Il Catalogo dei viventi 2007, 6 luglio 2011
CALIFANO
Franco Tripoli (Libia) 14 settembre 1938. Cantante. Autore. «Ho già dettato la lapide: “Non escludo il ritorno”».
VITA Stefano Lorenzetto, che è andato a intervistarlo nei primi mesi del 2006, lo ha descritto così: «Una tuta stropicciata scende lo scalone sforzandosi di conservare l’incedere di Wanda Osiris. L’uomo che c’è dentro ha gli occhi pesti e le labbra impastate. Il naso camuso (chi dice
smangiato dalla cocaina, chi appiattito da un incidente d’auto) aggrava la facies da pugile suonato. Il pantalone non arriva a coprire la
panza debordante imboschita di peli. “Ahò, ma che ore so’?” barcolla. Sono le 13. “Mortacci! Me so’ coricato appena alle 8...”. è una vita che il cantautore Franco Califano va a letto presto: la mattina. I
critici lo chiamavano il Pasolini della canzone, il Brel romanesco, il Prévert di Trastevere. Ma è il primo a rendersi conto che resterà nella storia come Er leone del Trionfale: “Per come sventravo le prede”. Del leone gli è rimasto il coraggio. Ieri pomeriggio s’è messo al volante della Touareg Limited color sabbia (“Me la so’ fatta progetta’ al computer negli States”) con interni in pelle tono su tono e sigla FC, che ricorda un po’ il logo della General Electric, saldata sul portellone al posto della VW di
Volkswagen. Ha guidato per 431 chilometri dal suo villino di Acilia, fra Roma e
Ostia, fino a Manfredonia. Ha cantato dalle 10 di sera alle 2 di notte in un
dancing di cui non ricorda neppure il nome. Alle 3 è rimontato in auto e ha pestato per altri 431 chilometri, “perché alla mia età si dorme bene solo nel proprio letto”»
• «La madre Jolanda lo concepì a Johannesburg con i geni campani del marito Salvatore, importatore di legnami
originario di Pagani, e quel 14 settembre 1938 stava andando a partorirlo nella
capitale dell’impero e della maschia gioventù. Purtroppo le acque si ruppero nei cieli della Sirte, l’aereo fu costretto a un atterraggio d’emergenza a Tripoli e lì, sotto il più auspicale dei segni, Vergine, venne al mondo lui, con quel cognome che sembra
un compendio di califfato e di caffettano» (ibidem)
• Voleva diventare «pompiere. Invece mi hanno sbattuto nel collegio Sant’Andrea ad Amalfi. Sono scappato da quelle suoracce cattive e ho raggiunto Pagani
a piedi. A Roma ho frequentato le scuole notturne perché non riuscivo a svegliarmi al mattino. Era l’istituto Ludovico Ariosto per ragionieri. Dopo qualche tempo ho esordito nei
fotoromanzi delle edizioni Lancio e di Grand Hotel. Parti da antagonista. Il
cattivo. Avevo la faccia da duro. Poi ho cominciato a comporre poesie, ma ho
capito che sarei morto di fame. Mi sono buttato sulle canzoni.
Da molto lontano è piaciuta subito a Edoardo Vianello. Per Bruno Martino ho scritto E la chiamano estate. Ma a 29 anni m’è venuta la meningite. Dodici mesi di ricovero alla Mater Dei di Roma. Tutti i
risparmi in fumo. All’uscita dalla clinica mi sono dovuto prostituire per avere un tetto. Mi sceglievo
donne belle e ricche che mi facevano portare la colazione a letto dal
maggiordomo in cambio di sesso. Ogni settimana una casa diversa» • «All’età di 21 anni, quando giocava a fare il playboy, Franco Califano si buttava in
tutte le macchine cabriolet ferme al semaforo con una donna al volante: “Ero bello e me lo potevo permettere”. Il cantautore si è sposato una sola volta a diciannove anni, dopo pochi mesi si è separato. La storia d’amore più tenera fu quella con Mita Medici, che all’epoca aveva diciassette anni, mentre lui ne aveva ventisette. Prima ancora aveva
passato un “periodo stupendo” con Dominique Boschero, “un’attrice francese che è stata la mia nave-scuola, era più grande di me e aveva una passionalità senza fine” (Paola Aspri). La relazione con la Boschero, due anni, è quella durata più a lungo
• «Un grande cantante e un grande compositore, cui siamo debitori di musiche che ci
hanno fatto sognare e di parole che mai potremo dimenticare. Un poeta dell’amore e un artista dell’eros entusiasta ed eccentrico, solitario e socievole, scostumato e leale. I suoi
successi — Tutto il resto è noia, Me ’nnamoro de te, E la chiamano estate, Un amore così grande, Una ragione di più — sono stati per decenni la colonna sonora dei nostri abbandoni e delle nostre
estasi» (Roberto Gervaso) • «Franco Califano, nell’attuale cult del trash, è personaggio potenzialmente di prima grandezza... Ragazzo romano di borgata,
voce roca, cicatrice in faccia, diventa playboy negli anni della Dolce Vita, e
anche cantante da melodie da night. Decaduto dal mondo dello spettacolo, cade
in disgrazia tout-court quando lo accusano di essere coinvolto in un giro di
cocaina. Messo in prigione e quindi assolto, ha reagito alla sua maniera
incidendo tra l’altro, mentre si trovava agli arresti domiciliari, l’ellepì
Impronte digitali. Sempre sicuro di sé, solo appena appesantito, continua la sua attività di conquistatore, ben lungi dal desiderare famiglia e focolare. Gli sono ormai
precluse le classifiche discografiche, unico sfregio della matura età e del tempo che passa» (Castelvecchi) • Ha cantato 1100 canzoni, ne ha scritte 1300 e ha inciso 30 dischi • L’Università di New York gli ha conferito la laurea honoris causa in Filosofia per la
canzone Tutto il resto è noia. A Borbona, in provincia di Rieti, esiste una piazza Franco Califano «fatta realizzare da un costruttore pazzo di me vent’anni fa. è una cosa illegale perché sono ancora vivo, i magistrati hanno provato più volte a rimuoverla, ma i cittadini si sono sempre opposti» • Ci sono in tutta Italia 26 fan club di Califano • «Per trent’anni il mio vicino di casa è stato il cardinale Ratzinger» • «Ultimamente Franco Califano si circonda solo di giovani: «Mi piace la loro compagnia, vengono sempre a casa mia, nel mio giardino,
guardiamo insieme le partite la domenica. Però confesso: servono più i ragazzi a me di quanto io possa servire a loro. I miei amici di un tempo? Li
ho persi di vista, anche volutamente: sono i giovani i miei nuovi, veri amici» • Nel 2006 ha partecipato al reality di Raidue Music Farm.
POLITICA è di destra. Ha detto: «Figurati che quello che mi sta meno antipatico a sinistra è Prodi. Almeno fa ridere» • Una volta è stato candidato alle elezioni nelle liste del Psdi. «Mi attaccarono lo slogan: “Per una malavita migliore”. Mi usarono come specchietto per le allodole e mi mandarono a perdere nella
provincia più remota”».
SPORT è interista.
VIZI è stato arrestato due volte per cocaina, una volta nell’ambito del caso Chiari-Luttazzi (una serie di personaggi dello spettacolo messi
in cella per droga nel 1970 e poi tutti assolti), un’altra all’interno del caso Tortora (l’inchiesta della magistratura napoletana che accusò falsamente il popolare presentatore Enzo Tortora di essere un boss di Cosa
nostra, uno dei più grandi scandali giudiziari degli anni Ottanta). In tutto s’è fatto per questo tre anni e mezzo di carcere. Suo commento: «Negli anni Settanta sono finito nel processo di Walter Chiari, negli anni
Ottanta in quello con Tortora: posibile che alla mia età, con la mia carriera non me ne sono meritato uno tutto per me?»
• Seduttore famoso. Sostiene di essere stato a letto con 1500 donne. La prima: «Una vedova, madre di un mio compagno di scuola. Aveva 33 anni, io 13. Fece tutto
lei. Intanto il figlio finiva i compiti. Era scemotto. Lo spediva a prendere il
latte. Andò avanti per un anno». Ha avuto anche storie con Eva Grimaldi, Patrizia De Blanck, Marina dei Ricchi
e Poveri ecc. • Sta preparando, con l’editore Castelvecchi, un libro di consigli erotici. Ne aveva già scritti due (Il cuore nel sesso, Castelvecchi, 2000 e Sesso e sentimento, Rusconi, 2004) e nel 2006 ha pubblicato il terzo (Calisutra, Castelvecchi). Ecco una piccola antologia del suo pensiero amoroso: «La migliore amante del mondo è la donna di casa, quella con il marito impiegato al ministero, i figli a
scuola, che si concede al rappresentante del folletto, il noto aspirapolvere»; «Quando si ama tanto, si finisce con il fare sesso male»; «Parrucchiere, impiegate, sciampiste, devi considerarle contesse. Le contesse,
invece, puoi fartele sul cofano di una macchina»; «Se la tua donna bacia un altro è più grave che se ci fa l’amore»; «La seconda è roba da facchini»; «Alla donna che chiede il tuo numero e non dà il suo bisogna rispondere “ma come, una donna importante come te telefona per prima? Ti avevo
sopravvalutata!”»
• «Vizi non ne ho» (a Roberto Gervaso).