismo catodico, corrispondente eccentrico, un po’ personaggio e un po’ guitto, l’unico erede legittimo di Sandro Paternostro, suo predecessore a Londra» (Stefano Lorenzetto) • «Mio padre, funzionario dell’Inam, veniva dal Psi lombardiano, fu tra i fondatori del Partito socialista
italiano di unità proletaria e infine dirigente del Pci. Al liceo Palmieri di Lecce ero tra i
leaderini del 68. Primi articoli su Mondo nuovo, settimanale del Psiup. Laurea
in Filosofia con Lucio Colletti. Sono finito a via dei Taurini, redazione dell’Unità. Aldo Tortorella, il direttore, cominciava a leggere il giornale dalla cronaca
di Roma. Per una breve di dieci righe scritta male ci levava la pelle. Il
giorno che mi assunsero come praticante ricevetti anche la nomina a
capocronista. All’esame d’idoneità professionale volevano invalidarmi la prova: un principiante non può dirigere la redazione»
• Patito di pashmine e di cravatte: ne possiede cinque-seicento, preferibilmente
di color azzurro carta da zucchero, le considera segni di interpunzione, a
Londra le compra tra Jermyn street e Savile row, «la zona dove nel Settecento nacquero i club dei gentiluomini, interdetta alle
donne perbene sino alla fine dell’Ottocento. Tutti pensano che mi vesta da un sarto inglese. Invece è salentino come me, di Francavilla Fontana. Si chiama Angelo Galasso. Ha l’atelier in Beauchamp place. è stato lui a inventarsi la doppia asola sul revers della giacca. E le cifre sul
colletto della camicia. Un genio. Ho ereditato da papà, che portava il papillon» (da un’intervista a Stefano Lorenzetto).